Il centro medico è considerato dalla Regione Siciliana un punto di riferimento nella cura delle malattie del fegato. Ma al suo interno ha uno staff di due medici e un'infermiera. E può lavorare solo in regime di day hospital in uno spazio piccolo. «Perché non affidargli un vero reparto?», domanda un'ex paziente
Policlinico, Epatologia senza personale e reparto M5s: «Eccellenza che dobbiamo salvaguardare»
«Il settore della Sanità è in crisi ma il centro di Epatologia del Policlinico etneo è un’eccellenza in pericolo che va salvaguardata». La denuncia è della deputata all’Ars del Movimento 5 stelle Angela Foti che sull’argomento è intervenuta al Parlamento siciliano firmando due interrogazioni dirette all’assessorato alla Salute. «Mi sono rivolta prima all’ex assessora Lucia Borsellino e poi all’attuale Baldo Gucciardi ma ancora non è cambiato nulla», dichiara Foti. Che entra nei dettagli: «Il centro di Epatologia, secondo un decreto assessoriale del 2013, è stato individuato come il punto di riferimento regionale per la cura delle malattie del fegato». Una medaglia certamente importante se non fosse che: «Il personale è numericamente minimo per un flusso di circa 500 pazienti. Per i malati, inoltre, non c’è possibilità di degenza perché mancano i posti letto e lo staff può lavorare solo in regime di day hospital». Una situazione, quest’ultima, che comporta una serie di disagi a «persone che cercano di curare malattie difficili, croniche e in alcuni casi mortali», precisa la deputata pentastellata.
Il centro è ospitato all’interno del Policlinico universitario Gaspare Rodolico di Catania. A completare la lista delle strutture catanesi pubbliche epatologiche ci sono i due reparti dell’ospedale Garibaldi-Nesima e quello del Ferrarotto. Al Policlinico coordina gli interventi di prevenzione, diagnosi e trattamento delle diverse patologie legate al fegato il medico specialista Gaetano Bertino. A disposizione del quale ci sono esclusivamente un altro medico strutturato, alcuni specializzandi e due infermiere part time, in un piccolo spazio. Un personale esiguo per un reparto che, secondo il censimento dei centri epatologici italiani effettuato dall’Associazione italiana per lo studio del fegato (Aisf), provvede al trattamento di epatiti virali, malattie collegate alla dipendenza dall’alcol, epatiti autoimmuni, malattie colestatiche, cirrosi epatiche, epatocarcinomi e trapianti di fegato. Tutte attività, in alcuni casi anche collegate a programmi di ricerca scientifica finanziati dall’università degli studi di Catania, che portano lo specialista Bertino a collezionare 17 pubblicazioni sul portale medico online statunitense Medline.
Un lavoro, quello del reparto di Epatologia, «che è stato l’unico a permettere la guarigione di mia madre», racconta Antonio Fasone, il figlio di una ex paziente del centro. «La mia famiglia ha vissuto un calvario di oltre tre anni tra ospedali e pronto soccorso e – dice – il reparto coordinato dal dottore Bertino andrebbe valorizzato e potenziato». La motivazione di Fasone parte dall’esperienza che il cittadino ha maturato, seguendo la malattia del genitore. «Il personale si spendeva al cento per cento per i pazienti e, nonostante non ci fossero letti a disposizione dei malati, il dottore Bertino riusciva sempre a procurare qualche posto in un altro reparto. Spesso – continua Fasone – capitava che l’ospedale finisse i farmaci essenziali alla cure di alcune malattie e i pazienti dovevano comprarli e portarli in reparto».
Condizioni «drammatiche alle quali si potrebbe ovviare stanziando maggiori fondi o affidando al centro un vero e proprio reparto con tutto ciò che gli compete e – precisa – lasciandolo aperto tutto il giorno». Una proposta, quella di Fasone, che è stata già avanzata anche dal responsabile del reparto Riccardo Polosa che ha richiesto alla dirigenza del Policlinico un reparto di Epatologia clinica e terapia epatologica. «C’è un dialogo con l’azienda ospedaliera e mi auguro che la Politica nazionale e quella regionale la mettano nelle condizioni di intervenire», afferma Bertino. Che conclude: «Basterebbe avere a disposizione anche uno spazio maggiore e uno staff più ampio, anche perché è nostro compito salvaguardare il paziente in tutto e per tutto».