La sconfitta rimediata ieri sera a San Siro ha certificato le lacune della squadra. La cura scelta da Iachini, l'unico in questo momento in grado di toccare le corde giuste, ancora non ha sortito effetti. Le speranze salvezza sono affidate al «Mudo», scia luminosa in un cielo piuttosto oscuro
Prosegue il blackout in casa rosanero Vazquez predica da solo nel deserto
AAA Cercasi il Palermo. Il Palermo di Iachini, la squadra che al netto dei picchi garantiti da Dybala aveva impressionato negli ultimi anni per determinazione e spirito garibaldino, si è smarrito e non riesce a ritrovare la bussola. La sconfitta rimediata a San Siro contro l’Inter ha lanciato l’sos: i rosanero devono invertire la rotta e devono farlo anche con una certa urgenza. Un solo punto di vantaggio sulla zona retrocessione alla luce della vittoria interna del Frosinone contro l’Udinese mette inevitabilmente pressione e non concede alla squadra troppo tempo per riflettere sulle proprie lacune o sui difetti da correggere. Serve una sterzata nell’immediato, un cambio di passo che solo Iachini può imprimere. Da quando è tornato in panchina il tecnico marchigiano non ha ancora toccato le corde giuste ma, in base anche alle sensazioni percepite dai giocatori, resta l’unico allenatore in grado in questo momento di risollevare le sorti della squadra. Iachini conosce le caratteristiche dei singoli e soprattutto le dinamiche psicologiche di questo gruppo, i punti di forza e anche le debolezze di un collettivo che, nonostante i cambiamenti avvenuti in questa stagione, è stato plasmato a sua immagine e somiglianza. Sulla carta, dunque, dovrebbe essere solo una questione di tempo. Tra qualche settimana, al culmine di un intenso lavoro effettuato in profondità dal punto di vista tecnico-tattico ma anche mentale, potremmo rivedere il vero profilo del Palermo griffato Iachini. Il problema è che il tempo teoricamente a disposizione per intervenire potrebbe non essere sufficiente. Fino al termine della stagione i rosanero saranno costretti a vivere ogni partita in apnea.
Guai a farsi prendere dal panico, il peggiore dei compagni di viaggio, ma obiettivamente a dieci giornate dal termine del campionato la situazione di classifica è preoccupante così come preoccupanti sono gli input che la squadra ha mandato nel match perso contro i nerazzurri. Iachini ha detto di avere visto un Palermo in crescita? La squadra ha avuto un approccio positivo e nella prima porzione del secondo tempo ha anche messo in difficoltà la formazione di Mancini impaurita dal gol di Vazquez al tramonto della prima frazione di gioco, ma le incoraggianti risposte fornite dai rosa sono ancora troppo timide. I segnali di risveglio mostrati a intermittenza sono solo dei piccoli granelli di positività in un deserto che, calendario alla mano, è sovrastato da un cielo piuttosto oscuro. Un deserto nel quale predica Vazquez che, anche ieri sera, ha rischiato di ammalarsi di «solitudine». A prescindere dal gol con cui ha celebrato le cento presenze in gare ufficiali con la maglia rosanero, l’italo-argentino ha dimostrato ancora una volta di essere l’unico in grado di spostare gli equilibri e di uscire dal cilindro una giocata vincente.
Avere dalla propria parte un giocatore proiettato verso un futuro da top player può essere un fattore molto importante ma se questo potenziale top player non viene supportato da una struttura adeguata, il piano d’azione con cui si imposta una partita non sortirà mai gli effetti sperati. Leggendo i messaggi inviati dalla sfida di San Siro prevale la sensazione di un Palermo piuttosto fragile. Di una squadra volenterosa ma sprovvista degli strumenti (tecnici e caratteriali) per imporre le proprie qualità e i propri principi di gioco. Ogni sbavatura (significativo lo sviluppo delle azioni culminate con i tre gol dell’Inter) viene pagata sempre a caro prezzo, soprattutto nelle gare contro le big. E’ la vulnerabilità, allo stato attuale, il tratto distintivo del Palermo. A Iachini il compito di cambiare i connotati e, in vista del rush finale, creare in fretta un modello che funzioni.