Pallavolo: Ina Baldi, una vita da prof-allenatrice «Servono imprenditori che credono nello sport»

«Siedo in panchina da più di 40 anni: ho giocato fino ai 35, dopodiché mi sono dedicata esclusivamente ad allenare, ancor prima che si formasse la mia squadra». Esordisce così Ina Baldi, professoressa di Educazione fisica adesso in pensione e vera e propria memoria storica della pallavolo catanese: una vita dedicata alla formazione e preparazione di giovani leve, con la volontà di educarle in primis ai sani valori sportivi per poi farle diventare atlete di livello. Allenatrice della Teams volley Catania, società di pallavolo femminile che è anche scuola federale, Ina Baldi riavvolge il nastro dei ricordi, facendo anche un confronto tra il volley degli anni ’70-’80 e quello odierno. 

«Quand’ero piccola ho avuto come allenatore Carmelo Pittera (allenatore della nazionale azzurra maschile dal 1978 al 1986, ndr), che ho attentamente studiato nella sua attività di base e nelle modalità con cui seguiva l’evoluzione dei giovani: essendo insegnante, poi, l’attività pallavolistica era una vera e propria appendice del mio lavoro». Con la fondazione della Teams volley, prosegue Baldi, «ho perseguito la priorità di costruire atlete per farle poi giocare nella mia società, cercando così di essere autonoma in tutto e per tutto. Sono molte le ragazze che hanno fatto strada, da Graziella Lo Re a Tatiana Lombardo, passando per Lucia Oliva».

Non tutto, rispetto a 30-40 anni fa, è cambiato in meglio: «Quando ho cominciato ad allenare non c’erano tutte queste società sportive. A scuola, però, si faceva molta più pallavolo di adesso: gli insegnanti di educazione fisica allora avevano una diversa formazione culturale e scientifica dello sport. Al giorno d’oggi – precisa Ina Baldi – molti professori non fanno neanche provare la pallavolo agli alunni: i ragazzini, così facendo, non la amano e non la conoscono. A mancare, forse, è lo spirito che una volta ci animava: l’insegnante odierno esce dagli studi con una cultura da fisioterapista o da manager sportivo, nei nuovi corsi di laurea si fa meno sport rispetto a com’era concepito precedentemente l’Isef». 

La prima squadra della Teams volley Catania si appresta a cominciare, giorno 28 ottobre, il campionato femminile di Serie C (girone C): una sfida con tanti punti interrogativi e, per questo, ancora più affascinante. «Domenica giocheremo un torneo a Siracusa, questa sarà la possibilità di studiare le nostre rivali siracusane e ragusane. Siamo una squadra nuova con tanti inserimenti, di conseguenza al momento non possiamo essere al meglio delle nostre possibilità. Penso sempre positivo, mi aspetto molto: siamo ancora al 50 per cento, dati i cambiamenti che ci sono stati. Meglio non fissare obiettivi, al momento: volo sempre basso per una questione di scaramanzia e realismo». 

Alla domanda su come veda il futuro della pallavolo catanese, Ina Baldi si lascia andare a un vero e proprio appello: «Sono contenta che il Volley Catania sia in Serie A2. Io e mio marito ci siamo abbonati: questo movimento va sostenuto, bisogna andare al PalaCatania per dare tutti quanti il nostro piccolo contributo». La pallavolo femminile? «Servono più investimenti: ci vogliono soldi e soprattutto investitori che credono nello sport, come modello per le generazioni più giovani e anche come mezzo per incentivare la propria immagine. La pallavolo in rosa avrebbe di sicuro molti seguaci, ma senza risorse è dura: come Teams volley abbiamo risorse limitate, non possiamo spingerci più in là della Serie C. Servirebbe un pool di imprenditori illuminati, che si facessero carico anche moralmente di dare una chance in più ai tanti giovani di questa città, regalando loro attimi di frizzante allegria. Un investimento del genere sarebbe il traino ideale per far crescere un grande vivaio».


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