Parentopoli Etna, il Tar rinvia giudizio al 23 maggio Ricorso contro le guide ha «parvenza di fondatezza»

Il ricorso poggerebbe su una «parvenza di fondatezza», ma l’intera vicenda merita un ulteriore approfondimento prima della decisione finale. Che dovrebbe arrivare quando, dai test della discordia diventati poi oggetto di un’inchiesta della procura di Catania, sarà passato più di un anno. La quarta sezione del Tribunale amministrativo di Catania ha fissato per il prossimo 23 maggio, in udienza pubblica, la trattazione di merito del ricorso presentato da più di quaranta aspiranti guide dell’Etna escluse dal concorso culminato nello scandalo parentopoli.

La giustizia amministrativa, dunque, sembra rimanere sulla scia di quell’orientamento già manifestato la scorsa estate. I ricorrenti, messi insieme una serie di elementi, si erano appellati sia al Tar – per bloccare il concorso – che alla giustizia penale. La prima ordinanza, emessa dal giudice Giovanni Iannini e firmata da Maurizio Antonio Francola, aveva poi definito «potenzialmente idoneo a decretare l’annullamento dell’intera procedura concorsuale» quel ricorso sottoscritto dal corposo blocco di partecipanti, rinviando però il giudizio prima a settembre e poi ad altre date, fino ad arrivare a gennaio 2019. Era nel frattempo intervenuto anche il Consiglio di giustizia amministrativa, stavolta però sul ricorso presentato da soltanto cinque esclusi: al Tar – che inizialmente aveva respinto quell’istanza – il Cga aveva chiesto di riesaminare il caso. I magistrati etnei hanno voluto prendersi altro tempo, sottolineando però come «le esigenze dei ricorrenti – si legge nella nuova ordinanza di Iannini e Francola – siano favorevolmente apprezzabili e adeguatamente tutelabili con la sollecita definizione del giudizio di merito». 

Se ne riparlerà, comunque, fra quattro mesi. La querelle era iniziata all’indomani del 3 maggio 2018. Quel giorno sull’Etna si svolsero le selezioni, organizzate dal Collegio regionale delle guide alpine e vulcanologiche, di 19 aspiranti professionisti della montagna. I vincitori dei test fisici, poi seguiti da prove teoriche, hanno avuto accesso a un corso di formazione che, in autunno, li ha portati all’abilitazione. Il gruppo rimpolpa la schiera delle uniche figure abilitate a compiere escursioni sui crateri di Etna e Stromboli, ma il loro futuro resta in bilico. Le selezioni, secondo le accuse dei magistrati deflagrate a novembre, sarebbero state viziate dalle presunte manovre degli ex componenti del direttivo del Collegio Biagio Ragonese, Orazio Distefano e Antonio Rizzo per agevolare i loro figli, poi effettivamente rientrati fra i vincitori dei test. Subito dopo quelle prove numerosi partecipanti esclusi segnalarono anomalie e potenziali irregolarità che finirono all’esame della procura. 

Le intercettazioni degli inquirenti, legate all’inchiesta sugli appalti per le escursioni sull’Etna che ha travolto l’impero di Francesco Russo Morosoli, erano, in realtà, già in corso durante la preparazione dei test. Nero su bianco, così, sono finite le conversazioni di Ragonese e delle altre guide che servirebbero a provare, secondo i magistrati, come quel concorso sia stato taroccato. Il direttivo, pochi giorni fa, si è dimesso in blocco: toccherà ai nuovi vertici del Collegio confrontarsi con le decisioni di giustizia penale e amministrativa. 


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