Preoccupano i dati diffusi dall'organizzazione internazionale Save the children: il 13 per cento del totale dei migranti giunti alla frontiera Sud del nostro Paese. Ma i rischi generati dalla mancanza di un sistema di redistribuzione condiviso tra i paesi europei, hanno alimentato lo sfruttamento e la clandestinità
Palermo, oltre 600 minori stranieri non accompagnati Quindici famiglie avviano il percorso di affidamento
«Con i grandi numeri e sull’onda dell’emergenza non si lavora bene, occorre maggiore professionalità nelle strutture di prima e seconda accoglienza dei migranti». È l’appello accorato partito da Palermo dagli operatori che in prima linea si trovano ad affrontare il tema dell’integrazione dei minori stranieri non accompagnati. Al momento sono più di 600 i giovani stranieri presenti nel capoluogo siciliano, solo 121 quelli arrivati in città con l’ultimo sbarco a bordo della nave Aquarius di Sos Mediterranee. Una cifra corretta al ribasso dal Comune dopo le stime iniziali per una serie di criticità inevitabili quando i numeri degli arrivi sono cosi consistenti, come emerso anche dall’incontro sulla legge Zampa sui minori stranieri non accompagnati promosso dal Centro Astalli Palermo e Trento in collaborazione, tra gli altri, con l’Istituto Arrupe e l’Osservatorio Migrazioni all’archivio storico di Palermo.
Al centro dell’iniziativa le vulnerabilità e le potenzialità delle modalità di accoglienza e delle misure esistenti. «Occorre garantire mediatori linguistico culturali a tutti i migranti fin dal momento dello sbarco e, soprattutto, nei centri di prima accoglienza, spesso caratterizzati invece da scarsa professionalità. Servirebbe poi una legge regionale sull’immigrazione, un potenziamento degli Spraar, e un monitoraggio dei centri di accoglienza affidato a soggetti esterni e non a chi magari ha una convenzione con l’ente gestore. Purtroppo un sistema basato sull’emergenza comporta un abbassamento degli standard minimi di accoglienza». Sono alcune delle soluzioni prospettate dal giurista Fulvio Vassallo Paleologo.
«Palermo è una delle località dove si sta operando al meglio – prosegue il giurista – per la sinergia che c’è tra operatori sanitari, legali, prefettura, Comune, questura. Ma ci sono altri luoghi della Sicilia, come Lampedusa, Augusta, Pozzallo, dove la situazione di promiscuità che si crea mette a rischio il minore. Inoltre, l’accertamento dell’età dovrebbe essere fatto nel superiore interesse del minore, applicando l’approccio multidisciplinare previsto dalla legge: ma spesso si attribuisce un’età standard, corrispondente al 1 gennaio di un certo anno. Ci sono minori che subiscono 4-5 volte le radiografie al polso, peraltro senza dare il consenso o essere informati. La legge prevede un approccio totalmente diverso». Difficile poi procedere ai controlli quando, in caso di arrivi consistenti, si ricorre ai Cas (centri di accoglienza straordinaria) che ospitano i migranti in attesa del completamento dell’iter di richiesta di protezione internazionale. «I controlli spesso si fanno sulla base di meri accertamenti contabili – spiega Vassallo – manca il personale sufficiente e quando ci sono le denunce si arriva a volte alla chiusura di strutture poco confacenti, come successo a Giarre».
Secondo la nuova legge Zampa nei Cas i minori potranno restare non oltre i due mesi, «Ma questo di fatto non avviene ancora – aggiunge il giurista – purtroppo non si è ampliata la rete degli Spraar perché molti sindaci, anche quelli che si erano offerti, si sono defilati per motivi politici. Le campagne di odio contro gli stranieri hanno portato a questo». Secondo i dati diffusi dall’organizzazione internazionale Save the children nel 2017 in Italia sono arrivati via mare 14.070 minori non accompagnati, il 13 per cento del totale dei migranti giunti alla frontiera Sud del nostro Paese. Ma i rischi generati dalla mancanza di un sistema di redistribuzione condiviso tra i paesi europei, hanno alimentato lo sfruttamento e la clandestinità dei minori che, nella maggioranza dei casi, si sono resi irreperibili al sistema di accoglienza formale, riaffidandosi nelle mani di trafficanti e sfruttatori per cercare di attraversare il confine nord del nostro Paese.
«Per poter stare bene in un posto servono relazioni significative come l’affido familiare, ma per chi non si sente pronto c’è anche la possibilità di proporsi come famiglia di appoggio, Palermo si sta rivelando molto generosa – ha detto all’incontro promosso dal centro Astalli Laura Purpura, assistente sociale coordinatrice dell’unità affido del Comune – al momento a Palermo sono una quindicina le famiglie affidatarie di minori stranieri non accompagnati, ma il percorso di affido è più idoneo per un bimbo piccolo. Bisogna tenere presente che la maggior parte dei minori arrivati ha dai 13 ai 17 anni, potrebbero non essere interessati, l’ideale sarebbe inserirli in comunità alloggio o gruppi appartamento dove sono maggiormente orientati all’autonomia e alla responsabilità».
«Purtroppo la nostra è una società che si commuove ma che non riesce a maturare questa emozione – dice Alfonso Cinquemani, presidente centro Astalli Palermo – bisogna lavorare alla qualità dell’accoglienza per non trasformare queste comunità in posteggi. Questi giovani sono figli di Palermo. La professionalità degli operatori è necessaria, il nostro è uno Spraar per adulti ma abbiamo coppie con figli piccoli che hanno problemi sanitari e abbiamo ricevuto un giovane che in un altro paese formalmente frequentava la scuola, ma di fatto non ci andava perché il centro di accoglienza non aveva mezzi di trasporto».