Pietro Anastasi, il più grande figlio della Catania calcistica Dall’oratorio San Filippo Neri al gol nella finale dell’Europeo

«Controlla la palla sollevandola leggermente da terra, quel tanto che basta per posizionarsela all’altezza del collo del piede, fare una piroetta sul busto e lasciar partire un bolide di destro imparabile che si infila nell’angolino destro di Pantelic». La rete del definitivo 2-0 nella finale dell’Europeo 1968 contro la Jugoslavia, narrata nel libro di Adriano Angelini 101 gol che hanno cambiato la storia del calcio italiano, sintetizza in poche righe quello che ha rappresentato Pietro Anastasi per il mondo del pallone italiano. Non è da tutti, infatti, essere decisivi nella conquista dell’unico titolo continentale della nazionale azzurra a soli vent’anni, alla seconda partita da titolare della sua carriera con la maglia dell’Italia. Farlo con una rete che è stata inserita dall’Uefa tra le sessanta più belle della storia del calcio europeo evidenzia come la sua vicenda umana sia speciale, quasi da predestinato. 

Cresciuto a Catania da una famiglia operaiaPetru u turcu (questo il suo soprannome nella città etnea) tira i suoi primi calci all’oratorio San Filippo Neri, passando poi nella Trinacria. Il primo grande salto verso il calcio che conta arriva con il passaggio nel 1964 alla Massiminiana, squadra di proprietà della famiglia Massimino. La stagione ’65-’66 è folgorante (31 partite e 18 gol) e arriva la promozione in Serie C: il direttore sportivo del Varese Alfredo Casati, presente nel capoluogo etneo (e si racconta su suggerimento di un barista ben informato), va a visionare il giovane Anastasi e ne rimane folgorato, chiudendo in poche ore il suo passaggio alla squadra lombarda. L’esperienza in maglia biancorossa dura due anni: 6 gol in 37 partite e promozione dalla B alla A, quindi 29 apparizioni e 11 reti nell’annata di grazia 1967-1968, inclusa una tripletta alla Juventus.

È il lascia passare verso l’approdo alla Vecchia Signora, concretizzato nella magica estate del ’68. In maglia bianconera l’attaccante siciliano trascorre la parte più lunga e felice della sua carriera, guadagnandosi il soprannome di Pelé Bianco. Otto stagioni in cui si aggiudica tre scudetti (71-72, 72-73, 74-75), prendendo parte anche a una sfortunata finale di Coppa dei Campioni contro l’Ajax. I suoi numeri alla Juventus sono impressionanti: 307 partite e 133 gol, con l’aggiunta della fascia di capitano indossata con orgoglio dal ’74 al ’76. Assieme a Roberto Bettega, Anastasi ha rappresentato per anni la coppia-gol più temuta dell’intero calcio italiano. Con il trasferimento all’Inter inizia il suo declino da calciatore: una Coppa Italia e solo 13 reti in due stagioni a Milano. Quindi il ritorno alla provincia, con la parentesi di Ascoli (78-81) e la chiusura della carriera nel 1982 a Lugano

In nazionale le statistiche ci parlano di 25 partite disputate con 8 reti. La più importante di tutte, ironia della sorte, è proprio la prima della serie: quella che permette all’Italia di agguantare un titolo che da lì in avanti le sfuggirà sempre. Dopo il ritiro dal calcio giocato, la vita di Pietro Anastasi è proseguita a Varese, città che non ha più abbandonato. Alle esperienze da allenatore di giovanili hanno fatto seguito quelle da apprezzato ed equilibrato opinionista televisivo. Scattante e imprevedibile da atleta, l’ex bomber si è invece contraddistinto per grande educazione e pacatezza in quella che è stata la sua seconda carriera davanti agli schermi tv. La sclerosi laterale amiotrofica, malattia contro la quale combatteva da un anno, non gli ha purtroppo lasciato scampo.

Tra i messaggi di cordoglio spicca quello della sua amata Juventus: «Era impossibile non volere bene a Pietruzzu, come lo chiamavano tutti i tifosi a rimarcarne la sua origine siciliana, perché è stato uno juventino fino in fondo e alla squadra del suo cuore ha trasmesso tutta la sua passione. Quella che da bambino, raccattapalle al Cibali, lo vede chiedere una foto accanto al suo idolo John Charles. Le cifre e l’attaccamento alla maglia – prosegue il comunicato –  spiegano solo in parte l’amore della gente nei suoi confronti. Il suo coraggio nelle giocate, le sue reti in acrobazia, il suo spirito da lottatore lo rendono un idolo». 

Ad Anastasi l’amministrazione comunale di Catania ha annunciato che verrà intitolato un campo da calcio. «A questo importante figlio della nostra terra – ha detto il sindaco Salvo Pogliese – intitoleremo uno dei campi di calcio comunali, a testimonianza del grande valore simbolico che la sua carriera ha rappresentato e continua rappresentare per tanti giovani sportivi della nostra città». Il giusto riconoscimento al più grande figlio che la Catania calcistica abbia mai avuto. 


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