Si può rubare un lampione? A Palermo a quanto pare sì, a giudicare da quanto ipotizzato dagli agenti della municipale riguardo le sorti del paletto scomparso a piazzale Anita Garibaldi a Brancaccio. Un luogo, quello dove è stato ucciso nel ’93 padre Pino Puglisi davanti al portone di casa, dove è possibile addirittura spostare e buttare a terra persino un dissuasore di circa 70 chili, nell’indifferenza generale. Insomma, sembra che qualcuno si sia dato un gran da fare lunedì notte per mettere a segno l’ennesimo atto vandalico contro un luogo tanto simbolico quanto forse scomodo di Palermo. Questi due recenti episodi, infatti, sono solo gli ultimi in ordine di tempo fra i tanti che in passato hanno già reso protagonista delle cronache il piccolo spiazzo del quartiere. «Neanche la futura visita del papa a Brancaccio, e proprio qui a piazzale Garibaldi, interrompe gli atti di vandalismo», commenta Maurizio Artale, presidente del Centro Padre Nostro, fondato da don Puglisi.
Lui è uno di quelli che proprio non riesce ad abituarsi alla scia di distruzione che da tempo ha preso di mira i luoghi legati all’azione di Pino Puglisi. Un prete che ha dato fastidio in vita e che sembra in qualche modo darne ancora oggi. «Forse non è stata gradita la presenza da più di dieci giorni di una pattuglia della polizia municipale che presidia la piazza, impedendo il posteggio delle auto nella metà di marciapiede non delimitata dai dissuasori», ipotizza Artale. La zona infatti è controllata dalle otto del mattino alle otto di sera da alcuni agenti, gli stessi che si sono accorti ieri mattina del furto del lampione e della lampada e che hanno segnalato l’episodio. Per fare la denuncia formale e rialzare il blocco di cemento ci ha comunque dovuto pensare Artale. «Ma la piazza mica è mia, è pubblica, forse la denuncia dovrebbe farla il sindaco. Mi sta bene così. Ma se un bambino andava a mettere le dita dentro al portalampada scoperto, col rischio di prendere la scossa e farsi molto male, la responsabilità di chi sarebbe stata? Ho fatto lo schiavo per 25 anni, ma non sono il proprietario della piazza».
Vero è però che per tutti, anche per i residenti più infastiditi e restii ai cambiamenti, specie se positivi, Maurizio Artale è un punto di riferimento legato a doppio filo a questo luogo. Per la determinazione, fra le tante cose, con cui si è battuto e continua a battersi perché l’area diventi un luogo dal volto diverso. «Credo che sia arrivato il momento di monitorare piazzale Anita Garibaldi con l’ausilio di un sistema di videosorveglianza, considerata l’importanza che questa piazza ricopre nella città di Palermo». Intanto, mentre questo luogo continua a essere bersaglio di vandali e delinquenti, si avvicina la data del 25esimo anniversario della morte di padre Puglisi. Occasione che porterà, appunto, anche il papa nel luogo del suo omicidio. Una circostanza, tuttavia, che non sembra aver sortito alcun cambiamento sulle sorti cui è soggetta la piazzetta del quartiere. «Ci vogliono almeno due persone per spostare una cosa così pesante come un dissuasore – riflette il presidente del Centro -. Quando ne trovo uno in queste condizioni, perché è già successo, io da solo lo rialzo con molta fatica. Senza parlare poi della gente che abita lì e si affaccia ogni giorno su quella piazza, che vede il dissuasore a terra e non pensa nemmeno di sistemarlo».
I pilastri di cemento sono il frutto di un travagliato accordo, in un certo senso, informale a cui i volontari che si prendono cura dell’area sono giunti dopo numerose trattive e spiacevoli incidenti. «Una parte della piazza resta aperta al posteggio delle automobili dei residenti. Ma ora, per la visita del papa, non sarà più possibile – spiega -, per questo il lato non delimitato dai dissuasori adesso è vigilata tutti i giorni dalla municipale, in modo che ci sia il tempo di abituare gli abitanti della zona a questa circostanza per loro eccezionale. Ma a qualcuno forse dà fastidio non poter più posteggiare sotto al balcone di casa». È difficile, a Brancaccio come altrove, abituare la gente non tanto ai divieti, ma alle cose fatte bene, alle cose belle. «Ci deve essere un cambio di tre generazioni almeno, se no non ce ne usciamo – è convinto Artale -. Noi abbiamo molta fiducia perché ora cominciano a crescere quei bambini che abbiamo aiutato e cresciuto, quelli che ogni estate partono in colonia con noi. Per ora per esempio c’è un gruppo di cinque ragazzini in Svizzera. Queste cose nel tempo li educano a pensieri e a comportamenti diversi. Senza questo cambio generazionale, non ci sarebbe niente da fare. Ma siccome il tempo passa per tutti, già cominciano a morire i vecchi – ironizza -, dobbiamo sperare solo nella vita, che comprende anche la morte e se la cose procedono secondo natura i più grandi andranno via prima, l’unica speranza quindi sono i ragazzini di oggi che saranno gli adulti di domani».
È impossibile sradicare il suo entusiasmo e il suo ottimismo. La voglia di andare avanti di Artale, come degli altri volontari del Centro, resta immutata, malgrado i tanti lampioni spariti o distrutti, le aiuole non curate e piene di rifiuti, le auto posteggiate ovunque e i dissuasori divelti. «Se non facessi così ogni volta, davanti a scene simili, dovrei fare i bagagli e andare via da Palermo, da questa città irredimibile. Invece no, non funziona così. Tu ti porti via il lampione? E io domani ne vengo a montare un altro nuovo e rialzo il dissuasore».
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