Per favore, non tocchiamo banchieri e notai…

“… banchieri, pizzicagnoli, notai, coi ventri obesi e le mani sudate, coi cuori a forma di salvadanai…”. Quello che avete letto, come molti di voi ricorderanno, è un passo di una poesia che Fabrizio De Andrè ha inserito nel suo celebre lp (alla fine degli anni ‘60 del secolo scorso non c’erano i cd) “Tutti morimmo a stento”, opera ispirata dalla poetica di Francois Villon. Queste parole ci sono tornate in mente per tanti motivi.
In primo luogo, per l’atmosfera che si è ormai creata in Italia. Se De Andrè, in “Tutti morimmo a stento”, immagina un viaggio in un specie di girone dantesco della povertà e della desolazione umana, il governo Monti, con la sua manovra, sta cercando – e secondo noi ci sta riuscendo – di creare nel nostro Paese un deserto di povertà e di desolazione umana, facendo pagare il costo di questa manovra ai ceti più deboli. Emblematico il caso di una signora ottantenne pensionata con 800 euro al mese, proprietaria di una bella casa in una città del Nord Italia dove il costo della vita, si sa, è un po’ ‘salato’. Con la reintroduzione dell’Ici sulla prima casa voluta dal ‘Nostro’ professore bocconiano, la signora ha ‘candidamente’ confessato che i conti, i suoi poveri conti, sono del tutto saltati: “Non ce la posso fare – ha detto – dovrei digiunare un paio di giorni ogni settimana e vivere il resto della mia vita senza potermi più permettere nulla: né una pizza fuori casa, né un vestito nuovo. Per non parlare dell’eventuale acquisto dei farmaci non prescrivibili. Questa non è vita. Non mi resta che vendere la casa e infilarmi in una dignitosa casa di riposo. Con il ricavato della vendita dovrei riuscire a pagare la retta…”.
Il secondo motivo per il quale abbiamo ripensato ad alcune delle parole di “Tuttti morimmo a stento” di De Andrè è il riferimento ai banchieri e ai notai. I primi, grazie al governo Monti, si faranno i classici ‘bagni’, se è vero che certi provvedimenti sembrano cuciti su misura per le banche. Tutti noi, quando pensiamo alla ‘grande Europa’ – che, ovviamente, non ha nulla a che vedere con l’Europa immaginata da Altiero Spinelli e Gaetano Martino (chi erano ‘questi due’?) – pensiamo ai ‘regali’ che abbiamo ricevuto in questi anni: l’aranciata fatta senza arance, il cioccolato prodotto senza cacao, il vino prodotto senza uva e l’olio d’oliva extra vergine che arriva da chissà dove, visto che di ‘tracciabilità dei prodotti non ne dobbiamo nemmeno parlare e via contunuando con tante altre ‘delizie’ del palato.
Nessuno di noi, però – non è che possiamo immaginare tutto! – pensa alla Bce che non eroga soldi agli Stati, ma alle banche. Così le banche – come ci ha fatto notare un amico qualche settimana fa – prendono il denaro al 2 per cento, anzi, all’uno per cento da qualche giorno e ‘acquistano’ il debito pubblico di certi Paesi (un Paese a ‘caso’: l’Italia…) al 5-6 per cento, lucrando 4-6 punti… ‘Geniale’, no?
Così, mentre i più poveri pagano e sorridono, anche i notai – terzo motivo per il quale ci è venuto in mente la poesia dell’album di De Andrè – se la fanno franca. Del resto, perché mai si dovrebbero intaccare i redditi dei ‘signori dei rogiti’? Parliamoci chiaro: chi è abituato a mangiare ‘giusto giusto’, senza mai esagerare, ristorante, anzi trattoria un volta al mese e il resto tutto contato, beh, a queste persone è ‘giusto’ chiedere sacrifici. In fondo, che cosa gli sta levando il governo Monti? Invece di 100 grammi di pasta al giorno, 80 grammi, fettine e insalate più contenute per aiutare a mantenere la linea, mezzo bicchiere di vino al posto di uno, frutta senza esagerare, basta dolci perché fanno ingrassare, pizzeria addio perché la sera il lievito di birra gonfia la pancia, ristorante, anzi trattoria, non più una volta al mese, ma ogni due mesi, evitando ordinazioni troppo pretenziose. Via, a questi – che per ‘fortuna’ sono pure la maggioranza degli italiani – non si sta chiedendo molto: appena ‘qualche’ sacrificio.
Ma l’immaginate, invece, il ‘dramma’ di un notaio che dovrebbe rinunciare alle due o tre settimane bianche, al suv o a un paio di Bmw, alla barca, alle crociere, alla casa al mare e alla casa in montagna e agli hotel a cinque stelle? O, peggio, dimenticare i ristoranti dove il cameriere in livrea stappa una bottiglia scelta dopo che loro – i notai – hanno consultato per almeno venti minuti la carta dei vini, e dopo che il cameriere, a bottiglia aperta, versa – sempre ai notai – un po’ di vino nel calice (nel calice e non nel bicchiere) e loro – sempre i notai – pur senza conoscere la differenza tra eteri ed esteri, tra tannino e glicerina, annusando con aria da grandi intenditori, magari dopo aver sorseggiato il vino, pronunciano finalmente il sospirato: bene… Volete che chi è abituato a tanto rinunci a una sola cosa di queste? Con che ‘cuore’?
Bene ha fatto, a conti fatti (cioè conti in tasca fatti al ceto medio basso, ovviamente), il governo Monti a non toccare i notai. Che alla fine sono pochi e non fanno gioco. Questa è l’Italia che vogliamo, questa è l’Europa che vogliamo: ricca (cioè dei ricchi), solidale (sempre verso i ricchi), equa (nel togliere ‘equamente’ ai ceti medi e, soprattutto, ai pensionati) e sempre pronta a spiegare che i ricchi, avendo tutto, sono già infelici, mentre i ceti medio-bassi, grazie a uno stile di vita sempre più spartano e sobrio, riusciranno a temprare corpo e carattere: perché è solo nelle difficoltà che l’uomo cresce e comprende il vero senso della vita.
“… banchieri, pizzicagnoli, notai, coi ventri obesi e le mani sudate, coi cuori a forma di salvadanai…”.

 


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“. . . Banchieri, pizzicagnoli, notai, coi ventri obesi e le mani sudate, coi cuori a forma di salvadanai. . . ”. Quello che avete letto, come molti di voi ricorderanno, è un passo di una poesia che fabrizio de andrè ha inserito nel suo celebre lp (alla fine degli anni ‘60 del secolo scorso non c’erano i cd) “tutti morimmo a stento”, opera ispirata dalla poetica di francois villon. Queste parole ci sono tornate in mente per tanti motivi.

“. . . Banchieri, pizzicagnoli, notai, coi ventri obesi e le mani sudate, coi cuori a forma di salvadanai. . . ”. Quello che avete letto, come molti di voi ricorderanno, è un passo di una poesia che fabrizio de andrè ha inserito nel suo celebre lp (alla fine degli anni ‘60 del secolo scorso non c’erano i cd) “tutti morimmo a stento”, opera ispirata dalla poetica di francois villon. Queste parole ci sono tornate in mente per tanti motivi.

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