«Mi sono chiesta se fosse davvero necessario fotografare quella ragazza completamente nuda». Con pericolosa superficialità Oliviero Toscani propone lennesima campagna shock sullanoressia. Riprendiamo questo articolo da Internazionale
Più rispetto per Nolita
Si può immaginare una campagna contro l’anoressia diffusa via radio? Se un marchio di abbigliamento cercasse un’anoressica disposta a fare da testimonial per uno spot radiofonico, la troverebbe?
Il sentimento d’irritazione e di umiliazione che ho provato di fronte alla nuova “campagna shock” di Oliviero Toscani è svanito dopo qualche ora, ma queste domande sono rimaste a suggerirmi che quella campagna era sbagliata, e che l’errore aveva molto a che fare con l’immagine, perfino al di là del suo effetto scioccoccante.
Ho vissuto sulla mia pelle, per lunghi anni, le esperienze dell’anoressia e della bulimia, e posso affermare con assoluta certezza che nessuna anoressica si scandalizza davanti a una foto come quella scattata da Toscani per Nolita.
L’anoressica ha fatto della magrezza immortalata da quella foto il suo progetto di vita: ogni osso che le spunta sotto la pelle è un successo. Per l’anoressica, quel corpo anoressico fotografato e mostrato in pubblicità è il massimo: un corpo invisibile e impossibile a cui viene concessa visibilità e dignità. Per chi si aggira nel territorio dell’anoressia, quell’immagine, morbosamente ipnotica, può essere una sfida.
E le persone “sane”? Per loro, la campagna di Toscani si risolve tutta nell’effetto shock. Con pericolosa superficialità: l’equazione anoressia=magrezza rafforza un equivoco dannoso, che consiste nel ridurre una sofferenza drammatica, complessa e profonda a un sintomo concreto, a un meccanismo banale che ogni essere umano conosce: mangiare.
È specifico del disagio psicologico anoressico questo “incarnarsi”, farsi oggetto materiale, visibile, con un’evidenza tanto forte quanto ingannevole. Ma non si diventa anoressiche perché si decide di mettersi a dieta. Non so se i pubblicitari debbano farsi carico di diffondere questa verità. Da giornalista, posso solo constatare la superficialità dell’approccio al problema dimostrato dai professionisti dell’informazione.
Penso che il modello di bellezza-magrezza imposto dall’industria della moda contribuisca al dilagare dell’anoressia. Ma proprio perché si tratta dell’anoressia trovo poco convincente una campagna pubblicitaria che cerca d’indebolire un’immagine usandone un’altra visivamente più forte.
Mi sono chiesta se fosse davvero necessario fotografare quella ragazza completamente nuda. Poi ho capito che qualunque vestito le sarebbe cascato addosso molto male. Perfino Nolita ci avrebbe fatto una brutta figura.
[Lopinione di Giulia Zoli è stata pubblicata su http://www.internazionale.it/ col titolo Una brutta figura]