Seduti uno di fronte all’altro per poco meno di mezz’ora nell’aula della Corte d’Assise del tribunale di Catania dove si sta celebrando il processo per l’omicidio volontario premeditato di Simona Floridia, la 17enne scomparsa da Caltagirone il 16 settembre del 1992, il cui corpo non è mai stato ritrovato. Da una parte l’imputato Andrea Bellia – che si è sempre professato innocente – e dall’altra Mario Licciardi, il suo principale accusatore. L’uomo, che all’epoca dei fatti era amico dell’imputato ed ex fidanzato della vittima (fino al giugno del 1992), è il protagonista della conversazione che, a distanza di oltre un quarto di secolo dall’archiviazione, ha fatto riaprire il caso.
Un dialogo intercettato tra Licciardi e Rossella Figura, la sua ragazza dell’epoca che oggi è sua moglie, avvenuto un anno dopo la scomparsa di Floridia, precisamente il pomeriggio del 16 settembre del 1993. L’uomo racconta alla fidanzata che Bellia gli avrebbe confidato di essere stato lui l’autore del delitto. Una confessione ricevuta in ospedale che Licciardi ha confermato anche durante l’incidente probatorio e che Bellia invece continua a negare che sia mai accaduta. Così come per il sopralluogo a Monte San Giorgio, dove Licciardi sostiene che Bellia lo abbia portato indicandoglielo come il luogo in cui avrebbe fatto sparire la ragazza.
«Un confronto tra due verità distinte», come lo ha definito il presidente della corte Sebastiano Mignemi, che ha riguardato due episodi su cui i due uomini hanno posizioni opposte: la visita in ospedale di Licciardi a Bellia che era ricoverato dopo un incidente autonomo con la Vespa e l’episodio a Monte San Giorgio. Per l’imputato nessuno dei due fatti raccontati dal testimone si è mai verificato. «Devi avere il coraggio di guardarmi negli occhi», ha detto l’imputato al testimone che, in effetti, lo ha fatto per tutto il tempo mentre erano seduti di fronte. «Io ho sempre detto la santissima verità. Anche tu dovresti avere il coraggio di farlo ormai dopo tutto questo tempo», gli ha risposto Licciardi. Un confronto che, per come è stato previsto, non può andare oltre quei fatti. Cosa che il presidente ha più volte dovuto ricordare all’imputato di fronte a domande che non sono state ammesse. «Io sono accusato di una cosa gravissima, di omicidio, e da dieci anni vivo così», ribadisce Bellia.
Alla fine del confronto tra i due, a prendere la parola è stato l’avvocato Antonio Ingroia che, insieme alla legale Pilar Castiglia, difende l’imputato: «Per la difesa – ha chiesto che venisse messo agli atti – il confronto non ha consentito all’imputato di procedere alle contestazioni». Nessun intervento da parte della pm e nemmeno dell’avvocato di parte civile Giuseppe Fiorito che assiste i genitori di Simona Floridia. Sarà la corte a decidere quale è vera delle «due verità distinte» degli due uomini che all’epoca dei fatti erano legati da uno stretto rapporto di amicizia, poi improvvisamente interrotto. Stando a quanto emerso nel corso del dibattimento, il motivo della rottura potrebbe essere riconducibile all’interesse di Bellia per Rossella Figura. La prossima udienza, che sarà dedicata alla requisitoria del pubblico ministero, è stato fissata per il 21 dicembre.
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