Circa dodici volontari hanno passato la giornata di oggi a pulire dalle radici la parte anteriore dell'antico tempio. Arbusti e alberelli di ogni tipo sono stati estirpati dai rocciatori, che hanno agito in modo spontaneo e totalmente gratuito
Piazza Dante, Cai ripulisce la chiesa di San Nicolò «Piante avevano già provocato danni alla facciata»
«C’era di tutto lassù, persino dei capperi pronti per essere raccolti». Missione compiuta per una ventina di componenti del gruppo grotte della sezione catanese del Club alpino italiano, impegnati stamane a Catania non nella consueta escursione speleologica, ma nella ripulitura della facciata della chiesa di San Nicolò l’Arena dalla vegetazione spontanea. Nei mesi scorsi era arrivato l’allarme degli esperti, specie per i possibili danni dovuti alla «duplice azione delle radici, meccanica e chimica» sulla pietra e le architetture del monumentale tempio di piazza Dante, di impianto settecentesco ma le cui origini risalirebbero fino al Cinquecento.
Decine gli arbusti e veri e propri alberelli che sono stati rimossi, fra cui numerosi Ficus e persino una palma comune già abbastanza cresciuta. In azione lungo il prospetto della chiesa, di circa 25 metri, una dozzina di rocciatori di tutte le età – dai venticinque ai sessant’anni – al lavoro in parete fin dalle 8 del mattino. Un intervento di recupero e pulizia si è ormai reso indispensabile, e per il Comune di Catania – sulle cui spalle ricade la gestione del chiesa – la generosa disponibilità degli speleologi del Cai, viste anche la complicata situazione finanziaria dell’ente, è stata un’occasione impossibile da perdere.
«La nostra è stata un’iniziativa totalmente gratuita – spiega Giuseppe Priolo, direttore del gruppo grotte Cai nonché istruttore nazionale di speleologia -. Mettersi a disposizione del nostro Comune è stato un onore, adesso però bisognerà anche evitare che le piante ricrescano e che tutto torni al punto di partenza». In tutto sono state effettuate tredici calate lungo la facciata di San Nicolò l’Arena con la tecnica a una sola corda, base della moderna speleologia.
Le piante, eliminate del tutto, in qualche caso avevano già provocato spostamenti di murature e blocchi, soprattutto sul tetto della chiesa, dove il pericolo di insidiose infiltrazioni d’acqua è sempre in agguato. Nel complesso però – come racconta ancora Priolo, che non esclude la possibilità che si torni ad intervenire sulla Chiesa di San Nicolò l’Arena in autunno – «Nonostante le radici si siano fatte strada, la pietra della chiesa non si presentava pessime condizioni, siamo intervenuti in tempo».