Presunta frode istituto Mangano, scarcerato Labisi Misura non più necessaria, gestione dell’ente a terzi

È stato scarcerato ieri l’ex presidente del consiglio di amministrazione dell’istituto medico psicopedagogico Lucia Mangano di Sant’Agata Li Battiati, Corrado Labisi. Il 65enne era stato arrestato lo scorso 10 luglio con le accuse di associazione a delinquere e appropriazione indebita, nell’ambito di un’inchiesta ribattezzata Giano Bifronte su un presunto buco da dieci milioni di euro nella gestione dell’istituto medico. La procura di Catania aveva ipotizzato l’esistenza di un’associazione a delinquere finalizzata a distrarre soldi regionali di cui lui sarebbe stato a capo. 

Il presidente dell’ufficio dei giudici per le indagini preliminari di Catania, Nunzio Sarpietro, accogliendo la richiesta dei difensori e col parere positivo della procura, ha revocato l’ordinanza cautelare eseguita lo scorso luglio dalla Direzione investigativa antimafia. In quell’occasione furono disposti gli arresti domiciliari per la moglie di Labisi, Maria Gallo, di 60 anni, per la loro figlia, Francesca Labisi, di 33, e per due collaboratori: Gaetano Consiglio, di 39, e Giuseppe Cardì, di 57.

Secondo l’accusa, Labisi avrebbe «gestito i fondi erogati dalla Regione Siciliana e da altri enti per fini diversi dalle cure ai malati ospiti della struttura, distraendo somme in cassa e facendo lievitare le cifre riportate sugli estratti conti accesi per la gestione della clinica, tanto da raggiungere un debito di oltre 10 milioni di euro». Durante l’inchiesta – coordinata dal procuratore Carmelo Zuccaro, dall’aggiunto Sebastiano Ardita e dal sostituto Fabio Regolo – Labisi, intercettato all’indomani di una perquisizione compiuta dalla Dia, parlando con un amico appartenente al ministero della difesa disse: «Vediamo a chi dobbiamo fare saltare la testa». 

Il gip Sarpietro adesso rileva che «le indagini preliminari si sono concluse» e che è «cambiata la gestione dell’istituto, passata a soggetti terzi anche in prospettiva del buon esito di una procedura di concordato preventivo. Questo – scrive – fa venire meno le esigenze cautelari che vengono così revocate».


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