A sollecitare un iter bloccato dal 2015 è anche il primo cittadino di Siracusa Francesco Italia. Intanto le associazioni hanno avviato una raccolta fondi per le spese legali e inserito il tratto di costa tra quelli da votare come Luoghi del cuore del Fai
Pillirina, i diversi fronti della battaglia per difendere la costa Sindaco: «Abbiamo chiesto alla Regione di istituire la riserva»
«Chiediamo alla Regione di istituire la riserva naturale terrestre Penisola della Maddalena e Capo Murro di Porco perché è un luogo incontaminato e pregevole dal punto di vista sia ambientale che archeologico». Il sindaco di Siracusa Francesco Italia conferma a MeridioNews la richiesta ufficiale avanzata per tutelare la zona di costa aretusea meglio nota come la Pillirina. Un iter istitutivo che è cominciato undici anni fa ma che, a un certo punto nel 2015, si è bloccato. «Per la mancanza di volontà politica», lamentano da tempo gli attivisti delle associazioni ambientaliste che provano a tutelare quel luogo da diversi fronti. Le stesse che la scorsa settimana hanno organizzato una passeggiata, a cui hanno preso parte quasi mille persone, con l’obiettivo di chiedere la conclusione dell’iter per difendere la Pillirina e «scongiurare interventi edilizi incompatibili». Il riferimento è al progetto, che ha già ricevuto il parere positivo della Soprintendenza, per la realizzazione di un residence da parte della società Elemata Maddalena Srl del marchese piemontese Emanuele Di Gresy. L’imprenditore che si era già visto bocciare il piano per trasformare quel tratto di costa in un resort di lusso con 170 stanze.
«Esistono dei vincoli che sono stabiliti anche dal piano regolatore e dal piano paesaggistico – sottolinea il primo cittadino – che impediscono di fare altro oltre a ciò che è stato autorizzato. Il Comune – ricorda Italia – è proprietario della parte del Feudo di Santa Lucia e per questo abbiamo già chiesto un finanziamento di 900mila euro per valorizzarlo ripristinandone i percorsi, i muri a secco e anche quel che resta dei ruderi». Progetti per cui l’ente comunale è ancora in attesa di risposte, mentre è già stata reiterata la richiesta per istituire la riserva terrestre in quello che è già un Sito di interesse comunitario (Sic) inserito nella rete Natura 2000. Un’istanza che era già stata presentata anche nell’ottobre del 2021 in collaborazione con il Consorzio Plemmirio che gestisce l’area marina protetta della zona e che ha già dato la propria disponibilità a diventare l’ente gestore anche di quella terrestre.
Intanto, per difendere uno dei pochi tratti di costa siracusana che non è ancora stato fagocitato dalle colate di cemento né invaso dall’industrializzazione, il comitato di associazioni ambientali sta agendo su diversi fronti: la spiaggia della Pillirina è stata inserita tra i posti da votare per farli diventare un Luogo del cuore del Fai. La sabbia dorata, l’acqua cristallina, le latomie costiere, le tombe a pozzetto dell’età del bronzo e l’intero paesaggio – che è stato anche teatro della battaglia navale tra Atene e Siracusa – hanno già ottenuto migliaia di voti conquistando, al momento, il terzo posto del podio. Una conquista che non sarebbe solo un riconoscimento formale, ma che permetterebbe di ricevere dei fondi da utilizzare per progetti di valorizzazione. Dai pannelli didattici per indicare i beni culturali sia naturalistici che archeologi alla protezione dall’erosione costiera, fino a un collegamento città-mare tramite le piste ciclabili esistenti.
Per arrivare a tutto questo, gli ambientalisti continuano la lotta con il marchese Di Gresy. Dopo essersi visti rigettare dal Tar il ricorso che avevano presentato contro l’autorizzazione paesaggistica rilasciata dalla Soprintendenza, gli ambientalisti hanno intenzione di procedere rivolgendosi al Consiglio di giustizia amministrativa. Azioni legali che hanno dei costi. Per questo le associazioni hanno deciso di avviare una raccolta fondi per le spese giudiziarie per la tutela dell’area. «La bellezza non ha prezzo, ma difenderla costa. Non si tratta solo di pagare il contributo unificato per l’iscrizione a ruolo delle cause ma anche – spiegano gli attivisti di Legambiente – in caso di rigetto dei ricorsi, di rischiare una dura condanna alle spese legali, in alcuni casi superiori ai 10mila euro».