Patti, la Concattedrale immersa nel blu

di Cettina Vivirito 

Lo scorso settembre è stata presentata alla comunità di Patti la nuova ‘Concattedrale’ della diocesi, dedicata ai “Santi Martiri del XX secolo”. Si trova in località Croce Segreto-San Giovanni, nella parte alta della città, in linea d’aria a cinquecento metri frontali dall’antica Cattedrale Normanna.

La nuova struttura ha una superficie totale di 1.060 metri quadri, di cui 850 sono destinati alla chiesa, mentre la restante parte alla sagrestia, all’ufficio parrocchiale e ai vani accessori; nella parte sottostante la Basilica, la cripta, e in un locale adiacente, si trovano un salone, 18 aule catechistiche ed i servizi. (sotto, un’immagine della Concattedrale di Patti, foto tratta da diocesipatti.it)

Ma cos’è una “Concattedrale”? E’ una chiesa che ha la stessa dignità e gli stessi privilegi di una Cattedrale, ma ha precedenza minore. La Cattedrale resta dunque la chiesa principale di una diocesi, mentre la Concattedrale viene ad essa parificata; tale diritto, di elevare una chiesa alla dignità di Concattedrale, spetta alla Santa Sede.

Nessun documento tratta in modo specifico l’argomento, ma generalmente il motivo della presenza di una Concattedrale è il grande significato religioso che la chiesa ha per una comunità, tale da giustificarne la presenza nella stessa città della Cattedrale. In questo caso, il motivo è più tecnico, poiché spazi non adeguati e ristrettezza della stessa Cattedrale hanno creato non poche difficoltà e numerose liturgie, comprese le Sacre Ordinazioni, sono state celebrate nel Santuario di Tindari o in luoghi diversi, con tempi e distanze notevolmente più lunghi per i fedeli provenienti dai 42 Comuni della Diocesi, per un totale di circa 165 mila persone.

Da un intervista fatta al Vescovo, Monsignor Ignazio Zambito (foto sotto a destra), da una tv locale (e che si può rivedere su youtube) sappiamo anche che ci sono stati su Patti casi di “scarsa ospitalità” i quali non fanno certo onore a una delle cittadine più religiose della Sicilia e che con questa nuova struttura si intende rimediare anche a questo; che il lavoro complessivo per la costruzione è durato dieci anni, tempo breve se consideriamo i “tempi” di qualunque altra costruzione pubblica, lungo in termini di impegno e risoluzioni.

La Cei (Conferenza episcopale italiana) ha finanziato l’opera per il 75 per cento del valore complessivo che si aggira attorno ai tre milioni di euro, mentre la parte rimanente è stata attinta dall’8 per mille versato dai cittadini in sede di dichiarazione Irpef.

Sin dall’avvio della progettazione, il Vescovo e i suoi collaboratori hanno scelto di dedicare la Chiesa ai “Santi Martiri del XX secolo”, concretizzando il messaggio di Giovanni Paolo II; il XX secolo infatti, più delle altre epoche, ha visto il generoso tributo di sangue di milioni di persone: “Militi ignoti della grande causa di Dio”, ha affermato con forza Giovanni Paolo II, che tanti di questi cristiani ha elevato agli onori degli altari, proponendone la testimonianza al mondo.

L’uso di riportare negli edifici sacri le espressioni delle arti è antichissimo e affonda le sue radici nell’epoca precristiana, e per il Vescovo Zambito conoscere, valorizzare e promuovere il patrimonio ecclesiastico “artisticamente” con la costruzione di una nuova chiesa è l’ennesima avventura affrontata; da anni è attento indagatore dell’arte cultuale nel comprensorio del Messinese, ideatore e curatore di non poche e bellissime pubblicazioni, messaggero profetico di un itinerario della fede che ha reso Tindari, Librizzi, Sant’Angelo di Brolo, Piraino, San Marco D’Alunzio, Militello Rosmarino pietre miliari di un sentimento liturgico trasmutato in Stupore del Sacro. Riportando le parole di Mircea Eliade: “Il Sacro è un elemento della struttura della coscienza (…). L’esperienza del Sacro è indissolubilmente legata allo sforzo fatto dall’uomo per costruire un mondo che abbia un senso”.

La dimensione antropologica oltrepassa, dunque, la quotidianità, sprofonda nello stupore mistico e l’Esperienza del Sacro mostra la sua potenza intrinseca nella percezione di una realtà concettuale aperta al mistero. Materia e Spirito superano l’originaria dicotomia e trovano nel simbolismo la concezione di uno spazio tridimensionale in cui l’opera d’arte e l’architettura sembrano dialogare con l’Infinito. (sopra, a sinistra, particolare della Concattedrale di Patti, foto trata da studiotriskeles.it) 

Consapevole dello straordinario potere comunicativo dell’arte, il Vescovo ha voluto, attraverso tale strumento (la Concattedrale), rendere “leggibile” il Sacro e restituire all’uomo la sua identità ontologica attingendo alla geniale creatività del maestro Franco Nocera, monrealese, a cui è stata affidata l’intera decorazione dell’interno.

Il Sindaco di Patti, Giuseppe Mauro Aquino (foto sotto, a destra, tratta da 98zero.com), invitato alla cerimonia d’inaugurazione, ha dichiarato che seppure la città di Patti si trova in un momento di crisi come del resto tutto l’intero Paese, la comunità trova in questa nuova struttura un nuovo strumento, un luogo dalle dimensioni adeguate per stare insieme e insieme superare i momenti di difficoltà.

Patti rappresenta nella provincia di Messina un’oasi dalle intense varietà cromatiche; la felice posizione geografica, tra il silenzio dei boschi e la vastità del suo mare costellato di isole rende la cittadina una meta d’elezione per chi sa coglierne la bellezza. Tra i piccoli vicoli scolpiti nella pietra, tra le antiche chiese e le scalinate disegnate come dolci declivi, il tessuto cittadino coniuga passato e presente, consuetudine e innovazione, tradizione e modernità. Natura e arte disegnano una tavolozza ricca di innumerevoli sfumature, dando luogo a un paesaggio armonioso in grado di coinvolgere il visitatore più esigente, regalandogli un’esperienza irripetibile.

Questa Concattedrale si inserisce in un itinerario del Sacro già straordinario conferendo alla città un ritorno non indifferente anche in termini economici. La Basilica si presenta avvolta nei colori araldici di Patti; l’azzurro è dominante e con la sua profondità rimanda al cielo e al mare che, a volte, qui risultano indistinguibili. Non la classica pianta a croce, ma un’aula ovale che, nell’esterno sembra una pagoda, ma è all’interno, varcata la soglia dell’entrata che si rimane folgorati: una totale assenza di gravità in una immersione d’azzurro subacqueo e circolare tra angeli, animali, fiori e uomini volanti o a testa in giù che attraversano un cielo in mezzo ad esplosioni di colori in un totale azzeramento della logica, dei consueti criteri spazio-temporali. “Non vorrei essere simile agli altri, voglio vedere un mondo nuovo”: sembra di udire Chagall con la sua materia fatta di sogni, di simboli, in un’intensa potenza visionaria.

Franco Nocera (foto a destra, tratta da ioarte.org), l’artista “artefice” di un altro mondo e dei fatti che l’hanno sconvolto, riesce a tramutare questo mondo in un universo magico tenuto insieme da un filo sottile, secondo la sua personale visione che sembra donare valori alternativi, sottolineare i valori fondamentali dell’esistenza nascosti dalla falsità della vita pratica. La convenzione non interessa all’arte, l’arte è ricerca dell’autentico, l’andare oltre l’apparenza. Un tuffo nelle proprie riflessioni, un volo al di sopra del mondo.

Come Chagall, di cui sembra essere estimatore e allievo, Nocera non rifugge le forme naturali, ma al contrario le fa sue per mezzo dell’amore che porta loro; in questo stesso modo le trasforma, le trasfigura, libera ed estrae da esse la loro propria surrealtà, prende dalla loro anima spirituale i simboli della gioia e della vita. La sua arte è un’ arte di tenerezza e di pietà, di una pietà del tutto francescana per ogni creatura e soprattutto per gli esseri più umili e più poveri, laddove non vittime.

Questa gioia non sembra essere una gioia spensierata, piuttosto una gioia grave, malinconica. L’umanità di cui si parla dentro questa Chiesa non possiede né enfasi, né magniloquenza; essa è solamente nei profeti, è brillante solo nei colori, la sua gioia è grave nell’amore, la sua allegrezza serra il cuore di pietà, perché così precaria e così spoglia, non avendo per sostenersi né ricchezza, né potenza.

Il surrealismo di questa Basilica ha un carattere spirituale e un carattere plastico, perché manifesta negli affreschi uno spirito mistico che glorifica la bellezza del creato ed insieme coglie la profonda unità e spiritualità che c’è tra tutte le religioni, tra tutte le razze umane e il cristianesimo. Come se la potenza di Dio attraversasse gli oceani siderali del tempo, a sinistra appare maestoso San Benedetto da Norcia con il suo monito: “Ora, lege et labora”.

Immerso in un mare incantato di nuvole, angeli azzurri, fiori e farfalle che sembrano danzare fluttuando alle segrete melodie dell’organo, tra sussurri del mantice che sembrano dire Concido Dum Concino “cado mentre continuo a suonare”. (a sinistra, una vetrata dell’artista Franco Nocera, foto tratta da quadri.artistiperhobby.it)

I martiri raffigurati sono vittime o testimoni delle ideologie violente e disumane che hanno sporcato di sangue il “Secolo breve”, iniziato con la rivoluzione dei Boxers in Cina, proseguito con il genocidio degli armeni ad opera dei turchi, con le persecuzioni anticlericali in Brasile, in Messico, in Spagna, e poi con la persecuzione nazista in buona parte dell’Europa; il comunismo in Urss e nell’Europa dell’Est. Ma va anche ricordata la Corea del Nord, zone dell’India e infine, l’Africa, il Pakistan, l’Oceania.

Si possono quindi ben distinguere tra gli altri personaggi dipinti Giovanni Paolo II, ferito gravemente da un colpo di pistola sparato dal turco Ali Agca, Madre Teresa di Calcutta, fondatrice della congregazione delle missionarie della carità, il cui “motto” riportato sul crocifisso della sua cappella e in tutto il mondo che osserva la sua religione è “I Thirst”, “Ho sete”; e poi Massimiliano Kolbe, sacerdote dell’Ordine dei Frati Minori Conventuali che si consegnò ai carnefici di Auschwitz al posto di un compagno di prigionia, e altri ancora, forse meno noti ma ugualmente martirizzati per una nobile causa.

Infine l’orrore del mondo reale sembra risuonare nel tragico silenzio della perdita, in un gelido smarrimento che sconvolge alla vista di un crocifisso ligneo del XVI secolo dalla forte drammaticità, ma anche eleganza: quell’uomo appeso sembra essere consapevole e inerme, austero e solenne, i capelli ondulati sciolti sulle spalle, gli occhi che mostrano una sofferenza non detta tra rivoli di sangue che urlano la ferocia dei carnefici. L’ “hic et nunc” si condensa in sincronia con i simboli del Kyrios: ECCE AGNUS DEI annuncia la forza del sangue di Cristo evocato nell’epifania del Graal, del Tau e della Corona.

Lo sguardo non può non volare poi verso le vetrate in alto: la vetrata, scrisse Marc Chagall, sembra molto semplice, materia e luce. Per una cattedrale o una sinagoga è lo stesso fenomeno: una realtà mistica che, quando il sole scocca i suoi dardi, attraversa la finestra. La trasposizione dei bozzetti del maestro Franco Nocera sui vetri antichi è un prodigio di tecnica, i vetri risultando di multiforme bellezza, soffiati a bocca, colori minerali.

Opera che stupisce per dignità, decoro e bellezza: può darsi che non piaccia, ha detto lo stesso Vescovo: per la piccola diocesi di Patti sicuramente un’opera irripetibile.

Sei medaglioni della controfacciata raffigurano santi che, nella forma del martirio, non appartengono al XX secolo ma che sono rimasti nella storia per la particolarità della loro opera e per la dedizione dei fedeli tra cui una bellissima Santa Rosalia Sinibaldi, eremita palermitana, risalente al 1160. Significativo il “mattone” che si trovava rinchiuso nella Porta Santa della Basilica di San Pietro che è stato estratto in occasione dell’apertura della medesima porta compiuta da Giovanni Paolo II (nella foto a sinistra tratta da reginamundi.info), all’inizio del Grande Giubileo nel 2000, e donato alla nuova Cattedrale.

Non esistono risposte razionali al dolore, al costante senso di solitudine vissuto quotidianamente dall’uomo contemporaneo. In una realtà disillusa, senza più storia, schiava di dubbi e incertezze, siamo come viaggiatori erranti, tormentati dal male di vivere. Il vuoto sconvolge, urla, porta alla memoria frammenti di un animo pietrificato. L’ignoto spaventa.

Se credere in qualcosa diventa quasi delirio, la riflessione sull’ipotesi di una trascendenza è un’avventura che consola gli strazi di un’indicibile dolore. Non arrendersi di fronte all’isolamento ed individuare percorsi improbabili per riportare alla memoria la speranza, non è l’alibi per sfuggire al dolore in attesa del miracolo, ma ricerca di senso e volontà di sopravvivenza. Di fronte a vite straordinarie, quali quelle dei Martiri, si moltiplica la sete d’infinito e forse, segretamente, si spera che la sofferenza non sia lucida visione dell’assurdità del mondo e che l’anima non venga soffocata da silenzi assoluti.

La costruzione di Cattedrali ha una storia lunga quasi quanto quella dell’uomo, almeno quanto quella del suo anelito all’alto, al cielo, a quello che chiamano Dio. Ogni luogo della terra ha avuto la sua Cattedrale, in ogni tempo e contro ogni razionale opposizione, soprattutto in tempi di crisi come questi in cui i problemi di sopravvivenza sollevano giuste critiche nei confronti dell’opulenza della Chiesa rispetto alla società civile.

Gli strumenti democratici di cui la nostra società è in possesso potrebbero deviare senz’altro il corso della Storia, ma con tutta evidenza non si è raggiunto un adeguato grado di maturità e ben venga chi si sforza di interpretare le reali esigenze dell’uomo. Il Sacro religioso e il Sacro esoterico continuano ad intrecciarsi in una infinita sequela di azioni e forme e pare non avere una fine.

Ignazio Zambito, uomo (prima che Vescovo) di grande intelligenza, cultura e sensibilità artistica e umana, nonché di coraggio, da anni è impegnato a conciliare, ad armonizzare, nel pieno rispetto del luogo (siamo qui in una delle tre valli della Sicilia, la “Val Demone”, che si allunga fin quasi a Palermo con quella che viene definita la “Costa greca”, ricca di filosofia e riti pagani, che ogni estate vede in questo territorio migliaia di persone provenienti da ogni parte del mondo e soprattutto dall’America) tutte le più profonde e vere e, sofferte, esigenze degli abitanti.


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