Protezione civile, piano aggiornato dopo 15 anni Ecco tutte le zone a rischio frane o allagamento

Dopo quindici anni il Comune di Palermo aggiorna il suo piano di Protezione Civile. L’ultimo risaliva infatti al giugno 2001 ma nel frattempo sono migliorate le conoscenze sui disastri naturali e soprattutto sono cambiate le norme nazionali e regionali. Scrive infatti il responsabile della Protezione Civile del Comune Francesco Mereu che «il piano andava rivisitato» perché bisognava potenziare la struttura tecnica e amministrativa «per acquisire una maggiore tempestività nei tempi di reazione a far fronte agli eventi calamitosi». Il provvedimento andrà ora in Consiglio comunale.

Il piano suddivide il territorio cittadino in base alle caratteristiche geomorfologiche e strutturali individuando le aree più esposte a frane e allagamenti e detta le linee di intervento in caso di emergenza, anche per superare le barriere naturali (il canale Passo di Rigano, il canale Boccadifalco, il fiume Oreto) e artificiali (la circonvallazione) che potrebbero ostacolare i soccorsi. Scendendo nel dettaglio, i tecnici comunali hanno individuato le zone più soggette a frane, detriti, allagamenti, rischio sismico e rischio industriale con specifici piani di emergenza per l’esondazione dei canali Boccadifalco e Papireto o del fiume Oreto, la possibilità di crollo di massi rocciosi dai costoni che sovrastano la città, un’eventuale situazione di pericolo al Deposito Esso (rischio industriale Bandita-Acqua dei Corsari), al Deposito Eni (rischio industriale Brancaccio) o sulla circonvallazione.

Che ci sia ancora molto da fare, a partire dai canali di maltempo (è di ieri la notizia dell’accensione di un mutuo per la loro manutenzione), lo conferma la relazione generale, che sottolinea: «La città e il suo territorio sono soggetti ad allagamenti con intervalli di tempo di 1-2 anni e non sempre in occasione di eventi meteorici eccezionali. Infatti è fuorviante correlare questi allagamenti solo con l’intensità della pioggia: la pioggia è solo una componente di tale rischio e agisce da rivelatore. Le vere cause – spiegano i tecnici – sono da attribuire a fattori antropici, primo dei quali la situazione precaria in cui versano i canali di protezione idraulica. Questi sono insufficienti per lo smaltimento delle acque meteoriche sia per il loro sottodimensionamento sia per la cattiva manutenzione (ostruiti da depositi di rifiuti solidi urbani e materiale da demolizione) sia per i numerosi scarichi fognari che abusivamente vi trovano recapito. Inoltre, oggi, qualsiasi calcolo di portata per questi canali risulta, a parità di eventi meteorici, più elevato di quello che fu previsto durante la loro realizzazione perché l’intensa urbanizzazione ha reso le aree sottese meno permeabili». 

La vulnerabilità del territorio cittadino, insomma, è aumentata non solo per l’urbanizzazione crescente ma anche «a causa della cattiva o assoluta mancanza di manutenzione dei suddetti canali». Le arterie a maggior rischio allagamento sono via Roma, via Maqueda, la linea ferrata Trapani-Palermo e viale Regione Siciliana, in particolare i sottopassi di via Belgio e viale Lazio. Vanno considerate «aree ad elevata pericolosità idraulica» anche le depressioni della Fossa Danisinni (tra via Cappuccini e via Cipressi) e della Fossa della Garofala (tra viale Delle Scienze e corso Pisani all’interno dell’area universitaria). Sotto, infatti, scorrono i corsi d’acqua ancora attivi Papireto e Kemonia, invadendo tutti gli antichi quartieri del centro storico (Vucciria, Borgo, Kalsa). Particolare attenzione «riveste la via Porta di Castro, area depressa, naturale collettore delle acque piovane provenienti dalle aree limitrofe». E ancora i quartieri Borgo Nuovo, Cep, Piano dell’Ucciardone, Borgo Ulivia, Sperone, Malaspina e Margifaraci.

Per quanto riguarda il rischio frana, invece, bisogna distinguere le zone sottoposte al distacco di massi rocciosi da quelle soggette a colate di detriti. Nel primo caso, si parla soprattutto di Monte Pellegrino e dei fronti rocciosi di Monte Gallo, Pizzo Impiso e Boccadifalco, mentre il fenomeno è meno frequente sulle pendici di Monte Grifone. Nel secondo caso il discorso vale per i valloni che partendo dalla valle dell’Oreto costeggiano la piana palermitana in direzione Sferracavallo: a nord, ad esempio, lo spartiacque che passa per piazza Tommaso Natale e Monte Gallo; a nord-est la linea di costa di Mondello; a est da Monte Pellegrino fino alle ex scuderie reali (Casa Natura); e a sud lo spartiacque che da Monte Pellegrino attraversa piazza Niscemi, San Lorenzo e Villa Adriana per terminare all’Ospedale Cervello.

Tra le aree di attesa e accoglienza della popolazione in caso di catastrofe, oltre ad una serie di strade e piazze, vengono individuati, a nord, il Velodromo (quando sarà pienamente agibile), i parcheggi degli ipermercati in via Ugo La Malfa, il Palazzetto dello Sport (ma lì si attendono i lavori di ristrutturazione), lo Stadio delle Palme (anch’esso prossimo a un massiccio intervento), l’ippodromo; in centro città i Cantieri Culturali alla Zisa, piazzale John Lennon, Villa Filippina, il campo Tenente Onorato a Boccadifalco (dove si allena il Palermo); a sud il Forum. Con il piano generale andranno in aula anche un disciplinare di attivazione del sistema comunale di Protezione Civile e un Piano di protezione in caso di evento sismico, oltre ad una serie di piani specifici per singole aree che ipotizzano, ad esempio, l’esondazione dell’Oreto.


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Il piano suddivide il territorio cittadino in base alle caratteristiche geomorfologiche e strutturali individuando le aree più esposte a eventuali disagi e detta le linee di intervento in caso di emergenza, anche per superare le barriere naturali in una città più vulnerabile anche «a causa della cattiva o assoluta mancanza di manutenzione dei canali»

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