Precari e Assestamento di Bilancio, domani il giorno del giudizio

Domani l’ufficio del Commissario dello Stato farà conoscere il proprio parere sulle leggi approvate la scorsa settimana dall’Ars. L’attenzione dell’opinione pubblica, in particolare, si concentra sulla proroga dei contratti ai circa 23 mila precari degli Enti locali e sull’Assestamento di Bilancio. Non è da escludere che vengano entrambe impugnate.

In realtà, a rischiare di più è l’Assestamento di Bilancio. E’ difficile, infatti, che l’ufficio del Commissario dello Stato ‘bocci’ una proroga dei contratti destinata, in ogni caso, a chiudersi il 31 dicembre di quest’anno.

Di fatto, per reperire i 110 milioni di euro per prorogare i contratti ai 23 mila precari degli enti locali, Sala d’Ercole ha ipotecato le uniche risorse finanziarie disponibili. Non solo non ci sono più soldi per fare altre leggi (a parte una decina di milioni già ipotecati per alcuni soggetti dell’ormai ex Tabella H), ma non ci sono soldi nemmeno per andare avanti.

Di fatto, al di là delle chiacchiere, per prorogare questi contratti ai precari dei Comuni, Governo e Ars hanno fatto fuori i soldi per costituire il fondo di garanzia chiesto dalla Corte dei Conti per fronteggiare i cosiddetti ‘Residui attivi’, ovvero le probabili mancata entrate che superano abbondantemente i 3 miliardi di euro. Da qui un Assestamento di Bilancio fasullo, che non assesta proprio nulla e rimanda a settembre a un’ulteriore manovra di Bilancio (variazioni) per fronteggiare emergenze destinate a rimanere tali.

E’ probabile che l’ufficio del Commissario dello Stato non tocchi la proroga dei precari, che ormai ‘viaggia’ su un binario morto, impugnando l’Assestamento di Bilancio.

Gli effetti di tale impugnativa, se si manifesterà, potrebbero essere pesanti. Il Governo avrebbe potuto mettere da parte la proroga dei precari e utilizzare questi 110 milioni di euro circa per costituire il fondo di garanzia. A questi 110 milioni di euro si sarebbero aggiunti i 36 milioni di euro dell’ex Tabella H.

Si sarebbe arrivati a 150 milioni di euro. Non è la cifra che occorre per costituire il fondi di garanzia. Ma considerate le condizioni generali, Commissario dello Stato e Corte dei Conti, con molta probabilità, non avrebbero mosso rilievi.

Questo, a quanto si sussurra, era l’accordo verbale siglato tra l’ufficio del Commissario dello Stato e i vertici alto burocratici dell’assessorato regionale all’Economia. Ma, a quanto si sussurra, alla fine gli alti burocrati si sarebbero lasciati tirare la giacca dalla politica e i 110 milioni del fondo di garanzia sarebbero stati dirottati sulla proroga dei precari.

Di fatto, la politica siciliana non si è assunta la responsabilità di dire a questi 23 mila precari: signori, i soldi sono finiti, per prorogare i vostri contratti abbiamo due via: o aumentare le tasse ai siciliani, o chiedere i soldi a Roma. Quello che non possiamo fare è utilizzare questi 110 milioni di euro per finanziare la vostra proroga fino a dicembre.

Invece la politica ha scaricato sull’ufficio del Commissario dello Stato la gestione ‘politica’ di un problema creato dalla stessa politica. E l’ha fatto costringendo l’alta burocrazia regionale a tradire un impegno assunto con l’ufficio del Commissario dello Stato. Un papocchio totale, che la dice lunga sulla serietà di questo Governo regionale celebrato da giornali americani che della Sicilia e dei guasti prodotti dal presidente Rosario Crocetta e dall’assessore all’Economia, Luca Bianchi, non sanno proprio nulla.

Il risultato è che, domani, la Regione si potrebbe trovare con l’Assestamento di Bilancio impugnato e con l’esigenza di reperire, nell’arco di un paio di settimane, non più 150 milioni, ma almeno 300 milioni di euro, togliendoli da settori già finanziati.

Perché 300 milioni e non 150? Semplice: perché per fronteggiare mancate entrate per 3,5 miliardi di euro circa, servirà un fondo di garanzia di 500 milioni di euro. Magari Commissario dello Stato e Corte dei Conti non chiederanno questo. Ma sotto i 300 milioni di euro non si scenderà, pena una seconda, probabile impugnativa che potrebbe preludere allo scioglimento anticipato dell’Ars, con contestuale fine dell’esperienza di governo – in verità piuttosto disastrosa – di Rosario Crocetta.

 

 


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