Ponte sullo Stretto, cala il sipario?

Fine di un sogno. O di un incubo. A seconda dei punti di vista. Parliamo dello stop definitivo (?) al Ponte sullo Stretto di Messina sul quale, oggi, ufficialmente, cala il sipario. Decadono, infatti, a partire dal primo Marzo, i contratti stipulati per la realizzazione dell’opera tra la concessionaria pubblica società Stretto di Messina SpA e il contraente generale Eurolink, formata da Impregilo come capogruppo mandataria e dai mandanti, Sacyr (Spagna), Condotte d’Acqua, Cmc di Ravenna, Ishikawajima-Harima Heavy Industries (Giappone), Aci scpa.

 Il governo nazionale  ha bocciato l’ipotesi di una  proroga che avrebbe garantito alla grande infrastruttura un ulteriore margine di tempo. In Consiglio dei ministri, come si legge su una nota di Palazzo Chigi,  Corrado Passera, ministro delle Infrastrutture e dei trasporti ha ricordato che Eurolink “è receduto dal contratto lo scorso novembre e, in seguito, ha impugnato di fronte al Tar del Lazio la nota con cui Stretto di Messina Spa si opponeva al recesso”.  Per tanto, mancano le “condizioni necessarie per l’emanazione di un decreto legge di proroga”. 

Va ricordato che nel 2012, il governo Monti aveva emanato un decreto, poi confluito nella legge sullo Sviluppo, con il quale, da un lato si concedevano due anni in più per trovare i finanziamenti sul mercato, dall’altro Eurolink avrebbe rinunciato alle penali previste dagli accordi, per una somma compresa tra 300 e 500 milioni di euro.

“Data la particolare congiuntura economica -si legge nel provvedimento del Cdm- la concessionaria pubblica e il general contractor dovevano sottoscrivere entro il primo marzo un atto aggiuntivo in grado di garantire la sostenibilità del piano economico finanziario dell’opera. Da quel momento, la società Stretto di Messina spa, aveva due mesi di tempo per presentare il piano economico finanziario al Cipe (Comitato interministeriale di programmazione economica). Una volta ottenuto l’ok sul progetto definitivo in 540 giorni andava infine individuato il soggetto finanziatore.

Lo stesso decreto prevedeva però che in assenza di questo atto aggiuntivo, da fimare entro oggi, ci sarebbe stata la caducazione – cioè la perdita di efficacia giuridica – dei contratti  stipulati.

A questo punto resta l’incognita delle penali, alle quali, difficilmente, le società coinvolte rinunceranno. La mandataria Impregilo, nel suo piano industriale 2013-2015, ha già messo a bilancio 150 milioni, come propria parte della penale. E ora si dice pronta a ricorrere nuovamente alla magistratura.

Per quanto riguarda la Stretto di Messina Spa, sarà posta in liquidazione. Soltanto i suoi dipendenti  sono costati negli ultimi 5 anni  28,8 milioni di euro.  600 milioni, invece, i soldi spesi per le progettazioni e altro. 

Un progetto quello del Ponte che era stato definito dal Cipe nel 2001 una «infrastruttura strategica» per il Paese, che però, la Commissione europea non aveva inserito nelle opere prioritarie per il 2014-2020, negando così l’accesso alle risorse comunitarie.

Come sappiamo, sull’argomento, in questi anni  l’opinione pubblica si è spaccata tra fan e oppositori. Abbiamo anche letto analisi, più o meno, dettagliate, che dimostravano la sua sostenibilità finanziaria e il suo contrario. Netta, invece, è stata l’opposizione di quasi tutte le associazioni ambientaliste che hanno temuto lo scempio di un angolo del Mediterraneo e della sua vita marina. Più sostanziose le preoccupazioni di chi ha ricordato che si tratta di una zona altamente sismica attraversata da faglie che rendono difficile prevedere l’intensità di un eventuale terremoto.

Ma, nel corso di questi anni, non sono mancati i sostenitori, anche tra gli ambientalisti più famosi. E’ il caso ad esempio di Folco Quilici che aveva definito il Ponte “un indispensabile progresso delle comunicazioni. Sarebbe bene che, chi si oppone,  in buona fede, ma miope, osservasse cosa e come si è costruito in gran parte del mondo (anche in paesi molto sensibili ai problemi dell’ambiente quali gli scandinavi e i giapponesi)”. E ancora: “Otto i grandi ponti sul mare del nord Europa, America e Asia, nessun ambientalista ha mai comunicato dati allarmanti su moria di cetacei a causa di un ponte (di cetacei ne muoiono molti, purtroppo; ma anche in questo caso, i motivi sono di tutt’altro genere)”.

Ieri è stata invece la volta di un appello, firmato da 39 tra architetti, ingegneri, docenti universitari edi esponenti della comunità scientifica  che hanno chiesto, acquistando una pagina di un quotidiano, di non bloccare il progetto , considerato “un’impresa che ha portato all’Italia e alla comunità scientifica internazionale uno straordinario bagaglio di conoscenze oggi riconosciute in tutto il mondo” e non “una storia di sprechi”.

Durissimi i commenti di esponenti politici, che come Altero Matteoli, ministro alle Infrastrutture nell’ultimo governo Berlusconi, erano stati sponsor dell’opera: “Dopo essere stato platealmente bocciato dagli elettori, oggi Monti ancora al governo ha stoppato il progetto del ponte sullo Stretto di Messina. Un bel capolavoro, frutto della sua incapacita’ politica di gestire anche questa pratica cosi’ delicata- dice il senatore  Matteoli. Che aggiunge:  “Invece di realizzare un’opera cruciale per lo sviluppo del Sud e per dare lavoro in una delle aree piu’ critiche del Paese -aggiunge-lo Stato dovra’ ora pagare penalita’ pesantissime sprecando importanti risorse. Vedremo nei prossimi giorni come rimediare a questo errore”.

Anche l’assessore regionale ai trasporti della Regione Calabria, Luigi Fedele, non l’ha presa bene: “Ancora una volta  il Sud e la nostra regione pagano scelte calate dall’alto da chi dimostra di non avere contezza degli innumerevoli riverberi che potrebbero scaturire dalla realizzazione di un’infrastruttura dall’innegabile valore ingegneristico e tecnologico che apporterebbe alla nostra regione enormi possibilità di sviluppo”.

Sarà questo l’ultimo capitolo di una storia lunga almeno 30 anni?


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