Perché discriminare gli ex Pip di Palermo?

La protesta dei circa 3 mila ex Pip per le vie di Palermo dimostra, per chi ancora non l’avesse capito, che l’unico modo, ormai, per trovare ascolto presso le varie ‘autorità’ è quello di scendere in piazza a protestare. Senza la piazza, senza le proteste, senza la città bloccata, alla politica siciliana, dei disoccupati, non gliene può fregare di meno.

Il problema sta solo nell’organizzazione della protesta di piazza e negli appoggi politici. I lavoratori della Gesip di Palermo, per esempio, sono molto organizzati e difesi dalla politica, con il Sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, in testa.

I lavoratori dell’Amia, l’Azienda che si occupa della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti di Palermo, sono organizzati e, come i lavoratori della Gesip, difesi dall’amministrazione comunale di Palermo. Per ben due volte, nell’arco degli ultimi due anni, i lavoratori dell’Amia hanno messo in grande difficoltà il capoluogo della Sicilia, interrompendo la raccolta dei rifiuti. Il caos che hanno creato sconsiglia ai politici di mettersi contro di loro.

Anche gli operai della Forestale non scherzano. Quando scendono in piazza la politica siciliana al gran completo – Ars e, soprattutto il Governo – trema. Perché l’impatto sociale e sul territorio della protesta dei forestali è tremenda. Fa paura.

I 3 mila operai ex Pip di Palermo, pur essendo numericamente consistenti, sono disorganizzati e, soprattutto, sono stati mollati dalla politica siciliana. E quando scriviamo “mollati dalla politica siciliana” ci riferiamo anche ai sindacati, che in Sicilia, spesso, lungi dall’essere “parti sociali”, sono, a tutti gli effetti, “parti della politica”.

Di fatto, questi 3 mila lavoratori precari vengono penalizzati rispetto a tutti gli altri. I discorsi fatti dal presidente della Regione siciliana, Rosario Crocetta, sulla Trinacria onlus (la società con la quale questi precari avevano o hanno a che fare) lasciano il tempo che trovano. Per un motivo semplice, di ordine morale, che prescinde dalle considerazioni dei vari Azzeccagarbugli del ‘presunto’ diritto amministrativo alla siciliana in voga da anni a Palazzo d’Orleans e dintorni: perché non ci sono precari di serie “A” e precari di serie “B”: perché tutti i precari siciliani – quelli ‘stabiizzati’ e quelli che sono ancora precari – hanno in comune il fatto che lavorano presso le pubbliche amministrazioni in barba al principio costituzionale in base al quale nella publbica amministrazione si accede per concorso.

Andare ad arzigogolare, come fa il presidente Crocetta, sui rapporti tra la Regione e la Trinacria onlus è solo ipocrisia allo stato puro. Perché sul precariato siciliano Ars e Governo, dalla fine degli anni ‘80 ad oggi (e forse anche da prima, se consideriamo la ‘famigerata’ 285), hanno fatto tutto e il contrario di tutto: anche le nozze con i fichi secchi, come si usava dire un tempo.

Sarebbe più corretto dire: sentite, cari ex Pip di Palermo, voi non avere Santi in Paradiso, anzi, ci chiedete, addirittura, di mandarvi in Paradiso a dispetto dei Santi (della politica siciliana, ovviamente). E noi non lo vogliamo e non lo possiamo fare.

Certo, i soldi sono finiti. E, secondo noi, finirà a ‘bordello’ con tutti i precari siciliani, a cominciare dai 23 mila precari degli enti locali.

Detto questo, per ora la politica siciliana ha deciso di sbarazzarsi degli ex Pip di Palermo. Giudizio troppo drastico? Non esattamente.

Esaminiamo assieme cosa il Governo regionale ha proposto a questi 3 mila lavoratori precari. Rispetto a quello che portavano ogni mese a casa prima – 800 euro più i contributi – il Governo gli ha offerto 800 euro al mese, senza contributi, che verrebbero pagati in parte dalla Regione e in parte dall’Inps.

A quale altra categoria di precari la Regione ha proposto un capestro del genere? Perché solo questi precari dovrebbero restare senza contribuzione, perdendo anche lo ‘status’ di precari?

Per prendere quella che, in fondo, non è altro che un’indennità di disoccupazione – che supponiamo non sarà a vita, perché noi non conosciamo l’esistenza di indennità di disoccupazione a vita – questi 3 mila ex Pip dovrebbero essere licenziati. O licenziarsi. Senza il licenziamento, per quello che abbiamo capito, non possono percepire quest’indennità di disoccupazione.

Conviene a questi lavoratori licenziarsi? E’ l’interrogativo che si pongono. Perché, licenziandosi, rinuncerebbero quei pochi diritti che hanno acquisito nel tempo.

Che dire, alla fine? Due cose.

Primo: che sono precari come tutti gli altri. Come gli oltre 100 mila precari della Sicilia che il vice presidente dell’Ars, Antonio Venturino sta censendo.

Secondo: che vengono trattati in modo piuttosto penalizzante rispetto a tutti gli altri precari.

Ovvio che siano un po’ incazzati. O dovrebbero sorridere?

 

 

 


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