Palacannizzaro, migranti siriani in protesta La Rete antirazzista: «Detenzione illegale»

Dopo le tensioni di ieri mattina, è tornata la calma al Palacannizzaro dove, da mercoledì notte, sono stati sistemati provvisoriamente un centinaio di profughi siriani, sbarcati al porto di Catania dopo essere stati intercettati nel canale di Sicilia insieme a circa altri 900 migranti. «Oggi la situazione sembra calma – racconta Alfonso Di Stefano della Rete antirazzista catanese, sul posto per monitorare la situazione – C’è meno polizia e non ci sono gli antisommossa». E’ stato proprio il gruppo a sostegno dei migranti che ieri, con una nota diffusa agli organi di stampa, aveva denunciato la presenza di «alcune decine di agenti antisommossa, più carabinieri, guardia di finanza, polizia provinciale, oltre a due autobus dell’Amt per trasferire i migranti altrove», forse «nell’accogliente Cara di Mineo», ipotizza ironizzando il comitato. Una «vergognosa violazione dei diritti umani e del diritto d’asilo», secondo la Rete antirazzista, originata probabilmente dal rifiuto dei profughi – che da sette giorni sono rinchiusi all’interno della struttura sportiva – di sottoporsi alle procedure di identificazione.

I migranti siriani che arrivano sulle coste siciliane, infatti, «sempre più di frequente rifiutano di essere identificati – spiega la Rete nella nota – perché non vogliono iniziare la procedura d’asilo in Italia e rivendicano la possibilità (prevista dal Regolamento Dublino III , che entrerà in vigore l’1 gennaio 2014) di chiedere il ricongiungimento familiare con i parenti che risiedono in altri paesi europei». Da qui le proteste, tra cui uno sciopero della fame, cominciato venerdì da una settantina di migranti e interrotto domenica. Ma adesso le tensioni sembrano essersi placate. «In articolo uscito oggi su La Sicilia si ipotizza che l’operazione di ieri mattina sia stata una specie di minaccia per ammorbidire le mamme che non vogliono farsi identificare che, per opporsi, pare si fossero stese a terra a formare un tappeto umano», spiega Di Stefano.

Un «atto di forza» – come lo definisce il membro della Rete antirazzista – che avrebbe sortito gli effetti sperati. Infatti, sembra che «nel pomeriggio una donna si sia fatta identificare», racconta Di Stefano. Anche se, secondo l’attivista, la permanenza dei profughi al Palacannizzaro avrebbe già superato i termini consentiti dalla legge. «Nei centri di accoglienza provvisori – sottolinea Di Stefano – i migranti possono essere trattenuti per 48 ore e invece sono passati sette giorni. A che titolo? Si tratta di detenzione illegale e sequestro di persona». Per questo, il comitato annuncia iniziative a livello giuridico. «Stiamo seguendo la questione sul piano legale – spiega l’attivista – e tenteremo di reagire tramite alcuni avvocati che collaborano con noi e ci stanno consigliando su come intervenire».

«E’ una situazione difficile e controversa», spiega Sanaz Alishai, mediatrice culturale di origini iraniane e blogger per il nostro quotidiano, che ci racconta di aver provato a prendere contatti con i migranti alloggiati al Palacannizzaro e raccogliere informazioni sulle condizioni delle donne siriane, senza però riuscirci. «Non si può parlare con nessuno e non trapela nessuna notizia», spiega. Ma oltre ad informarsi sulle loro condizioni, fisiche e psicologiche, per Sanaz «comunicare con loro sarebbe importantissimo per spiegare loro di non mollare e dimostrare sostegno». Soprattutto perché, secondo la giovane, i siriani arrivati in Sicilia sono compatti nel non volersi fare identificare perché la loro situazione è diversa da quella di altri clandestini. «Sono tutti medici, avvocati, ingegneri e professionisti – sottolinea Sanaz – che lasciano il loro paese per fuggire dalla guerra, e non hanno la minima intenzione di sottoporsi a lunghissime procedure di richieste di asilo, e restare rinchiusi per due anni nel Cara di Mineo per loro sarebbe deleterio».

La paura degli extracomunitari, infatti, come spiegano anche gli attivisti della Rete antirazzista, è di essere portati nel centro di Mineo. «I migranti – si legge ancora nella nota – sono ben informati dei lunghissimi tempi delle procedure d’asilo e delle vergognose condizioni del megaCara, dove dall’inizio dell’anno sono raddoppiate le presenze/reclusioni (da 1800 ad oltre 3500 persone) con conseguente ulteriore prolungamento dei tempi per il riconoscimento del diritto d’asilo (da uno a due anni), e aggravamento delle condizioni di isolamento e ghettizzazione al suo interno», scrive il comitato. «Una vergogna – attacca Di Stefano – perché anziché potenziare la commissione, aumentano la detenzione». Senza contare che «i migranti, appena arrivano al Cara, scappano subito e quando vengono chiamati per la procedura di asilo politico, dato che non possono essere rintracciati, non si presentano e restano fuori», denuncia ancora l’attivista.

Ma la situazione dei migranti del Palacannizzaro – i quali chiedono che «venga loro riconosciuto il diritto d’asilo a livello europeo» -, secondo la Rete antirazzista resta drammatica. «E’ una vergogna – denuncia Di Stefano – I profughi lasciano i loro paesi per sfuggire ai militari e in Italia trovano altri militari che dicono loro cosa fare». Non solo a Catania. «Stiamo documentando le violenze a Pozzallo e a Siracusa – spiega l’attivista – da cui ci sono arrivate immagini di persone con i denti spaccati per le manganellate». E dove, secondo Di Stefano, «per evitare problemi, le forze dell’ordine chiudono un occhio per non prendersi la responsabilità di massacrarli e i migranti vengono mandati via dai centri di accoglienza provvisoria». Da dove si spostano in bus – «l’unico mezzo per cui non servono documenti di riconoscimento», sottolinea – per tentare di raggiungere i loro cari in Europa. Il primo approdo per loro è la stazione etnea, che è diventata un punto di riferimento per chi fugge. «Di pomeriggio, sotto la statua di Proserpina, ci sono decine di siriani che vanno via da Pozzallo e Siracusa e arrivano a Catania per muoversi in autobus verso altre città – racconta Di Stefano – Noi ogni sera siamo lì per raccogliere storie e testimonianze». Nel frattempo, la Rete continua «a monitorare la situazione al Palacannizzaro e diffondere notizie per fare accendere i riflettori su quello che succede», conclude Di Stefano.

E mentre si attende di sapere quale sarà la sorte dei profughi del Palacannizzaro, domani pomeriggio alle 16.30, sul sagrato della Cattedrale di Siracusa, si darà l’ultimo saluto a Izdihar Mahm Abdulla, ragazza siriana di 22 anni morta su un barcone durante la traversata che si è conclusa al porto della città aretusea venerdì notte. Al funerale, che sarà celebrato secondo l’usanza musulmana dall’imam di Catania, parteciperanno anche il sindaco di Siracusa Giancarlo Garozzo e l’arcivescovo Salvatore Pappalardo. Per «onorare e salutare questa povera ragazza che non sarebbe morta se avesse potuto rimanere e curarsi in Siria, inchinandoci o davanti alle migliaia di bambini e adulti inghiottiti dalla morte nel mar Mediterraneo, nel Sahara e nei loro paesi», scrive la Rete antirazzista.

 

[Foto di Wikipedia.org]


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Un centinaio di profughi, da sette giorni chiusi nella struttura sportiva etnea, rifiutano le procedure di identificazione. Il motivo? Chiedono il ricongiungimento con i parenti che vivono in altri paesi europei, ma temono di essere portati al Cara di Mineo, dove la richiesta di asilo si protrae per più di due anni. «Ieri si sono presentati gli agenti in antisommossa, ma oggi la situazione è tranquilla», spiega Alfonso Di Stefano del comitato a sostegno dei migranti, che secondo gli attivisti sono «reclusi illegalmente»

Un centinaio di profughi, da sette giorni chiusi nella struttura sportiva etnea, rifiutano le procedure di identificazione. Il motivo? Chiedono il ricongiungimento con i parenti che vivono in altri paesi europei, ma temono di essere portati al Cara di Mineo, dove la richiesta di asilo si protrae per più di due anni. «Ieri si sono presentati gli agenti in antisommossa, ma oggi la situazione è tranquilla», spiega Alfonso Di Stefano del comitato a sostegno dei migranti, che secondo gli attivisti sono «reclusi illegalmente»

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