Dopo un furto in campagna un minore è stato accusato di avere portato via alcune armi. Così è scattata la pretesa nei confronti del padre. Quest'ultimo si sarebbe rivolto al mafioso Giuseppe Amantea, fratello di Francesco. Guarda il video
Paternò, cinque persone in carcere per estorsione Schiaffi, pugni e una richiesta di duemila euro
Estorsione in concorso pluriaggravata. Questa l’accusa nei confronti di cinque persone che oggi sono finite in carcere, sottoposte a custodia cautelare dopo un’indagine coordinata dalla procura di Catania e delegata ai carabinieri della compagnia di Paternò. Tra le persone coinvolte c’è Giuseppe Amantea, già condannato per essere una appartenente della famiglia di Cosa nostra dei Santapaola-Ercolano, oltre a essere fratello di Francesco Amantea attualmente detenuto e sottoposto al 41bis. Gli altri destinatari di misura sono: Barbaro Messina, braccio destro di Amantea, Filippo Cunsolo, il figlio Rosario e il nipote Consolato Emanuele Pedalino.
Le indagini prendevano le mosse dalla denuncia presentata nello scorso giugno da una persona di Paternò la quale, spaventato dalle pesanti minacce e violenze subite, riferiva ai carabinieri che il figlio minorenne qualche giorno prima, nel compiere un furto dentro un casolare abbandonato, aveva trovato delle munizioni che aveva consegnato successivamente Pedalino. Quest’ultimo, accusandolo di avere rubato anche alcune armi, pretendeva la cifra di duemila euro per il presunto danno subito, colpendo il minore con schiaffi e con un frustino da cavallo e minacciandolo di ulteriori conseguenze.
Successivamente il padre del minore, nella centralissima via Teatro di Paternò, veniva aggredito con schiaffi e pugni da Rosario Cunsolo, il quale – anche unitamente al padre Filippo – ribadiva la richiesta estorsiva già avanzata. La vittima si rivolgeva quindi a Messina e Amantea chiedendo loro di intervenire quali intermediari, in virtù del loro carisma criminale, anche al fine di mitigare le richieste. Tuttavia, Messina e Amantea, seppure intervenuti su richiesta della vittima, pressavano la stessa persona offesa, costringendola a consegnare un acconto di 500 euro a Messina che doveva poi riversarla ai Cunsolo.
Le indagini, svolte anche attraverso attività tecnica di intercettazione e servizi di osservazione controllo e pedinamento, permettevano di riscontrare le dichiarazioni convergenti delle due vittime, nonché di accertare il pieno coinvolgimento di tutti i destinatari di misura nel concorso nell’estorsione. «La nostra inchiesta è cominciata grazie alla denuncia di questa persona – spiega Gianmauro Cipolletta, comandante dei carabinieri di Paternò, intervenuto durante la rassegna stampa di Radio Fantastica-RMB – Tra i responsabili alcuni sono appartenenti a Cosa nostra con ruoli di rilievo a Paternò».