«Sono innocente». Sono queste le prime parole pronunciate da Andrea Bellia di fronte alla corte d’assise nell’aula Serafino Famà del tribunale di Catania dove si sta celebrando il processo per omicidio volontario premeditato di Simona Floridia. Nel procedimento riaperto a distanza di 26 anni dall’archiviazione del primo fascicolo – e senza che il corpo della 17enne di Caltagirone sia mai stato ritrovato – lui è l’unico imputato. Non ha mai perso un’udienza e ieri, per più di sei ore ha risposto alle domande della pm, dell’avvocato di parte civile Giuseppe Fiorito e della legale che lo difende. «Non ricordo» è di certo la frase che Bellia, con i capelli ormai grigi e la mascherina nera a coprire in parte il volto, ha ripetuto più spesso.
L’imputato non ricorda circostanze del giorno della scomparsa né dell’indomani, non ricorda nemmeno orari, persone e chiamate. Gran parte dell’udienza è stata dedicata ai rapporti interpersonali tra i giovani che all’epoca facevano parte della stessa comitiva e alla telefonata intercettata che ha fatto riaprire il caso: l’ex fidanzato di Simona Floridia, Mario Licciardi, parla con la sua fidanzata dell’epoca Rossella Figura (che oggi è sua moglie) e racconta della confessione ricevuta dall’amico Bellia in merito alle responsabilità del delitto. «Non so perché lo abbia fatto, forse per rancore o per un desiderio di vendetta nei miei confronti – sostiene Bellia – perché riteneva che io mi fossi approfittato della sua ragazza, mentre invece era lei a essere interessata a me e ad avermi fatto delle avances». Che il mistero che ruota attorno al caso di Simona Floridia stia tutto nelle dinamiche relazionali, sembra ormai chiaro. Tanto che è lo stesso Bellia a chiedere di potere avere un confronto diretto in aula con Mario Licciardi e anche con Rossella Figura.
Alla fine dell’estate del 1992, con Licciardi al servizio militare, tra l’imputato e Figura si crea un rapporto «che non è mai andato oltre, perché Mario era il mio migliore amico e io credevo nel valore dell’amicizia». Un’amicizia che si interrompe però nel 1993, dopo una discussione piuttosto accesa, proprio quando Figura avrebbe raccontato al fidanzato di questa relazione intima fatta anche di appuntamenti a casa e di spinelli fumati insieme. «Credo che lui abbia creduto a lei perché era troppo innamorato, tanto che poi l’ha sposata», motiva l’imputato che chiarisce si trattava «solo di un’amicizia» e non tanto perché lui all’epoca era fidanzato con Simona Regolo. «Era un rapporto altalenante, io sono stato sempre libertino». Eppure al Comune erano già state affisse anche le pubblicazioni. «L’ho fatto solo per ottenere un permesso, una licenza più lunga dal servizio militare», sostiene.
Stando a quanto ricostruito, è Bellia l’ultima persona ad avere visto Simona Floridia. Con lei, fa un giro in vespa «che è durato una mezz’oretta abbondante. Ma poi mi ha chiesto di scendere, l’ho accompagnata, ci siamo salutati e non so dove sia andata». Su quella sera i «non ricordo» sono tanti: non ricorda gli orari precisi (diversi in aula rispetto a quelli indicati in passato ai carabinieri e anche nell’intervista al programma Chi l’hai visto?), non ricorda cosa si sono detti e nemmeno chi hanno incontrato prima, durante e dopo. Anzi l’unico nome che fa è di un ragazzo che, invece, ha dichiarato che si trovava a lavoro. Soprattutto non sa indicare nemmeno il nome di una persona che abbia visto la 17enne scendere da quella vespa. «Sono anche passati 30 anni», si giustifica lui ma è la pm a chiarire che le sue affermazioni erano state generiche anche il giorno dopo la scomparsa.
Nel corso dell’udienza poi l’imputato ha escluso che Licciardi fosse andato a fargli visita mentre si trovava in ospedale (ricoverato dopo un incidente autonomo con la vespa). Un punto importante perché, stando a quanto ricostruito, il 20 settembre del 1993, Licciardi sarebbe andato in ospedale dove Bellia «gli avrebbe detto di avere fatto sparire Simona, che aveva fatto una “cavolata”». Un passaggio è stato fatto anche sulle due telefonate arrivate nel febbraio e nel giugno del 1993 al programma di Rai3: «A me aveva dato l’impressione che fosse la sua voce», dichiara l’imputato che però non ricorda di essere andato da Licciardi a chiedere di riconosce quella voce. Era stata Rossella Figura a raccontare della richiesta di Bellia e Regolo a Licciardi che si sarebbe, però, rifiutato. Di quello che è stato ritenuto un «tentativo di depistaggio», Bellia – così come Figura – non ha memoria. Prima di lui era stata la sua fidanzata dell’epoca, Simona Regolo, la teste a dire più «non ricordo», tanto che il presidente della corte le aveva ricordato di essere sotto giuramento. Cosa che non ha potuto fare con Bellia perché, si sa, l’imputato non giura di dire tutta la verità.
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