Un primo passo verso il ripristino del palazzetto di Fondo Patti, da anni preda di vandali e vittima di incuria e abbandono. La prima tranche del piano di ripristino costerà tre milioni. Poi la palla passerà al Coni con un secondo progetto per il rifacimento dell'interno dell'impianto
Palasport, al via lavori di recupero della struttura Si inizia con la copertura: «Serviranno sei mesi»
La rinascita del Palasport di Palermo non è più una chimera: sono stati inaugurati oggi – anche se gli operai sono già all’opera da qualche giorno – i lavori di rifacimento della copertura dell’impianto di Fondo Patti. Al taglio del nastro hanno partecipato il sindaco Leoluca Orlando, il suo vice Emilio Arcuri, l’assessore a Urbanistica e Sport Giuseppe Gini e il presidente del Coni Sicilia Sergio D’Antoni. La speranza è di rimetterlo completamente a nuovo entro la fine del 2018. E chissà che un giorno il palazzetto non possa rivivere i fasti di un tempo, quando l’Iveco e la Rio Casamia militavano nella serie A di pallavolo e si facevano valere anche sui palcoscenici europei: sul parquet di Fondo Patti sono passati campioni e campionesse del calibro di Luca Cantagalli, Osvaldo Hernandez, Hristo Zlatanov, Carolina Costagrande e il compianto Vigor Bovolenta. Non solo: dovrebbe tornare a ospitare anche concerti e manifestazioni per una capienza di 3.658 spettatori.
Il presente però parla di un impianto che per anni è stato un simbolo del più vergognoso degli sprechi: un danno al soffitto di poche migliaia di euro che si è trasformato in una voragine di incuria, abbandono, furti, danneggiamenti e perfino un incendio doloso. Ora la svolta attesa un decennio. I lavori sono stati affidati ad una ditta di Bagheria, la Tecnoart di Giovanni Di Salvo. «Per fortuna ora le norme sono cambiate – spiegano il Rup Francesco La Cerva, l’ingegnere Giuseppe Letizia e il direttore dei lavori, l’architetto Bruno Cirrito -. Nel progetto originario degli anni Novanta non era previsto neppure un piano di manutenzione dell’opera, che adesso invece è obbligatorio e deve essere rispettato. I controlli si faranno due volte l’anno, nei primi dodici mesi se ne occuperà la ditta».
La Tecnoart fa parte dell’associazione antiracket LiberoFuturo. Nel cantiere fa bella mostra di sè un grande cartello del Patto degli edili antiracket con la scritta «Qui si costruisce un futuro libero». «Servirà a tenere lontani eventuali estorsori», spiegano dall’associazione. «Il nostro movimento, l’amministrazione comunale e le forze dell’ordine – dice Enrico Colajanni presidente di LiberoFuturo – saranno a fianco dell’impresa antiracket al fine di garantirle la massima sicurezza. Se tutte le imprese edili e i commercianti della città aderissero al Consumo critico, che equivale a fare una denuncia preventiva, agli estorsori mafiosi non resterebbe altro da fare che cambiare mestiere».
«L’intervento durerà 180 giorni e i tempi saranno rispettati – assicurano La Cerva, Letizia e Cirrito -. I danni non li scopriamo certo oggi, la situazione era ben nota anche prima. Partiremo dalla messa in sicurezza dell’interno, poi smantelleremo la pavimentazione che ormai è irrecuperabile, smonteremo gli elementi pericolanti del soffitto e solo alla fine toccherà al rifacimento del tetto. Come primo passo faremo anche una serie di controlli sulle tensioni statiche e sulle strutture rimaste. Com’è stato possibile arrivare a questo punto? Bella domanda…».
Il recupero del palazzetto avverrà in due fasi. La ditta bagherese ha il compito di rifare, entro settembre, il tetto e la vasca esterna e di mettere in sicurezza l’edificio: costo dell’operazione tre milioni di euro, finanziati dal Comune tramite mutuo. Poi la palla passerà al Coni con un secondo progetto («Ci metteremo subito all’opera per poter partire subito dopo la fine dei lavori al tetto», promette D’Antoni) per il rifacimento dell’interno dell’impianto: costo otto milioni, tre ancora dal Comune tramite il Cipe e altri 5 dal bando per lo sport e le periferie del governo Renzi. Sarà effettuata inoltre la manutenzione del verde esterno: l’obiettivo a lungo termine è realizzare una vera e propria cittadella dello sport trasformando il Diamante del baseball (altro inno all’incuria) in un impianto polivalente che possa ospitare anche il rugby e il calcio a 5 e costruendo in futuro anche una piscina e un pattinodromo.
«Un capoluogo deve avere queste infrastrutture imprescindibili – sottolinea D’Antoni -, questa cittadella diventerà un polmone della città. E con gli impianti arriveranno anche le grandi squadre, com’era un tempo» Per la gestione, Orlando spiega che «attualmente se ne occupa il Comune ma quando tutti gli impianti saranno a regime ne discuteremo col Coni. Siamo contenti che dopo il PalaMangano e il PalaOreto parta il recupero del palasport. Attendiamo che venga comunicato da parte del Ministero dei Beni culturali un progetto di idee perché questo spazio dovrà diventare un vero e proprio parco sportivo e multifunzionale».