IN UN INTERVENTO AL SENATO LA PARLAMENTARE PROPONE LA RIVISITAZIONE DELLAGENZIA DEI BENI SEQUESTRATI E CONFISCATI ALLA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA, L’ISTITUZIONE DI UN FONDO DI ROTAZIONE E CREAZIONE DI UN ALBO DEI BENI CONFISCATI E CRITERI MANAGERIALI NELLA GESTIONE DELLE AZIENDE
Tiene banco al Senato la riforma del sistema di gestione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. Gli innumerevoli fallimenti delle aziende confiscate pongono una serie di questioni che vanno risolte al più presto: procedure farraginose, assenza di criteri manageriali nella gestione e strumenti necessari a rendere produttive le attività.
Intervenendo ieri sullargomento in Aula, a Palazzo Madama, la senatrice Pamela Orrù ha chiamato in causa la relazione approvata dalla Commissione Antimafia lo scorso 9 aprile. Il documento rimanda alla necessità di procedere ad un restyling dellimpianto normativo dellAgenzia nazionale dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata.
Nella sua relazione la parlamentare del PD si è soffermata sul problema dei fallimenti delle aziende confiscate, sottolineando la necessità di accelerare sulla riforma dellAgenzia nazionale dotandola di professionalità con competenze economiche e gestionali, evidenziando “la necessità che tali aziende siano messe in condizioni di confrontarsi con il mercato e che vengano forniti alle stesse gli strumenti per poter diventare produttive al pari di qualunque altra azienda economica sana, capace di creare lavoro e sviluppo.
Perché ciò avvenga – ha affermato la Orrù – è necessario che le aziende confiscate godano di adeguata pubblicità legale e commerciale al fine di poter essere visibili a quelle realtà intenzionate a rilevarle ed in grado di reimmetterle nel tessuto produttivo e, a tal scopo, potrebbe essere funzionale istituire un albo dei beni confiscati puntualmente aggiornato”.
Per far sì che tali aziende diventino effettivamente produttive – ha aggiunto la senatrice pidiessina – è necessario che queste agiscano e siano gestite con reali criteri manageriali. È necessario che lamministratore giudiziario di unazienda confiscata operi come un vero e proprio manager di una grande azienda con incarico monomandatario con precise competenze tecniche e gestionali.
La parlamentare, dopo avere ricordato come nel 2012 solo la Sicilia deteneva il 37 per cento delle imprese sottratte alla criminalità su tutto il territorio nazionale (561 su 1.516), ha quindi citato due casi relativi alla provincia di Trapani: da un lato quello della Calcestruzzi Ericina Libera quale esempio virtuoso, dallaltro quello del gruppo 6 Gdo per il quale di recente è stato dichiarato il fallimento dal Tribunale di Marsala ritenendo inammissibile laccordo proposto dallAgenzia nazionale, che prevedeva la cessione del ramo di azienda relativo ai punti vendita ad una società. Laccordo avrebbe consentito la ricollocazione della quasi totalità dei circa 400 lavoratori dei punti vendita direttamente e indirettamente collegati allazienda castelvetranese della grande distribuzione con lavvio immediato dellattività.
Il Gruppo 6Gdo di Castelvetrano, che opera nel settore della distribuzione alimentare con circa 400 lavoratori, compreso lindotto e diversi supermercati presenti nelle province di Trapani ed Agrigento, è stato sequestrato al boss Matteo Messina Denaro. Ma dopo sette anni di gestione commissariale e una mancata vendita a privati p arrivato nei giorni scorsi la dichiarazione di fallimento del Tribunale di Marsala.
Davanti a casi emblematici come questo – ha sottolineato la senatrice Orrù – è necessario accelerare quel processo di riforma dell’Istituto dell’Agenzia in quanto non è ammissibile che il prezzo della crisi economica che ha generato disperazione e perdita di lavoro ovunque, sia comunque pagato doppiamente dai lavoratori. Non possiamo permettere che passi il messaggio che un’azienda venga chiusa per fallimento e si perda occupazione quando, sottratta alla mafia, passa tra i beni confiscati gestiti dall’agenzia preposta.
Bisogna inoltre ricordare – ha ricordato la parlamentare – che spesso, la situazione di aziende confiscate è aggravata dal fatto che la proprietà degli immobili è riconducibile a più soggetti e molte volte quota parte di tali immobili è sottoposta a confisca e quota parte è posta sotto sequestro. Al di là del difficile intreccio delle discipline che regolano i due istituti giuridici, vi è anche un aggravio in termini di danno indotto per le altre aziende eventualmente presenti nello stesso immobile poiché laddove viene ad essere confiscata lazienda che deteneva lattività primaria, le altre subiscono inevitabilmente un calo economico in termini di affluenza della clientela.
Auspico che il Gruppo 6GDO – ha concluso la senatrice Orrù – non sia una di quelle aziende che contribuisca ad incrementare la percentuale delle realtà confiscate che falliscono e che invece ci siano ancora i margini affinchè il Gruppo possa diventare caso di specie che confuta il dato che 9 aziende su 10 di quelle confiscate non hanno la possibilità di reimmettersi virtuosamente sul mercato, sgombrando così definitivamente il campo dall’idea – pericolosissima – che la criminalità organizzata sia in grado di offrire posti di lavoro mentre lo Stato fatica a tutelare questo diritto.
Durante la discussione sulla risoluzione, votata allunanimità dal Senato, la senatrice Orrù ha poi ricordato la previsione relativa alla creazione di un fondo di rotazione alimentato con parte delle somme ora destinate al Fondo Unico Giustizia per rendere fruibili gli immobili e per favorire i lavoratori delle aziende sequestrate.
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