Piano Giovani, indaga la Corte dei Conti Lo scontro politico in attesa del nuovo bando

L’affaire Piano Giovani attira l’attenzione della Procura della Corte dei Conti siciliana. È notizia di oggi, infatti, che i magistrati contabili hanno deciso di aprire un fascicolo sul grande caos dei tirocini formativi finiti nell’occhio del ciclone lo scorso 5 agosto dopo il clamoroso flop del cosiddetto click day. Compito dei giudici, al di là delle polemiche politiche e della guerra tra bande attualmente in corso per il controllo dei 100 milioni di euro del Piano, sarà di verificare l’ipotesi di danno erariale. A destare dubbi è soprattutto l’esternalizzazione dell’intero progetto. Perché la Regione siciliana non si è avvalsa di proprie strutture organizzative invece di ricorrere a società esterne?

La domanda non è peregrina.  Secondo un granitico orientamento della giurisprudenza della Corte dei Conti, la pubblica amministrazione – come abbiamo scritto qualche giorno fa su  LinkSicilia –  può  esternalizzare il perseguimento di determinate finalità all’opera di estranei solo in  mancanza di strutture adeguate al suo interno. La presenza, nell’alveo delle società regionali, di Sicilia e-servizi, proverebbe il contrario. Non a caso, il suo presidente, Antonio Ingroia, non ha avuto alcuna difficoltà a dichiarare di non essere stato contattato preventivamente in ordine all’ipotesi di un affidamento in house del progetto.

Da eventuali profili di illegittimità nella procedura di affidamento diretto, potranno derivare anche responsabilità per danno erariale in capo a coloro che hanno esternalizzato la gestione del progetto senza rispettare i  criteri previsti dalla legge.  Il presupposto è che le risorse pubbliche regionali non possono essere impegnate per pagare contestualmente sia risorse umane interne che risorse umane esterne all’amministrazione per svolgere i medesimi servizi. Non solo. Le società esterne coinvolte, la Ett per la parte informatica e Italia Lavoro per gli altri aspetti, non staranno a guardare. Come sappiamo, la Regione ha revocato loro l’incarico. Ma entrambe hanno annunciato il ricorso alle vie legali contro una decisione che ritengono ingiusta. Italia Lavoro proprio stamattina ha fatto sapere di avere dato incarico ai propri avvocati di predisporre un ricorso al Tar e al Consiglio di Stato.

«In relazione alle ultime vicende del Piano Giovani Sicilia, Italia Lavoro esprime il suo totale sconcerto per la revoca dell’affidamento e per la promulgazione di un nuovo avviso, peraltro molto confuso e pasticciato. Ribadisce la propria totale estraneità al disservizio tecnico verificatosi in data 5 agosto – si legge in una nota della società – le cui responsabilità devono essere ascritte alle strutture amministrative della regione siciliana, come ampiamente illustrato alla presidenza e agli assessorati competenti, disservizio di cui si considera peraltro parte lesa per non essere riuscita ad offrire le opportunità di lavoro promesse». Battaglie legali che si traduranno in costi per le casse pubbliche. Il danno erariale quindi potrebbe essere doppio: potrebbe derivare dall’illegittimità dell’affidamento a soggetti esterni e anche da eventuali risarcimenti alle società che si sono trovate coinvolte in questo affare.

Intanto, come detto, infuria la polemica politica. Mentre i partiti dell’opposizione, da Forza Italia al M5S chiedono che si faccia chiarezza in Commissione Lavoro all’Ars e accusano il Governo regionale delle peggiori cose, il presidente della Regione siciliana, Rosario Crocetta, sembra prendere le distanze dall’assessore alla Formazione, Nelli Scilabra. La quale aveva accusato la dirigente del dipartimento Lavoro, Anna Rosa Corsello, di avere pubblicato il secondo bando del Piano Giovani senza avere informato prima il Governo. Cosa, a dire il vero, alquanto incredibile. E, infatti, ieri Crocetta, nell’esortare tutti a mettere un punto alla guerra mediatica, ha ammesso che lui ne era al corrente, anche se «certamente il tema andava approfondito».

Ma c’è di più. Secondo il deputato Marco Falcone, anche Scilabra era al corrente dell’imminente pubblicazione del secondo bando: «Inaccettabile è l’atteggiamento dell’assessore Scilabra – tuona l’esponente forzista all’Ars – che ha sostenuto di non essere stata informata dell’ulteriore avviso sui tirocini». Quindi il racconto di una riunione lo scorso 11 agosto  tra il Governatore, la Scilabra e la Corsello. Riunione dove sarebbero state affrontate le criticità del flop-day e dove sarebbe emersa la necessità di dover ritirare l’avviso senza penalizzare tutti coloro che avevano maturato il diritto legittimamente al tirocinio formativo. L’operazione chiesta alla dottoressa Corsello di salvare coloro che legittimamente erano entrati nel sistema e le stesse imprese che ne avevano incrociato il dato sarebbe stata messa in campo con il nuovo avviso pubblico.

Allora cosa è successo poi? Perché, se la Scilabra era presente alla riunione, ha poi rinnegato tutto?  Falcone, in buona sostanza,  ipotizza che dietro ci sia uno scontro su come usare questi 100 milioni di euro e che la linea Crocetta-Corsello non sia andata giù all’assessore alla Formazione che, inviperita, ha attaccato la sua dirigente. Quindi quale sarebbe il piano Scilabra? Secondo Falcone tutto ruota intorno alla riforma della Formazione professionale: «La creazione di 15 poli formativi – precisa  l’esponente forzista – rischia di rivelarsi la più grande operazione clientelare nella Formazione professionale alla quale ci opporremo con contenuti e fatti precisi».

Insomma, ancora carne sul fuoco. Ancora il dubbio che lo scontro in corso sia solo una farsa per nascondere interessi che nulla hanno a che fare con le speranze dei giovani siciliani disoccupati. E, intanto, che fine ha fatto il secondo bando? Sempre secondo quanto dichiarato da Crocetta, se ne saprà di più la prossima settimana: «In conferenza di servizi, la settimana prossima, discuteremo delle decisioni da adottare tenendo conto che bisogna rifare la selezione fallita lo scorso 5 agosto. Per quanto riguarda il nuovo bando, lo verificheremo, se  sarà valido lo terremo in piedi, altrimenti lo cambieremo».


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