Il ministero dell'Istruzione britannico ha chiesto di specificare la provenienza ai cittadini italiani che vogliono iscrivere i propri figli nelle scuole di Inghilterra e Galles. Dovendo scegliere fra tre possibilità che oltre a risultare discriminatorie non hanno alcun fondamento scientifico-linguistico. Il Foreign Office annuncia scuse pubbliche
Polemiche sul nuovo censimento in alcune scuole inglesi «Italiano, siciliano o napoletano?» Interviene ambasciata
«Siamo uniti dal 1861». Appropriandosi dell’humour inglese, l’ambasciatore italiano in Gran Bretagna, Pasquale Terracciano, scrive al ministero degli Esteri di sua maestà per ricordare che l’Italia è una sola. Un intervento ritenuto necessario dopo che alcune circoscrizioni scolastiche britanniche di Inghilterra e Galles hanno chiesto ai genitori che volevano iscrivere i loro figli al nuovo anno di specificare se fossero italiani, italiani-siciliani, o italiani-napoletani. La notizia, pubblicata qualche giorno fa da Il Messaggero, è stata verificata dall’ambasciata italiana che ha deciso di intervenire.
«Una mia amica – racconta Michele La Motta, che insegna italiano e spagnolo nella città di Cambridge – doveva iscrivere una dei suoi figli all’equivalente della prima media. Qui l’iscrizione va fatta un anno prima. Dopo aver fatto la richiesta, ha ricevuto un link personalizzato con il modulo da compilare. E qui, a differenza degli anni precedenti, ha trovato la sorpresa». L’application form conteneva una prima distinzione tra “bianco britannico” e “bianco altri“. Scegliendo quest’ultima opzione, si procedeva nella scelta del Paese di origine. «Solo che per l’Italia non si è trovata di fronte a un’unica scelta – continua La Motta – ma a quattro variabili: italiano, italiano-siciliano, italiano-napoletano e italiano-altri. Ma quante lingue pensano che parliamo in Italia? È un’idiozia e se fosse successo a Milano si sarebbe scatenato il finimondo».
L’ambasciatore Terracciano ha precisato all’Ansa che «si tratta di iniziative locali, motivate probabilmente dall’intenzione d’identificare inesistenti esigenze linguistiche particolari. Ma di buone intenzioni – aggiunge – è lastricata la strada dell’inferno». In realtà già nell‘ultimo censimento annuale del ministero dell’Istruzione inglese, nel lungo elenco dei codici linguistici appare questa distinzione. Così come è distinto il sardo che non compare come opzione nel modulo di iscrizione proposto dalle scuole, nonostante sia considerata una vera e propria lingua. Alla pari, ad esempio, del catalano, del basco e del gallego in Spagna.
Il censimento non è una novità. Ma – come spiega bene il The Guardian – «l’anno scorso, molto prima del referendum Ue, il ministero dell’Istruzione ha deciso di aggiungere nuovi dati per il censimento 2016-17, compreso il Paese di nascita e la nazionalità degli alunni. Ha inoltre iniziato a chiedere alle scuole di giudicare la competenza dei bambini nella lingua inglese se non è la loro prima lingua». L’obiettivo del censimento è aiutare a capire che tipo di sostegno dare ad alunni e scuole.
È utile, al fine di trovare strumenti di supporto all’insegnamento dell’inglese, sapere se uno studente italiano è nato o cresciuto a Palermo o a Napoli, piuttosto che a Milano? «Nel caso della distinzione tra i codici linguistici italiani credo che ci sia un’ignoranza di fondo – spiega Federico Faloppa, docente di Linguistica italiana nella città inglese di Reading – a livello linguistico questa distinzione non ha senso, la semplice origine non dice nulla sulle reali competenze linguistiche. Bisognerebbe capire se vengono raccolte alte informazioni di tipo socio linguistico».
L’ambasciata italiana, intanto, ha chiesto «l’immediata rimozione» di queste distinzioni, definite da Terracciano «involontariamente discriminatorie, oltre che offensive per i meridionali», basate su «una grave carenza di conoscenza della realtà italiana» e su «una visione tardo ottocentesca della nostra immigrazione».
Le novità del censimento stanno facendo discutere anche in Gran Bretagna, dove è stata anche lanciata una campagna sui social, con l’hashtag #BoycottSchoolCensus. Nel mirino di molti genitori, prof e attivisti – che hanno formato il gruppo Against borders for children – è finita la richiesta di indicare il Paese di nascita dei propri figli. «Questa politica è inutile, divisiva e mette a rischio i bambini. Le famiglie e le scuole devono agire per proteggerli». Il timore è che questi dati possano essere usati dal ministero dell’Interno inglese per avere dati sugli immigrati, nonostante il dicastero dell’Istruzione abbia sottolineato che «saranno limitati a un uso interno per analisi, ricerche e statistiche».
A metà mattinata, intanto, il Foreign Office ha fatto sapere che i moduli scolastici verranno corretti. Annunciando, al contempo, che nelle prossime ore arriverà un messaggio formale di scuse. Ad annunciarlo è stato lo stesso Terracciano, che ha dichiarato di aver ricevuto una telefonata.