Premio Donna di frontiera a Nawal Soufi Da Catania alla Siria, una vita per gli altri

Qualcuno la chiama La voce del Mediterraneo. Nawal Soufi a Catania la conoscono in tanti. Ma da quando il capoluogo etneo è diventato crocevia per migliaia di disperati provenienti dalla Siria, dall’Eritrea e da tanti paesi arabi e sub sahariani, la 26enne di origini marocchine trapiantata da piccola ai piedi del vulcano si è fatta conoscere anche oltre i confini della Sicilia. Per chiunque vuole dare una mano nell’accoglienza, così come per gli stessi migranti, Nawal è diventata un punto di riferimento irrinunciabile. Se ne sono accorti anche i giurati del Festival internazionale del cinema in svolgimento a Marzamemi, che le hanno assegnato il premio Donna di frontiera. «Mi ha chiamato la giornalista Giovanna Giordano per comunicarmi la notizia – racconta Nawal – la conosco da quattro anni, lei ha assistito alle prime accoglienze e ci ha anche dato una mano portando vestiti e cibo».

Perché Nawal è così. Catalizza l’aiuto di tutti e lo riversa su chi ha bisogno. «Il premio più grande è quando la gente parte e ti ringrazia, la soddisfazione che mi ripaga è il sorriso o l’abbraccio di un bambino». Vite migranti, per cui Catania diventa un punto di sosta obbligatorio le cui tappe sono sempre le stesse: porto, Palaspedini o Palanitta e stazione. Dentro questa parentesi molti hanno la fortuna di incontrare Nawal. Che li aspetta al kebab di piazza Giovanni XXIII o alla fontana del Ratto di Proserpina, diventato punto di sosta per chi vuole continuare il viaggio verso Nord. Foulard in testa, bandiera della nuova Siria legata attorno alla vita e il conforto unico, per chi è in viaggio da mesi, di trovare qualcuno che parla la tua stessa lingua: si presenta così la giovane attivista. Che aiuta i migranti a comprare il biglietto del treno o dell’autobus e li sostiene nelle poche ore o nei giorni che passano a Catania. Spesso è la prima a ricevere gli sos dai barconi in difficoltà nel Canale di Sicilia e a girarli al comando della Capitaneria di porto a Roma. Per questo si è anche beccata una denuncia per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

La 26enne sostituisce le istituzioni, incapaci di affrontare questa situazione, che si limitano spesso a lasciare aperte le porte degli impianti comunali in cui chi sbarca viene momentaneamente ospitato. E prova a precedere quelli che lei chiama «gli scafisti di terra». «Gruppi organizzati di stranieri – spiega – che ormai vengono considerati normali a Catania e che si offrono di accompagnare queste persone a Milano a prezzi che arrivano fino a 500 euro». Per questo è stata anche minacciata.

Nel capoluogo lombardo Nawal è andata di persona nelle scorse settimane. Per vedere con i suoi occhi l’altra parte di quei viaggi che lei, da Sud, ha contribuito ad organizzare. «A Milano le istituzioni si sono svegliate e almeno si sono poste il problema di tutti questi arrivi», spiega. Il fuoco che brucia dentro di lei e che la spinge a dedicare la sua vita per gli altri, si accompagna all’amore per la rivoluzione siriana. Su Facebook il suo nome è Syriahorra, Siria libera. Nel dicembre del 2012 Nawal è andata personalmente nel paese dilaniato dalla guerra civile, alla testa di una carovana di aiuti destinati a 800 famiglie della città di Homs, tra le più colpite dal conflitto. Mentre ancora l’Occidente non prestava attenzione a quella che era nata coma la primavera siriana, Nawal non mancava una manifestazione in giro per la Sicilia per denunciare i crimini del regime di Bashar al Assad. A Niscemi, alla manifestazione nazionale dei No Muos, dopo un corteo lungo diversi chilometri e una marcia di molte ore, Nawal è ancora lì. La manifestazione è finita, migliaia di partecipanti rimettono negli zaini le loro bandiere e cominciano a sfollare, percorrendo all’inverso il sentiero che li ha portati fino al cancello della base Usa. Ma nonostante la stanchezza, non possono non fermarsi per qualche secondo e ascoltare una ragazza che impasta lacrime e parole dentro un megafono. Si è ritagliata un angolo vicino alla rete metallica che separa la stradina dalla zona militare. Parla di fratelli siriani, di bambini rimasti orfani, di bombe e di massacri. Di rivoluzione e di regime. Di primavera e di aiuti. Ha una bandiera legata alla vita, quella verde bianca e nera della Siria libera.

Quando quel mondo lontano da lei intensamente raccontato è sbarcato a Catania, Nawal è stata pronta ad accoglierlo. Oggi a Marzamemi riceverà il premio Donna di frontiera.

[Foto di Marinella Fiaschi]

Salvo Catalano

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