Palermo non invierà il denaro perché il Comune non può investire la quota di compartecipazione di un milione 750mila euro. Il sindaco Naso: «Avevamo proposto soluzione alternative». Ma l'opposizione attacca a testa bassa: «Si resta sconcertati»
Paternò, la Regione revoca finanziamento da 7 milioni Per alloggi popolari. Scontro tra giunta e opposizione
La Regione Siciliana ha revocato al comune di Paternò un finanziamento da 7 milioni di euro, destinato alla realizzazione di alloggi popolari. Una iniziativa, quella di «concorrere» al bando indetto dal governo regionale, che risale al 2009, con la giunta guidata da Pippo Failla. Per partecipare era necessaria una compartecipazione dell’ente comunale pari a un milione 750mila euro. In prima battuta Palermo non aveva inserito in graduatoria il comune di Paternò. Il bando, però, è rimasto sempre operativo in tutti questi anni, con la graduatoria che continuava a scorrere, anche per via della rinuncia di alcuni Comuni. Nell’aprile del 2018, dunque, la Regione ha comunicato all’amministrazione paternese l’inserimento in graduatoria. Tuttavia, per poter accedere al finanziamento, Paternò avrebbe dovuto partecipare con la propria quota. Cosa che non sarebbe avvenuta.
Da qui la decisione del governo regionale, che ha revocato il finanziamento, con tanto di pubblicazione in Gazzetta ufficiale. «Riteniamo doveroso intervenire per fare chiarezza ed evitare facili strumentalizzazioni politiche – dicono il sindaco Nino Naso e il suo vice Ezio Mannino – il bando in questione risale al 2008, esattamente il 19 dicembre, a cui l’Amministrazione dell’epoca partecipò con delibera di giunta nel maggio del 2009 impegnandosi ad inserire in bilancio, nel caso di esito positivo dell’istanza, la somma di un milione 750mila euro, pari al 20 per cento del costo dell’intervento. Per quanto ci riguarda – proseguono i due amministratori – diversi incontri e colloqui sono stati intrapresi con i dirigenti regionali per cercare di giungere a una diversa soluzione condivisa, che non vedeva l’obbligo di avere l’immediata disponibilità di 1,75 milioni di euro nel bilancio, ostacolo che non fu superabile per la Regione cosi come era accaduto per i Comuni che in graduatoria dal 2010 ci anticipavano».
«Abbiamo messo in campo – concludono Naso e Mannino – soluzioni che potevano essere condivisibili e percorribili, come la compartecipazione non in disponibilità economica ma in termini di beni quali i terreni destinati allìintervento». La revoca ha provocato un vespaio di polemiche in città, soprattutto dall’opposizione. «A leggere la delibera del dirigente regionale Fulvio Bellomo – dichiara Anthony Distefano, di Diventerà belllissima – sembra, ancora una volta, che il Comune per tutto il 2018 non abbia dato seguito alle richieste di integrazione da parte dei dipartimento delle Infrastrutture. A noi interessa sapere perché la città e i consiglieri comunali non sono stati informati di tali fatti – in tempo e con motivazione – e non si sia provveduto ad attivare altre forme di cofinanziamento, magari coinvolgendo con un bando pubblico le imprese interessate a realizzare i lavori, come prevedeva il bando del 2008».
Per Claudia Flammia del Movimento 5 stelle «l’amministrazione ha parlato di rinuncia obbligata dovuta alla mancata quota a disposizione che dovrebbe assicurare il Comune, scelta saggia ma il dubbio sorge spontaneo: a oggi quanti di quei finanziamenti inseriti anche nel Piano triennale non può effettivamente garantire per via del problema legato alle poche risorse economiche comunali e che politica di programmazione sta attuando l’amministrazione al fine di non perderli?» Per Pietro Cirino di Paternò 2.0 «è necessario che il sindaco e i dirigenti comunali vengono in Consiglio comunale a spiegare cosa sia successo. Un finanziamento da 7 milioni di euro avrebbe consentito di dare un impulso alla nostra economia e migliorare l’aspetto urbano della città». Secondo Guido Condorelli di Forza Italia «si resta sconcertati per la revoca del finanziamento. Ci auguriamo che l’amministrazione Naso non abbia snobbato il dialogo con la Regione; se lo avesse fatto, si andrebbe a creare una frattura tra la Regione e la città. Un danno per la nostra comunità».