Pesca, i dettagli della truffa all’Europa I sei imputati gestivano il Patto delle Aci

Dovranno rispondere del reato di associazione per delinquere, finalizzata alle truffe in danno della Comunità Europea e della Regione Sicilia, i sei rinviati a giudizio dalla Procura di Catania nell’ambito dell’inchiesta Poseidon, sulla distrazione dei fondi comunitari destinati al comparto pesca.

La richiesta, fatta dal pubblico ministero Alessandra Tasciotti e accolta dal gup del Tribunale etneo, riguarda persone che a vario titolo avrebbero sfruttato i finanziamenti per ottenere indebiti guadagni: si tratta del legale rappresentante del Parco Scientifico e Tecnologico di Sicilia, Antonino Felice Catara, del legale rappresentante della Mcq Sicilia Srl, Pasquale Maggiore, del gestore della Spata Srl, Salvatore Li Calzi, del legale rappresentante del Consorzio Catania Ricerche, Orazio Gaetano Puglisi, del rappresentante della Società Cooperativa Imago, Francesco Giovanni Riccioli e, infine, di Laura Gulizia, responsabile amministrativo unico del Comune di Aci Castello per i progetti oggetto dell’inchiesta. Una settima figura, il coordinatore amministrativo dei progetti per il Comune di Acireale, Gaetano Leotta, è stato assolto nel processo che si è tenuto con rito abbreviato. L’assoluzione di Leotta, però, ha portato l’attenzione dei magistrati su altri soggetti operanti nel Comune di Acireale, le posizioni dei quali verranno vagliate prossimamente.

PATTO DEI FURBI. Le indagini, iniziate nel 2011, sono state condotte dalla sezione di polizia giudiziaria della Guardia costiera e dalla Capitaneria di Porto, mentre i fondi oggetto della presunta truffa sono quelli legati al Patto Integrato Territoriale (Pit) 30, denominato Patto delle Aci, riguardante il bando POR Sicilia 2000-2006. Secondo l’accusa, gli illeciti sarebbero stati posti in essere sfruttando da una parte alcune associazioni temporanee di scopo (Ats), create appositamente per la realizzazione di progetti partoriti con l’intento di attirare i finanziamenti, e dall’altra con la compiacenza di chi, lavorando all’interno dei Comuni, sarebbe intervenuto per favorire l’elusione dei controlli previsti.

Una struttura articolata che per anni sarebbe andata avanti quasi indisturbata, nonostante l’associazione rappresentante i pescatori avesse più volte denunciato la cattiva gestione dei fondi: «I contributi – si legge in una nota della Procura – sono stati ottenuti mediante un meccanismo costante di frode che, tra le altre condotte, prevedeva l’affidamento degli incarichi a soggetti privi dei requisiti professionali, la mancata giustificazione documentale delle spese, l’omessa presentazione del Durc al fine di attestare la regolarità contributiva, nonché gli omessi controlli degli Enti capofila sull’avanzamento dei progetti e sulla regolarità della documentazione giustificativa».
Nella richiesta di rinvio a giudizio, il pm Tasciotti sottolinea come, sia nel caso di Acireale che di Aci Castello, gli attori protagonisti si siano «associati stabilmente al fine di commettere ripetuti reati di truffa». Tra le varie accuse, inoltre, compare quella di aver perseguito soltanto una minima parte degli obiettivi previsti a fronte, però, di costi sproporzionati.

PERSONE OFFESE MA INDAGATE. Dagli atti viene sottolineato come la Regione Sicilia e i sindaci pro tempore dei Comuni di Aci Castello e Acireale siano da ritenere persone offese. Tuttavia, nei giorni scorsi, tra le altre ventisette persone che risulterebbero indagate, è comparso anche l’ex sindaco di Acireale, Nino Garozzo, il quale ha dichiarato di essere totalmente estraneo ai fatti, in quanto, oltre a non aver mai avuto a che fare con i protagonisti di questa vicenda, nell’assolvimento dei propri compiti non avrebbe comunque potuto controllare, e dunque tantomeno incidere in negativo, nella gestione dei fondi.


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