“Per la Sicilia rilancio Piero Grasso”

C’era una volta un’Isola di 5 milioni di abitanti dove i moderati erano imbattibili. C’era una volta una Regione prima in larga parte democristiana e, poi, a maggioranza demo-berlusconiana. C’era una volta un’enclave di centrodestra che vinceva le elezioni politiche per 61 a zero. C’era una volta la Sicilia dove a trionfare erano gli azzurri del Cavaliere e gli eredi dello scudocrociato. C’era una volta uno schieramento politico che ormai sembra inghiottito da divisioni e incomprensioni. Possibile che tutto sia finito così?

Proviamo a ‘girare’ questa ed altre domande al Senatore Giuseppe Firrarello, belusconiano a ‘Denominazione d’origine controllata’, figura autorevole del Pdl dell’Isola.

Allora, Senatore, che succede in questo benedetto centrodestra siciliano?

“Io direi che succede in Italia. Perché oggi, più di ieri, in politica, tutto si tiene. Nel nostro Paese governa Mario Monti. E’ una condizione eccezionale. L’ha scelto il presidene della Repubblica, Napolitano. Garantisce lui. Ma qui in Sicilia chi garantisce?”.

– Appunto. E’ quello che vorremmo capire anche noi. 

“Il problema è che in Sicilia, ormai, non garantisce più nessuno. Così tutto è diventato difficile. Estremamente difficile. Anche l’idea di provare a convincere il procuratore nazionale Antimafia, Piero Grasso, a gestire la Sicilia in questa fase storica drammatica non è stata raccolta dai partiti”.

– Perché, a suo avviso, tale idea non ha avuto successo?

“Perché non ci si rende conto che se in Italia la situazione è drammatica, in Sicilia la situazione è ancora più grave. Ebbene, di tutto ciò, nella nostra terra, non c’è ancora consapevolezza. Mancano realismo e senso di responsabilità. E, soprattutto, manca l’umiltà. Il vero dramma è che nella politica siciliana ognuno continua a sentirsi il sale della terra”.

– Però questa Sicilia va governata. Soprattutto dopo quattro lunghi anni di sostanziale non governo…

“Sul fatto che vada governata non ci sono dubbi. Bisogna capire come. E con chi. Ognuno di noi fa le proprie valutazioni, senza tenere conto che, agli occhi dell’opinione pubblica, noi politici siamo tutti colpevoli. E, in parte, è una tesi non campata in aria. Perché qualche responsabilità ce l’abbiamo tutti. Nessuno escluso”.

– Senatore, ‘atterriamo’ un po’ sui candidati alla presidenza della Regione siciliana?

“Atterriamo pure. Ognuno ritiene, con la propria candidatura, di aggregare tanti elettori. Sono in tanti, oggi, a volerci provare. Assistiamo a una moltiplicazione delle candidature. E questo non aiuta. Anzi”.

– Tra queste candidature, almeno fino a questo momento, con grande rispetto per tutti gli altri, ne spiccano due: quella di Rosario Crocetta per il centrosinistra e quella di Gianfranco Miccichè che non riesce a mettere d’accordo tutto il centrodestra…

“E’ vero, in questa fase ci sono questi due personaggi. Il primo, Crocetta, ci parla di rivoluzioni e della sua diversità. Argomenti che non trovo interessanti. Il secondo, Gianfranco Miccichè, è un uomo politico che stimo. Grande intuito e grandi capacità. Ma anche lui ha i suoi vizi…”.

– Ovvero?

“Insomma: non è che Miccichè non mi piace, ma in questo momento la Sicilia ha bisogno di altro. Lo ripeto: per un presidente della Regione siciliana che deve affrontare una ‘navigazione’ difficilissima c’è bisogno di qualcosa di rassicurante. Oggi ci dobbiamo chiedere: che cosa si aspetta da noi il popolo siciliano? Cosa ci chiede questo popolo che, alla fine, è molto più saggio di quanto non sembri?”-

– Già, cosa chiedono oggi i siciliani, alla luce della sua lunga esprienza politica?

“Ci chiedono, in primo luogo, serenità e capacità di governo. La Sicilia continua ad essere una regione strategica nel cuore del Mediterraneo. E’ strategica per i commerci. E lo è ancora dal punto di vista militare. Questa è una terra che va governata. Con scelte chiare, comprensibili. Mettendo al centro gli interessi generali. Ho grande considerazione di Gianfranco. Ma in questo momento storico ci vuole senso di responsabilità e, lo ripeto, un messaggio rassicurante”.

– E allora?

“Non ho la ricetta in tasca. Dico che ci vuole la politica. Per la Sicilia serve una soluzione accettata dagli addetti ai lavori e, soprattutto, dai non addetti ai lavori. La fantasia non manca. Usiamola. Era immaginabile che, a Palermo, Leoluca Orlando tornasse a fare il Sindaco a furor di popolo? I giochi, se non ricordo male, fino a prima della celebrazione delle primarie del centrosinistra, erano altri. Invece…”.

– Orlando, comunque, a Palermo è stata una soluzione politica. Per la Regione siciliana lei vede una soluzione politica o qualcosa di diverso?

– “Pensare solo agli operatori della politica, per il futuro della Regione siciliana, è un errore. Dobbiamo pensare anche a una soluzione esterna alla politica. E dobbiamo farlo tutti insieme: proviamo, almeno, a farci perdonare dalla gente mettendo al centro gli interessi della Sicilia”-

– Nei giorni scorsi è sembrato che Berlusconi abbia ‘benedetto’ la candidatura di Gianfranco Miccichè…

“Tra Berlusconi e Miccichè ci sono, da sempre, grandi rapporti. Se poi Berlusconi, come lei mi dice, avrebbe ‘benedetto’ la sua candidatura alla presidenza della Regione siciliana, beh, questo non lo so. Non c’ero. So, però, che Berlusconi tiene molto alla Sicilia. Se si convince che Miccichè è l’uomo giusto, sono certo che lo sosterrà”.

– Lei pensa che Miccichè abbia convinto Berlusconi?

“Non lo so. So che, per ben due volte, Berlusconi, di fronte a crisi politiche, partendo dalla Sicilia, ha adottato soluzioni che si sono poi dimostrate importanti, se non vincenti, nel resto d’Italia. Ricordo ancora il 1997 e il 1998, quando c’era il fuggi fuggi da Forza Italia. Siamo ripartiti dalla Sicilia. Ed è andata bene. La stessa cosa è avvenuta nel 2005. Avevamo perso le elezioni ovunque. Ci rimaneva Catania. In quell’occasione Berlusconi sapeva – tutti noi sapevamo – che non dovevamo perdere Catania. Ricordo che Berlusconi ci chiamò. E ci chiese cosa si doveva fare. Dopo una riflessione abbiamo trovato la soluzione vincente”.

– E oggi?

“Oggi Berlusconi farà le stesse valutazioni che ha fatto nel 2005. E le farà sapendo benissimo che la Sicilia ha sempre orientato il risultato elettorale e politico nazionale. Sono sicuro che, anche questa volta, farà una scelta vincente”.

– Senatore, in questa campagna elettorale si parla tanto di schieramenti e di candidati. Ma nessuno si occupa delle macerie economiche e amministrative accumulate dalla Sicilia negli ultimi tre anni…

“Già. Dei debiti accumulati dalla Regione siciliana nessuno parla. Così come non si parla dei 140 mila precari. Purtroppo sono problemi seri. Che bisognerà affrontare. Abbiamo il dovere di dare risposte. Possibilmente concrete. Una riflessione su questi temi farà bene a tutti”.

– Senatore, giusta la riflessione sui problemi da affrontare e, magari, risolvere. Però qualche nome come possibile candidato alla guida della Sicilia lo dobbiamo tirare fuore. Qualche indicazione ci vuole, non crede?

“Sono perfettamente d’accordo. Anche perché i nomi, grazie a Dio, non mancano. Comincerei dai tre Rettori delle Università di Palermo, Catanie e Messina. Senza la loro guida, con i tempi che corrono, avremmo già perso le nostre Università. Poi c’è Ivan Lo Bello. E’ un uomo che si è distinto per la grande determinazione con la quale ha lavorato per l’affermazione dei valori della legalità. Se poi vogliamo rimanere nel centrodestra, c’è Antonio Martino, uomo di grande spessore culturale e politico. E c’è Stefania Prestigiacomo, che ha maturato un’importante esperienza di governo. Anche se io…

– Anche se lei?

“Anche se io, con grande rispetto verso tutti gli altri, rimango dell’idea che il migliore candidato per la guida della Sicilia, in questo momento rimane Piero Grasso. Diciamo le cose per come stanno: in Sicilia dobbiamo ricostruire le condizioni di vivibilità politica. Saranno cinque anni difficili. Per ricostuire la Sicilia e rilanciare l’Autonomia. A mio avviso, per un compito così gravoso, Grasso resta l’uomo giusto”.

– Parliamo un po’ di Raffaele Lombardo, che sta per uscire di scena.

“Vede, questo è un altro aspetto di cui si parla poco. Mi riferisco a quello che è avvenuto nell’amministrazione regionale. Oggi i dipartimenti regionali non comunicato tra loro. Lombardo ha creato una condizione di insofferenza e di paura. Ha cambiato in continuazione assessori e dirigenti generali. Nel secondo caso, ha provocato guasti enormi, perché l’alta dirigenza è un punto delicatissimo”.

– Si riferisce al fatto che questo continuo cambio di dirigenti generali, diventati merce di scambio politico e clientelare, alla fine ha provocato il flop nella spesa dei fondi europei?

“Mi riferisco a tutto l’andamento dell’amministrazione regionale. Lombardo ha sfasciato tutto. Ormai l’amministrazione regionale è tutta da ricostruire. Lombardo andrebbe allontanato dalla politica. E forse anche dalla società civile. Detto questo, anch’io, sia chiaro, ho le mie colpe”.

– Cioè?

“Perché io, nel 2003, ho contribuito ad eleggere Lombardo alla presidenza della Provincia di Catania. Anche se, a dir la verità, nel 2008, avendolo inquadrato meglio, ho provato a mettere in guardia i miei amici sul personaggio. Ma non mi hanno voluto credere”.

 


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C’era una volta un’isola di 5 milioni di abitanti dove i moderati erano imbattibili. C’era una volta una regione prima in larga parte democristiana e, poi, a maggioranza demo-berlusconiana. C’era una volta un’enclave di centrodestra che vinceva le elezioni politiche per 61 a zero. C’era una volta la sicilia dove a trionfare erano gli azzurri del cavaliere e gli eredi dello scudocrociato. C’era una volta uno schieramento politico che ormai sembra inghiottito da divisioni e incomprensioni. Possibile che tutto sia finito così?

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