Il celebre astronauta racconta a MeridioNews il suo percorso. Dalla formazione scolastica a quella universitaria fino alle prossime sfide in orbita. «Gli atenei italiani non hanno niente da invidiare a quelli stranieri», spiega. Per questo sui giovani siciliani dice: «Ho fiducia in loro, sono capaci di affrontare le sfide»
Parmitano, il catanese con la testa nella spazio «La mia storia stimolo per chi si mette in gioco»
È stato in orbita per 167 giorni, viaggiando a una velocità di 27mila chilometri all’ora e compiendo ben 2565 orbite terrestri. Numeri che raccontano la storia dell’astronauta catanese della European space agency Luca Parmitano, il primo italiano a effettuare, il 9 luglio 2013, un’attività extraveicolare (Eva), con sei ore e sette minuti di passeggiata spaziale, all’interno della missione denominata Volare. Guida d’eccezione per una sera, insieme al presidente dell’Agenzia spaziale italiana Roberto Battiston, del Viaggio nello spazio, una conversazione sulla scienza promossa dall’accademia Gioenia, in collaborazione con la Scuola superiore dell’Università di Catania, nell’ambito della rassegna di appuntamenti Estate a scuola – Scienza.
L’evento, annunciato nel corso della conferenza stampa di presentazione di Porte aperte Unict, sold out in pochi giorni, ha visto protagonista l’astronauta catanese che, con straordinaria pacatezza, ha ripercorso, attraverso foto e video, le principali tappe della sua missione. «Io non sono una persona speciale – racconta Parmitano a Meridionews – sono una persona normale che ha avuto l’opportunità, partendo dalla Sicilia, attraversando l’Italia e confrontandosi con l’Europa e con il resto del mondo, di realizzare un suo percorso. Nulla di straordinario, anzi spero che la mia storia possa essere uno stimolo per chi ha voglia di mettersi in gioco in ogni campo, dalla scienza alla cultura».
Dopo aver conseguito la maturità al liceo scientifico Statale Galileo Galilei di Catania, nel 1995 Parmitano entra in Aeronautica militare, con il corso Sparviero IV, presso l’Accademia di Pozzuoli, e consegue, nel 1999, la laurea in Scienze politiche all’università Federico II di Napoli. «Io vengo da un percorso scolastico e accademico che è tutto italiano – prosegue Parmitano -. Credo che ancora oggi l’università italiana, e quella siciliana in particolare, non abbiano nulla da invidiare a quelle straniere. I problemi che si possono riscontrare negli atenei italiani si ritrovano in tutto il mondo, per cui sono convinto della bontà e della validità dei nostri docenti e dei nostri studenti. Loro – aggiunge – sono assolutamente all’altezza di affrontare le sfide del presente e del futuro, e di risolvere, a testa alta, le difficoltà che affronteranno. Sono fiducioso perché mi confronto spesso con i ragazzi».
Ottimismo che testimonia anche lo stato di grazia dell’agenzia spaziale italiana, che continua a proporsi sullo scenario internazionale con tre caratteristiche costanti: sistema industriale competitivo, capacità di collaborare e competenze. Un esempio è il recente accordo Asi-Nasa per la missione Ixpe, prevista nel 2020, progettata per individuare le concentrazioni di raggi X emesse da sorgenti cosmiche misteriose, come i buchi neri. Senza dimenticare il lancio del satellite italiano Prisma attraverso il lanciatore Vega, previsto per la metà del 2018, che potrebbe dare un contributo unico all’osservazione da satellite delle risorse naturali e allo studio dei principali processi ambientali e i programmi di ricerca, sviluppo e innovazione nei settori della medicina, dell’osservazione della terra e dell’universo e delle biotecnologie. Obiettivi raggiunti grazie all’impegno della ricerca scientifica italiana, che ha visto anche l’Etna diventare protagonista di un esperimento funzionale all’esplorazione dello spazio.
«Gli esperimenti che facciamo – spiega Parmitano – servono per migliorare i protocolli, con i quali oggi lavoriamo, insieme alle nostre macchine robotiche. Di fatto abbiamo già dei rover su Marte e sulla Luna e, a breve, ne avremo uno tutto europeo: ExoMars, sulla superficie lunare. L’addestramento sulla terra è fondamentale – prosegue l’astronauta – per imparare a utilizzare queste macchine, per cui tutti gli ambienti estremi, da quello vulcanico della nostra Sicilia fino ai deserti, di tante parti del mondo, ci permettono di comprovare la bontà dei nostri protocolli e delle macchine e aprono prospettive molto interessanti per il futuro». Sogni, soddisfazioni e progetti che, nei prossimi anni, terranno lontano dalla propria terra l’astronauta catanese ma che gli permetteranno di tornare in prima linea tra le meraviglie dell’universo. «Al momento sono già impegnato in un grossissimo progetto – conclude Parmitano – che è quello di addestrarmi come equipaggio di backup per una missione che andrà in orbita nel 2018 con la stazione spaziale internazionale, ma spero che, a breve, toccherà a me la conferma di tornare in orbita nel 2019».