Il 12 e il 13 novembre si terrà in città la conferenza internazionale che mira alla stabilizzazione del Paese nordafricano. Una rete di associazioni, centri sociali, comitati e partiti si oppone con una serie di iniziative. «Sono in gioco i diritti di tutti, non solo dei migranti»
Palermo si mobilita contro il vertice sulla Libia a Villa Igiea «Viene a discutere di pace chi ha provocato l’attuale crisi»
«I capi di Stato che verranno a parlare di pace in Libia il 12 e il 13 novembre a Palermo sono gli stessi che hanno creato l’attuale crisi in Nordafrica. E ancora più dannoso è il ruolo dell’Italia, che vuole semplicemente riprendersi quel ruolo di predominio in Libia che le è stato ultimamente sottratto dalla Francia». Le parole di Annalisa Laudicella, studentessa di Scienze Politiche all’Università di Palermo e componente del collettivo che si batte per il miglioramento dei servizi presso la sede di via Maqueda, sintetizzano in questo modo la settimana di mobilitazione che la rete palermitana di associazioni, centri sociali, comitati e partiti sta ultimando di definire in queste ore. A far allestire quello che, a detta degli stessi organizzatori, è un calendario eterogeneo e fittissimo di iniziative (che non si incrociano) è la conferenza internazionale sulla Libia, in programma a Villa Igiea il 12 e i 13 novembre.
Il dichiarato obiettivo di stabilizzazione politica del Paese nordafricano viene in ogni caso già respinto da una parte di città. Con una serie di iniziative che partiranno oggi e si snoderanno lungo tutta la settimana. A partire saranno gli studenti. Si comincia giovedì, all’interno di viale delle Scienze, con un’assemblea studentesca alle 17, all’interno dell’aula seminari dell’edificio 12 «contro le politiche guerrafondaie, contro le speculazioni sui poveri e la discriminazione razziale promossa dai potenti». Si prosegue venerdì pomeriggio, alle 15, con un seminario di approfondimento sulla Libia nell’aula 1 dell’edificio 19 di viale delle Scienze. A tenere le fila del discorso saranno i professori Giorgio Scichilone (docente di Storia del Costituzionalismo Europeo) e Rosario Fiore (docente di Diritto Internazionale). «Discorsi del genere non entrano spesso all’università – osserva ancora Laudicella -, invece noi pensiamo che su temi così attuali e importanti sia giusto coinvolgere gli studenti». Si prosegue
Venerdì invece al circolo Arci Porco Rosso alle 17 si terrà un seminario sul decreto Salvini, vale a dire il provvedimento fortemente voluto dal ministro dell’Interno che riformula in maniera importante la giurisdizione sui fenomeni migratori: dalla stretta sulla protezione umanitaria all’esclusione dei richiedenti asilo dall’accoglienza nei centri Sprar, fino ad arrivare all’estensione del periodo di permanenza massima nei centri per il rimpatrio. Sabato mattina, sempre all’Arci Porco Rosso, è invece il turno dell’iniziativa Palermo città aperta che vedrà raccontare, come fa intendere già il titolo, l’anomalia del capoluogo siciliano (o almeno di una parte di esso) rispetto alla crescente intolleranza imperante nei confronti di chiunque sia diverso, che sia un migrante, un omosessuale o un povero.
Domenica e martedì – a piazza Santa Chiara e all’ex chiesa dei Crociferi – spazio invece a Interferenze sulla Libia. «Un controvertice», come si legge nella descrizione dell’evento, che sarà «un’occasione per (contro)informarsi sulla situazione nordafricana, per confrontarsi con chi quel Paese lo conosce bene e con chi ha lavorato nell’ambito della salvaguardia dei diritti umani dei migranti che transitano dalla Libia per raggiungere le coste d’Europa». Il programma, ancora in corso di definizione, è organizzato dal Forum Antirazzista di Palermo. «Vogliamo dare un’informazione corretta e diretta su quel che accade in Libia – aggiunge Fausta Ferruzza -, al contrario di quel che avverrà nei giorni del vertice. Sono in gioco i diritti di tutti, non solo dei migranti. E l’incontro tra i potenti della terra si gioca sulla pelle di ciascuno di noi». Domenica 11, inoltre alla Casa del Popolo in via d’Ossuna alle 17 e 30 il partito comunista incontra Petros Kipouropoulos, militante del partito comunista di Grecia, insieme a un membro del fronte di liberazione del popolo dello Sri Lanka e ad Alberto Lombardo.
La settimana di incontri si conclude con i due appuntamenti più attesi: domenica sera la street parade che partirà da piazza della Rivoluzione e lunedì il corteo che percorrerà le vie del centro storico, con partenza alle ore 17 da piazza Marina. Insomma: le manifestazioni di dissenso potrebbero mettere in ombra il vertice sulla Libia, sul quale in ogni caso si addensano comunque parecchie nubi. Nonostante sia una conferenza sulla quale punta molto il governo Lega-5stelle, con il premier Giuseppe Conte personalmente impegnato in questi giorni a tessere relazioni con i Paesi confinanti (si pensi alla conferenza stampa congiunta del 3 novembre scorso con il collega tunisino Youssef Chahed) e a sotterrare momentaneamente potenziali tensioni (con la Francia, ad esempio). Nonché a rinnovare le tradizionali alleanze: da una parte l’Italia tenta un nuovo rapporto con la Germania e la cancelliera Angela Merkel (ormai a fine mandato e con la dichiarata volontà di non ricandidarsi), e dall’altra (soprattutto) punta a ribadire la vicinanza pentastellata e leghista alla Russia di Vladimir Putin.
Un summit che però si annuncia monco: secondo il Lybian Address Journal il generale Khalifa Haftar, uomo forte del governo di Tobruk, avrebbe scelto di disertare la conferenza palermitana. Nei giorni scorsi, ricorda il sito, alcune fonti diplomatiche avevano detto che il generale non avrebbe partecipato alla conferenza «a causa della mancanza di chiarezza sugli obiettivi e della mancanza di un’agenda specifica, oltre al fatto che non si conoscono le personalità che sono state invitate». E con la sua assenza salterebbero quasi certamente anche le presenze di Trump e Putin.
In ogni caso resta un vertice che inciderà sulla vita dei palermitani, almeno per i prossimi giorni. Da lunedì le forze dell’ordine stanno setacciando tutta la zona attorno al grand hotel: quindi il porticciolo dell’Acquasanta e le relative imbarcazioni, con un probabile divieto di sosta e di avvicinamento alla costa. Saranno poi previste zone rimozioni nelle strade limitrofe e chiusure al traffico. Le riunioni in prefettura del comitato provinciale dell’ordine e della sicurezza pubblica hanno stabilito la chiusura di cinque scuole ricadenti nell’area circostante a Villa Igiea (l’istituto comprensivo statale Arenella e i relativi plessi Di Bartolo, Luigi Rizzo, Rampolla e Sileno). Sarà inoltre certamente militarizzato il tragitto dall’aeroporto di Punta Raisi a Villa Igiea, ed è probabile che ciò avvenga anche per alcune parti del centro storico. Se sembra difficile garantire ampie zone rosse (visto che il vertice si tiene di lunedì e martedì), certamente ci si deve attendere maggiori controlli. Ma non è il solo aspetto che dà da pensare.
«Il conflitto nell’ex colonia italiana si inserisce in un più vasto panorama di guerra permanente, penso ad esempio alla Siria – dice Antonio Rampolla del movimento No Muos – E in particolare i dispositivi militari in Sicilia, specie il Muos di Niscemi, hanno la funzione di controllare il Nordafrica e il Medioriente, così come i flussi migratori che da quelle terre vengono. Inoltre appuntamenti del genere, dettati in ogni caso da interessi economici e sospinti unicamente dalla propaganda di ciascun Paese, comportano sempre una militarizzazione del territorio. Per tutto questi motivi noi siamo contrari al vertice».
Oltre a un possibile flop della conferenza – che ricorderebbe gli scarsi risultati raggiunti dal G7 a Taormina del maggio 2017 – rimangono incerti anche i retroscena. Palermo ha infatti certamente una posizione strategica per quel che riguarda qualunque confronto internazionale sull’Africa, eppure non sono in pochi a pensare che la volontà nazionale di insistere sul capoluogo siciliano possa essere legata al ruolo di capitale dell’accoglienza che la narrazione di Orlando e di parte della città continua a portare avanti, in aperta contrapposizione con il governo gialloverde. Ne sarebbe prova, in tal senso, il silenzio da parte del Comune: fino a questo momento nessuno della giunta Orlando ha infatti proferito parola sulla due giorni.