Un sistema ingegnoso per sfuggire alle indagini, un giro d'affari da centinaia di migliaia di euro al mese e una vocazione alla violenza che non aveva nulla da invidiare ai metodi mafiosi. Al vertice dell'organizzazione anche l'uomo che faceva contare i soldi della droga alla nipote
Partinico, il nonno che reggeva le redini dello spaccio Tra soldi, punizioni violente e la sfida a Cosa nostra
Un’operazione inizialmente senza nomi, diffusi solo nel pomeriggio, senza i volti degli arrestati, quella che ieri ha portato all’arresto di 26 persone coinvolte in un giro di spaccio che da Partinico allargava le sue radici su molti Comuni limitrofi spingendosi fino al Trapanese. Al momento nessun aggravante mafioso, solo uno tra gli indagati avrebbe avuto precedenti per mafia, ma la potenza e la cattiveria dell’organizzazione non aveva certo nulla a che invidiare ai metodi dei mandamenti, tanto da potere agire indisturbata e prepotente in un territorio in cui la presenza di Cosa nostra è ancora forte e da spingersi fino ad Alcamo e Mazara del Vallo, a un passo dal territorio di Matteo Messina Denaro.
Le indagini sul gruppo che non disdegnava neanche furti e rapine – come nel caso del colpo alla gioielleria Cucchiara di Partinico -, sono partite nel 2019 dopo la denuncia di una mamma in pena per il figlio tossicodipendente, ma hanno avuto una rapida accelerazione dopo una rissa che avrebbe avuto luogo in uno dei Comuni sotto il controllo dell’organizzazione. Pestaggi e metodi coercitivi violenti per recupero crediti erano il biglietto da visita. Chi non pagava finiva «tutto scannato, tutto a pezzi, tutto rotto», come si sente in un’intercettazione riguardo proprio un’azione di recupero crediti. Per questo, e per evitare che le tensioni degli ultimi giorni potessero degenerare, sfociando in qualcosa di più grave, la necessità di porre fine in fretta all’attività dei nuovi boss della cocaina, che non si facevano scrupoli a utilizzare bambini per i loro traffici, come confermato dagli investigatori.
Tra le intercettazioni più inquietanti, estrapolate dalla enorme mole di conversazioni raccolte dalla polizia, c’è quella del nonno trafficante che, orgoglioso, fa contare i soldi di una transazione alla nipotina di nove anni tutt’altro che ignara. «Nonno ieri sera ho visto un film che imbottivano di droga delle persone tipo delle femmine le imbottivano di droga e prendevano l’aereo» diceva la bambina. E proprio il nonno sarebbe stato uno dei due vertici dell’organizzazione. Capi scaltri, che per i piccoli lavori erano in grado di trovare sempre persone diverse, ma disponibili a indossare i panni del pusher, come sempre diversi erano i luoghi dello spaccio. Un sistema che permetteva ai gestori del traffico di vivere con tranquillità le volte – diverse nel corso degli anni – in cui i loro sodali venivano arrestati.