I volontari di Arbor, unione per gli invisibili hanno fatto il solito loro giro. Questa volta, hanno portato ai senza fissa dimora pure dei doni di Natale. «La soddisfazione più grande è avere aiutato un uomo, dopo 18 anni per strada, ad avere una casa». Guarda le foto
Panettoni, cioccolata, sciarpe e cappelli per i senzatetto «I clochard nuovi li riconosci: hanno speranza e sconforto»
Uno zainetto con dentro cioccolata, sciarpe e cappelli di lana impacchettati con carta da regalo natalizia, un panettone e l’immancabile mascherina. È il dono che i volontari di Arbor, unione per gli invisibili hanno voluto fare ai senzatetto di Catania. «Ne abbiamo distribuiti circa una quarantina in giro per la città – racconta a MeridioNews Anna Puci, una delle volontarie – alle persone, sempre di più, che vivono per strada. Un insolito clima festoso che ha coinvolto anche i più restii». L’associazione di volontariato della Cgil, già durante la prima fase di lockdown ha dato vita a questa iniziativa di solidarietà per il supporto alle persone senza fissa dimora del capoluogo etneo. «Ogni martedì – spiega Dario Gulisano, uno dei promotori – distribuiamo panini e acqua e, da quando è arrivato l’inverno, anche indumenti pesanti e coperte».
Da corso Sicilia a piazza Verga, da Vulcania al Lungomare, passando anche per la zona del Tondo Gioeni, di palazzo Corbino e piazza Falcone. «Il cibo e le coperte che distribuiamo sono solo uno strumento di aggancio per entrare in contatto con i clochard e instaurare con loro un rapporto di fiducia che ci permetta di cogliere le loro necessità e di aiutarli a cambiare vita. L’obiettivo prioritario – spiega Gulisano – è non tanto assicurare cibo e coperte, ma soprattutto prestare assistenza concreta per un completo accesso al welfare e ai servizi pubblici disponibili per chi non ha un reddito di base». L’emergenza abitativa, già grave in città, è stata peggiorata dalla pandemia dovuta al nuovo coronavirus. «A dispetto delle luci natalizie che in questi giorni di festività natalizie abbelliscono le strade, in zone sia centrali che periferiche il disagio è concreto e il numero dei senzatetto aumenta».
Uomini e donne, italiani e stranieri, giovani e anziani. Marciapiede, portici, piazzali e panchine ospitano alloggi di fortuna – quelli che, qualche tempo fa, l’assessore alla Sicurezza Fabio Cantarella aveva definito «villette di cartone» – per una cinquantina di persone rimaste senza casa. «Durante il nostro giro per consegnare gli zainetti – racconta Puci – abbiamo notato che ci sono diversi nuovi senzatetto». Addirittura una signora di San Giovanni La Punta per cui, quella appena trascorsa in piazza della Repubblica, era la prima notte fuori casa. O un uomo di origine marocchina sui cinquant’anni – di cui quasi trenta vissuti in Italia – che da un mese vive in piazza Verga dopo essere stato sfrattato. «Per anni ha lavorato come badante, giardiniere e ha fatto anche le pulizie in case private e uffici – raccontano i volontari – Ci ha raccontato di avere perso il lavoro e di essere stato sfrattato, nonostante il blocco, perché non riusciva più a pagare l’affitto al proprietario di casa».
«Quelli che non sono abituati a vivere per strada li riconosci subito – dice Puci – hanno, da una parte, la speranza di essere in grado di uscire il prima possibile da quella situazione e, dall’altra, anche uno sconforto più profondo per le condizioni nuove che si trovano ad affrontare». Volenti o nolenti, insomma, poi ci si abitua anche alla vita per strada che «in molti casi si dilunga anche a causa delle difficoltà che riscontrano nel dovere affrontare le pratiche burocratiche – analizza Gulisano – Sono diverse, infatti, le persone che stiamo sostenendo dal punto di vista pratico per presentare le richieste per il reddito di cittadinanza o anche per la pensione. La nostra soddisfazione più grande – conclude – riguarda la storia di un uomo che, dopo 18 anni vissuti per strada, avendo ottenuto un sostegno economico che non aveva idea gli spettasse, è riuscito finalmente ad affittare una casa a Catania dove è già andato ad abitare». Una fortuna per pochi. Molti invece restano ancora senza un tetto sopra la testa.