La commissione regionale vota il rinvio delle consultazioni. In molte province non c'è accordo sulle candidature, così si terranno dopo la prova di forza ai gazebo. Piccione: «Pd non sia partito dell'uomo solo al comando», dichiara la candidata alla segreteria
Pd, congressi provinciali si terranno dopo le primarie «È un gioco al massacro, bisognava fermarsi prima»
Rinviati a data da destinarsi. I congressi provinciali del Partito democratico non si terranno alla vigilia delle primarie, così come logica e statuto dell’organizzazione partitica vorrebbero. Si celebreranno verosimilmente nella seconda metà di dicembre, tra un brindisi di Natale e un saluto a un vecchio anno che, in effetti, in casa dem è da dimenticare. Ma soprattutto si celebreranno a bocce ferme e con la certezza di chi avrà vinto la guerra fratricida per la segreteria regionale, tra la zingarettiana Teresa Piccione e il renziano Davide Faraone.
A denunciare il tentativo di stop ai congressi provinciali, questa mattina, era stata la stessa Piccione. «I componenti renziani della commissione regionale per il congresso del Pd – ha scritto in un post su Facebook – propongono di rinviare i congressi provinciali e dei circoli a data da destinarsi. Io penso che ciò sia profondamente sbagliato perché la cosa più importante di questo congresso è dare la parola agli iscritti e agli elettori a partire dai quartieri, dai comuni e dalle diverse province. Solo così sarà possibile riprendere il dialogo con i cittadini per fare ripartire il partito. Se Faraone ha paura di dare la parola agli iscritti e ai territori si sbaglia di grosso. È lo stesso errore – continua Piccione – che in questi anni ha commesso Renzi mortificando la partecipazione democratica e trasformando il Pd nel partito dell’uomo solo al comando. È tempo di ascoltare tutti, riconoscere gli errori e ripartire».
La conferma, nel pomeriggio, arriva invece da Salvo Alotta, ex vicepresidente del consiglio comunale di Palermo e componente della commissione regionale per il congresso: «I congressi provinciali del Pd in Sicilia – ha detto – si devono celebrare al più presto, anche entro l’anno: nessuno vuole rinviarli, ma non possiamo rischiare che vengano annullati per possibili vizi di forma. Per questo la commissione regionale per il congresso del Partito Democratico ha scelto di non accettare al momento le candidature a livello provinciale: prima si superino gli ostacoli e si trovi il percorso più corretto, a norma di statuto e regolamenti, altrimenti il rischio è di vanificare gli sforzi di elettori e militanti».
Una scelta, quella del rinvio dei congressi provinciali, votata in una commissione talmente spaccata da aver visto l’abbandono, prima del voto, dei quattro componenti zingarettiani. E che lascia l’amaro in bocca a chi questi scenari li aveva previsti già in direzione regionale. È il caso del segretario uscente a Catania, Enzo Napoli, che ammette di aver sostenuto in quella sede l’ipotesi di un rinvio del congresso «per ragioni organizzative, ma soprattutto per ragioni politiche. Lo stato del partito in questo momento non è esattamente sereno e prima di arrivare a un congresso sarebbe stato necessario un periodo di riappacificazione. Abbiamo anche approvato un ordine del giorno in direzione provinciale, per ribadire ancora una volta l’esigenza di un rinvio dei congressi, sia provinciali che regionale. Ci è stato spiegato – sottolinea Napoli – che il rinvio non poteva praticarsi e che il percorso congressuale era ineludibile. Così a Catania abbiamo lavorato per raggiungere l’accordo su una candidatura unitaria. E adesso accolgono la mia richiesta iniziale, che era stata respinta».
«La verità – ammette Napoli con non poca amarezza – è che fino a quando il Pd non trova il lume della ragione, sarà un gioco al massacro. Perché in questo quadro, e siamo soltanto all’inizio, chiunque vincerà questo congresso avrà vinto sulle macerie. Viviamo da anni una stagione di lacerazioni profondissime, solo chi è incosciente può pensare che dopo il congresso si possa ritrovare l’unità. Mi dispiace dover ammettere di aver avuto ragione. Ma in questa situazione – conclude – sono stato soltanto un facile profeta».