Due ordinanze, redatte dal giudice Maurizio Francola, hanno riunito gli appelli presentati da due gruppi di partecipanti al concorso finito nella tempesta dell'inchiesta Aetna. Per la scelta sull'annullamento o meno della prova si dovrà attendere più di altri tre mesi
Parentopoli sull’Etna, tutto rinviato al prossimo ottobre Tar unifica ricorsi delle aspiranti guide contro il Collegio
Tutto rinviato, ancora una volta. Hanno appreso della decisione senza nascondere l’amarezza le decine di partecipanti al concorso macchiato dalla presunta parentopoli. Nessuna dichiarazione ufficiale, ma certo la cinquantina di persone che si è rivolto al Tar di Catania per bloccare l’efficacia della prova finita sotto inchiesta si aspettava esiti diversi. Invece bisognerà attendere ancora, per l’esattezza il prossimo 24 ottobre. Due ordinanze redatte dal giudice Maurizio Francola hanno infatti riunito i due ricorsi pendenti sulla procedura svoltasi a maggio 2018. Si tratta della prova fisica svoltasi sull’Etna, balzata agli onori della cronaca per gli ipotizzati favoritismi ai parenti degli ex vertici del Collegio regionale delle guide alpine e vulcanologiche, l’ente organizzatore del concorso.
Il Tar ha infatti rimesso in ruolo la causa e fissato per ottobre una nuova udienza, riunendo gli appelli «rilevata la sussistenza di una connessione oggettiva ed anche parzialmente soggettiva» fra gli atti. Il primo dei due ricorsi, reclamante l’annullamento della prova, lo avevano presentato 44 degli oltre 90 partecipanti al test di resistenza in quota; il secondo lo firmano altri 5 partecipanti, chiedendo anche l’eventuale reintegro degli esclusi. Ragioni e intenti comuni hanno però spinto i giudici a mettere assieme il tutto, posticipando però di altri tre mesi e poco più una decisione. Ad aspettare i tempi della giustizia sono anche i 19 vincitori del concorso – fra cui i figli dell’ex presidente del Collegio Biagio Ragonese e di due componenti del vecchio direttivo – che intanto si dividono a lavoro tra Etna e Stromboli.
Dopo le polemiche che segnarono il test – unico modo per accedere ai venti posti da guida vulcanologica, la professione che consente di accompagnare turisti ai crateri dei vulcani siciliani – i ricorrenti chiamarono in causa la giustizia penale e quella amministrativa. Lo scorso luglio, dopo gli appelli per delle presunte irregolarità, il Tar aveva definito il primo ricorso «potenzialmente idoneo per l’annullamento» della prova. Poi anche il Cga aveva richiesto una «sollecita fissazione del merito» riguardo il secondo ricorso. Altre due udienze, a gennaio e maggio 2019, si sono però tradotte in ulteriori rinvii.
Nel frattempo, a dicembre 2018 è deflagrata l’inchiesta Aetna della procura di Catania sugli appalti per le escursioni ai crateri e l’impero imprenditoriale di Francesco Russo Morosoli, proprietario della funivia dell’Etna. Una branca dell’ampia indagine sugli affari a sei zeri del turismo in alta quota, investì proprio il Collegio regionale delle guide, oggi presieduto da Cesare Cesa Bianchi dopo le dimissioni di Ragonese e degli altri indagati. Agli atti dell’inchiesta ci sono pagine e pagine di intercettazioni che secondo l’accusa dei pm proverebbero il presunto accordo illecito fra Ragonese e altre guide come Antonio Rizzo e Orazio Distefano, dipendente del parco dell’Etna, che si sarebbero mossi per spianare la strada dell’accesso alla professione ai loro figli. Tra le varie circostanze contestate dalla procura, l’ipotesi secondo cui i padri avessero passato ai congiunti, in anticipo rispetto a tutti gli altri concorrenti, il percorso della prova, testato peraltro anche nelle settimane precedenti al 3 maggio. L’inchiesta si è chiusa ad aprile e si attendono i prossimi sviluppi, con gli interessati che hanno sempre rimandato ai mittenti le contestazioni.