Dopo Bagheria, Niscemi e Palermo, anche il comune a sud della Piana di Catania si aggiunge alla lista delle città che riconoscono forme di convivenza diverse dalla famiglia tradizionale. L'iscrizione nel registro potrà essere richiesta da due persone anche dello stesso sesso, legate tra loro da vincoli affettivi, residenti da almeno un anno a Palagonia. «La nostra speranza è che si provveda in tempi rapidi alla proposta di una seria e concreta legge in parlamento», commenta il sindaco Valerio Marletta
Palagonia, approvate le unioni civili Il sindaco: «Garantire dignità a tutti»
«Non bisogna avere paura delle diversità, anzi bisogna garantire dignità a tutte le scelte di vita». Con queste parole il sindaco di Palagonia Valerio Marletta commenta l’approvazione della delibera che istituisce il registro amministrativo delle unioni civili. Dopo Bagheria, Palermo e Niscemi, il paesino etneo si aggiunge così ai circa 140 comuni in cui sono ufficialmente riconosciute coppie non unite dal vincolo del matrimonio, ma da legami affettivi ed economici.
«È compito delle istituzioni garantire alle persone diritti civili e sociali senza discriminazioni di sorta. Il ricoscimento di forme di convivenza, come le unioni civili o unioni di fatto, diverse dalla famiglia non vanno a modificare l’istituto del matrimonio», dichiara il consigliere Francesco Di Blasi, che ha presentato la proposta in aula e ricevuto il voto favorevole dei consiglieri del gruppo Palagonia Bene Comune e dei consiglieri Raffaele Malgioglio e Marco Leonardo.
L’iscrizione nel registro potrà essere richiesta da due persone anche dello stesso sesso, non legate tra loro da vincoli di matrimoni, parentela, adozione, ma da vincoli affettivi, residenti anagraficamente da almeno un anno a Palagonia. «Dopo Napoli, Milano, Palermo, anche il nostro Comune fa un passo importante per il riconoscimento dei diritti di tutte e tutti», afferma il sindaco Marletta. Il primo cittadino spera che «si provveda in tempi rapidi alla proposta di una seria e concreta legge in Parlamento», considerato che «lo Stato italiano è tra i pochi Paesi europei che non riconosce i diritti civili e sociali anche alle persone che decidono percorsi di vita differenti dal matrimonio», fa notare.
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