«Le intercettazioni provano come i fratelli Lombardo abbiano chiesto in più casi sostegno elettorale alla criminalità organizzata». Non solo nelle elezioni politiche del 2008, ma anche alle amministrative del 2007 e nel 2009. E’ la tesi dell’accusa – i procuratori aggiunti Michelangelo Patanè e Carmelo Zuccaro – nel processo che vede imputati per voto di scambio il governatore siciliano Raffaele Lombardo e il fratello Angelo, deputato nazionale Mpa. Una tesi che si basa anche su una decina di intercettazioni, telefoniche e ambientali, di cui oggi i magistrati hanno richiesto la trascrizione. E che le difese chiedono invece di escludere.
L’utilizzabilità o meno delle registrazioni è stato l’argomento al centro della seconda udienza del procedimento a carico dei due politici. Decisione che il giudice Michele Fichera si è riservato di prendere nel corso della prossima udienza, fissata per il 17 febbraio. Oggi, intanto, lo stesso giudice ha rigettato la richiesta di costituzione di parte civile dell’associazione Primo consumo. In quanto il diritto dei cittadini eventualmente leso dai due imputati sarebbe «di natura politica e non rientrerebbe quindi tra gli scopi dell’associazione» che tutela invece i diritti dei consumatori.
L’eccezione congiunta dei due legali – Guido Ziccone per il presidente della Regione e Pietro Granata per Angelo Lombardo – riguarda l’opportunità di utilizzare le intercettazioni per un reato e un processo diversi da quelli in cui erano state disposte. Il procedimento a carico dei due fratelli, infatti, nasce come stralcio dall’indagine Iblis, a sua volta divisa in due processi tutt’ora in corso. Il reato inizialmente ipotizzato per i Lombardo era di concorso esterno in associazione mafiosa, poi derubricato in reato elettorale. Una decisione presa a giugno dello scorso anno proprio dall’allora procuratore capo facente funzioni Patanè e dal collega Zuccaro. E che oggi potrebbe ritorcersi contro l’accusa. «Si tratta dell’equilibrio tra la tutela del diritto alla riservatezza e la necessità di accertare la verità – spiega Ziccone – Lo dice il codice e lo dicono diverse recenti sentenze: le intercettazioni possono essere disposte solo per reati che le consentono e solo nei processi che li trattano».
«Se il processo fosse rimasto unitario – risponde Patanè – non ci sarebbe stato nessun dubbio sull’utilizzo delle intercettazioni». Uno scenario ormai escluso, secondo la difesa, ma non per i magistrati. «Questo procedimento non si diparte da Iblis – aggiunge il pm – Ma ne fa parte. E’ stato separato solo per evitare che intervenisse la prescrizione, più breve nel caso dei reati elettorali». La stessa indagine Iblis, inoltre, è già frutto di fascicoli diversi – tra cui uno a carico di Raffaele Lombardo – poi riuniti. Una vicenda complessa, considerato che lo stralcio non ha ancora concluso i suoi effetti. Per l’ipotesi di concorso esterno in associazione mafiosa a carico dei fratelli, infatti, il giudice non ha ancora accettato la richiesta di archiviazione dei due pm. Fissando invece un’udienza a porte chiuse prevista per il primo marzo.
Nessuno scrupolo possibile anche dal punto di vista della riservatezza, aggiungono i magistrati. «Tanto queste intercettazioni verranno comunque utilizzate nel processo Iblis», spiega Zuccaro. Registrazioni, inoltre, che non riguardano direttamente né Raffaele né Angelo Lombardo, nominati però dagli intercettati. Soprattutto una – inizialmente contestata da Ziccone per motivi temporali – sembra essere particolarmente rilevante. «Alcune persone e soprattutto Rosario Di Dio (boss di Ramacca ndr) – aggiunge il magistrato – annunciano di non voler più sostenere Lombardo (Raffaele ndr) in altre campagne elettorali, dopo alcuni suoi comportamenti». Uno dei motivi che ha convinto la procura a cambiare capo d’imputazione.
In attesa della decisione del giudice Fichera, accusa e difesa hanno presentato la lista dei testimoni che intendono chiamare in aula. Tra questi, anche alcuni collaboratori di giustizia, per i quali i magistrati hanno richiesto delle audizioni a distanza e in un’aula protetta. Previste anche una serie di videoconferenze per i testimoni detenuti fuori città, come il boss Di Dio citato dall’accusa e attualmente rinchiuso nel carcere di Novara.
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