È un documento che nel Catanese manca praticamente da sempre e promette di mettere ordine nelle autorizzazioni e nei dinieghi espressi dalla soprintendenza ai Beni culturali in presenza di vincoli paesaggistici. Con tanti obiettivi tra i quali campeggia lo snellimento della burocrazia
Piano paesaggistico, parte concertazione «Per trasformare i vincoli in opportunità»
Un annuncio in sordina, nonostante la portata dell’evento, soprattutto per chi negli anni ha visto bloccarsi lavori edili in seguito alla scoperta di un vincolo paesaggistico sul proprio bene. L’argomento è il Piano paesaggistico della provincia di Catania, un regolamento che manca praticamente da sempre. In questa fase il documento è stato proposto dalla Regione Siciliana ai Comuni etnei e alla Soprintendenza ai Beni culturali per la prima fase di concertazione istituzionale, dopodiché tornerà a Palazzo d’Orleans e verrà adottato. In quel momento scatterà l’ultima possibilità – offerta a ordini professionali, professionisti e cittadini – per evidenziarne eventuali carenze e criticità perché, dopo l’approvazione regionale, i Comuni avranno 24 mesi di tempo per adeguare la propria organizzazione urbanistica al Piano. A supportare l’importanza dell’atto è arrivato stamattina da Palermo l’assessore regionale ai Beni culturali Carlo Vermiglio, accompagnato dal dirigente dell’omonimo dipartimento – con la delega al servizio pianificazione paesaggistica – Michele Buffa. Padrone di casa nella sede dell’Ars catanese è stato il capogruppo di Nuovo centro destra Nino D’Asero. Presente, alla sua prima uscita ufficiale, anche la nuova soprintendente etnea, Mirella Patanè.
«È un documento che ha studiato il territorio, analizzandolo nei suoi aspetti fisici, chimici, biologici, ambientali e culturali. Si tratta – spiega Buffa – di un’interpretazione del contesto che sarà alla base dell’azione autorizzatoria della Soprintendenza. Quest’ultima, infatti, sarà dotata di un regolamento certo e scritto, chiaro su tutti i vincoli paesaggistici della provincia». Uno strumento, cioè, che regolerà tutte le autorizzazioni e i dinieghi espressi a ingegneri e architetti – sia pubblici che privati – ma pure a imprenditori, definendo anche quali materiali si potranno utilizzare in un dato contesto e cosa si potrà esattamente realizzare. Gli obiettivi sono molteplici. Si va dalla volontà di snellire i processi burocratici e amministrativi alla creazione di uno strumento semplice di armonizzazione tra paesaggio e territorio. E ancora, vuole «rendere fruibile e produttiva la nostra provincia grazie a questa scommessa tra enti, tecnici e cittadini», dichiara il parlamentare D’Asero. Per il quale «la politica sarà esclusivamente un punto di sintesi».
«La nostra ricchezza sono i beni culturali i quali – interviene l’assessore Vermiglio – recano pure vincoli che non devono più essere percepiti come ostacoli ma come opportunità». Ed è questa, allo stato attuale, l’unica linea guida del futuro Piano paesaggistico della provincia etnea. Grazie al quale «apriremo le porte del nostro territorio ai privati, colmeremo i deficit e sbloccheremo una macchina burocratica piuttosto intorpidita comprendendo – continua il componente della giunta di Rosario Crocetta – che giochiamo tutti per la stessa squadra». Il documento dovrebbe essere adottato verosimilmente dopo il mese di settembre. Già vigente nelle provincie di Agrigento, Caltanissetta, Ragusa, Siracusa e nelle Isole minori, per il Catanese «sarà particolarmente complicato poiché è la prima volta che si affronta un’area metropolitana, ricca di siti Unesco con all’interno un grosso parco come quello dell’Etna», spiega il funzionario Buffa. Quello etneo rimane comunque «un territorio di centrale importanza, ricco di specificità e intorno al quale ruota tanto turismo», conclude.