Chiuse le urne – archiviati exit pool e proiezioni – rimangono i numeri, dai quali non possono prescindere né interviste né tavole rotonde, con dichiarazioni ricche di analisi e commenti. Stavolta non si è assistito al vecchio scenario delle partite a carte e delle inevitabili discussioni che nascono alla fine di ogni mano quando i […]
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Politiche 2022, un solo vincitore e tutti gli altri vinti. Le priorità per promossi e bocciati
Chiuse le urne – archiviati exit pool e proiezioni – rimangono i numeri, dai quali non possono prescindere né interviste né tavole rotonde, con dichiarazioni ricche di analisi e commenti. Stavolta non si è assistito al vecchio scenario delle partite a carte e delle inevitabili discussioni che nascono alla fine di ogni mano quando i rilievi per una scelta sbagliata si intrecciano con le spiegazioni di chi, anche di fronte all’evidenza, si ostina a difendere la propria giocata.
Questa volta i numeri sono stati così chiari da sconsigliare qualsiasi tentativo di ipotetiche difese d’ ufficio, visto che, al di là delle spiegazioni più o meno fondate, difficilmente si può ignorare la verità che viene dalle urne: il Centro destra ha vinto, tutti gli altri hanno perso. E se anche si osservasse che dei due contendenti che si sarebbero dovuti sfidare, uno – il Centro sinistra – ha rinunciato a disputare la partita ancora prima di scendere in campo (come ampiamente dimostra il mancato raggiungimento di un accordo unitario cui si deve l’ordine sparso con cui hanno proceduto forze politiche che, se assieme, avrebbero potuto giocarsela o quantomeno tenere il risultato in bilico fino all’ultimo) poco importa: difficilmente, con i se e con i ma, si va avanti.
Che ciò sia accaduto non stupisce. Era nell’aria e l’evento non può considerarsi del tutto inatteso. In una democrazia, quando l’insoddisfazione raggiunge certi livelli, l’unica soluzione risiede nella stessa democrazia ed è rappresentata dall’alternanza. Ogni elezione, infatti, rappresenta un esame a tutti gli effetti al quale chi ha governato si presenta per avere un giudizio su ciò che ha fatto (ciò che avrebbe voluto fare e non ha fatto) e chi si propone per governare al suo posto per illustrare cosa farà di diverso e di meglio.
Nel nostro caso, gli esaminatori, cioè gli italiani, non hanno avuto dubbi, riponendo in Giorgia Meloni quella fiducia che hanno negato a Enrico Letta e che non hanno rinnovato a Luigi Di Maio e che hanno ridotto, almeno rispetto alle proporzioni dell’ultima tornata al Movimento fondato da Beppe Grillo, cui ultimamente è giunto in soccorso l’ex premier Giuseppe Conte. I numeri sono chiari per tutti: per chi è stato premiato, cui sicuramente la legittima soddisfazione per il risultato conseguito non farà perdere di vista la realtà, e per chi è stato bocciato che, piuttosto che impegnarsi in pietose analisi per mascherare l’evidenza dell’insuccesso, farebbe bene a concentrarsi seriamente sulla ricerca delle cause che lo hanno determinato.
Proprio i numeri saranno il punto di partenza per tutti: per il Pd che non ha convinto gli italiani della bontà delle scelte operate nella legislatura appena conclusa (all’opposizione durante il governo giallo-verde; in maggioranza con il quello giallo-rosso prima e con quello di larghe intese poi); per il Movimento 5 stelle, cui certamente servirà l’esperienza di quanto sia differente stare all’opposizione rispetto allo stare in maggioranza; per la Lega e soprattutto per il suo leader che, collocandosi a meno del 50 per cento rispetto al totale raggiunto da Fdi, ha dilapidato lo straordinario consenso delle ultime europee; per gli stessi Fratelli d’Italia, ai quali non può sfuggire il peso delle responsabilità che nascono da un esito elettorale così consistente e dalle attese che da esso scaturiscono.
Mentre il partito dell’astensione, confermando la sua gravità e la sua incidenza, si attesta intorno al 36 per cento, la fase elettorale chiude i battenti e cede il passo alla fase istituzionale. Dopo l’insediamento dei nuovi parlamentari, si passerà alla elezione dei presidenti di Camera e Senato, si procederà con le consultazioni da parte del Presidente della Repubblica prima di arrivare all’incarico, più che scontato, al nuovo, anzi alla nuova, presidente del Consiglio. A quel punto il quadro sarà ancora più chiaro: chi ha vinto si dedicherà a governare (misure anticrisi, sessione di bilancio, gestione Pnrr, guerra in Ucraina) e chi ha perso se ne starà all’opposizione, riflettendo sul perché della sconfitta e cercando di rigenerarsi negli uomini e nelle donne, nei contenuti e nelle strategie. Toccherà poi alla storia scegliere l’aggettivo più adatto per la pagina che è stata scritta con le Politiche del 2022.