Pronto soccorso: quando salvare la nonna significa salvare la famiglia…

La scena si svolge in un Pronto soccorso della città, alle dieci di una calda mattina. Arriva un’ambulanza. Dietro, quasi attaccata, un’automobile. Sulla barella s’intravede una signora molto anziana con ossigeno e flebo. I barellieri si fanno largo tra la gente seguiti da un signore e da una signora anche loro di età ragguardevole e da due ragazzi forse ventenni e da una ragazza. Sono i parenti della signora anziana scesi dall’auto che seguiva l’ambulanza.

Di fatto, la signora anziana in barella con ossigeno e flebo è un codice rosso. Entrerà subito nella stanza dei medici. Il signore e la signora già in età avanzata provano a entrare nella stanza dei medici. Vengono fermati da un ausiliare.

Ne viene fuori un alterco molto vivace. Poi il signore e la signora anziana sembrano desistere. Cinque minuti dopo ci ripensano. E tornano alla carica.

“Per noi mia madre è importante, molto importante”, dice, con toni concitati, la signora già su con gli anni a un infermiere che ha bloccato il suo tentativo di intrufolarsi nella stanza dei medici.

“Tutte le persone che noi visitiamo e curiamo sono importanti”, replica pacato l’infermiere. Ma la donna insiste: “Fate entrare solo me, mio marito resta fuori”.

Alla fine – ormai è passata mezz’ora – la donna entra nella stanza della mamma. Mentre il marito della donna si allontana. Con lui si allontanano anche il ragazzo e la ragazza. Supponiamo che siano i figli di quest’ultimo. Ne rimane solo uno. Ed è lui che comincia a parlare con noi. Spontaneamente.

“Che le debbo dire – ci racconta uno dei tre ragazzi -: lei con ci crederà, ma in questo momento la nonna quasi novantenne è l’unico sostegno della famiglia. Di fatto, è l’unico introito fisso della casa. Mia padre faceva il muratore. Guadagnava bene. Ha avuto un incidente, purtroppo non sul lavoro. Anche se cammina bene è quasi invalido. Non può fare nulla. Da un anno fa fisioterapia. Con scarsi risultati. In ogni caso il suo lavoro non potrà più farlo. Ha superato da poco i sessant’anni e non può più lavorare”.

“Mia madre lavora. Non ha un lavoro fisso. Non l’ha mai avuto. Da un paio di ani lavora da un dentista. Non ha un grande stipendio. Ma va avanti. Anzi, va indietro. Sei mesi fa il dentista le ha ridotto lo stipendio. Dice che i pazienti sono sempre di meno. E quelli che ci vanno pagano a rate. E alcuni non pagano nemmeno”.

“Oggi mia madre arriva a malapena a 600 euro al mese. E dobbiamo ringraziare Iddio che prende questi soldi. Io lavoro pure. Dodici ore al giorno. In un negozio. In nero. Arrivo, sì e no, a 500 euro al mese. Oggi me lo sono preso libero. Per occuparmi della nonna. Me lo posso permettere. Spesso lavoro anche la domenica. Con l’impegno di prendermi un giorno libero quando voglio e con un piccolo aumento della retribuzione. Ho dodici giorni liberi a disposizione. Me ne sono preso uno oggi”.

“Anche l’altro mio fratello lavora. Anche lui non arriva nemmeno a 500 euro al mese. E lavora dalla mattina alla sera. Mia sorella, invece, sta finendo l’università”.

“Questi sono i nostri redditi. Sono mille e 600 euro al mese. Senza la pensione della nonna non potremmo andare avanti. Non è una grande pensione: saranno mille e 300 euro. Ma sono i soldi che, bene o male, ci permettono di sopravvivere”.

“Non siamo proprietari di casa. Non paghiamo l’Imu. Almeno questo. Ma paghiamo l’affitto. Sono 550 euro al mese. Senza la pensione della nonna dovremmo vivere in cinque con mille e 50 euro al mese. Sarebbe la rovina. Impossibile andare avanti”.

“Per carità, la mamma vuole un sacco di bene alla sua mamma. Detto questo, ce la dobbiamo tenere stretta, la nonna. Tra qualche mese compirà novant’anni. Ma, grazie a Dio, è stata sempre bene. Stamattina alle otto, invece, ci ha fatto prendere un grande spavento. Respirava male. Il medico che abita sotto casa è venuto di corsa. L’ha visitata e le ha fatto un’iniezione. Ci ha detto di aspettare. E’ tornato dopo mezzora e ci ha detto di portarla al Pronto soccorso. E siamo qui”.

“Non so perché le ho raccontato queste cose. Forse perché sento il bisogno di parlare. Forse perché mi sento impotente. Nel passato, quando volevo guadagnare di più, bene o male ci riuscivo. Qualche altra cosa da fare la trovavo. Oggi è impossibile. Mi creda: le provo tutte. Non si trova nulla. Nulla, nulla, nulla”.


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