Orlando: «Nel Pd con orgoglio ma resto sindaco di Palermo» Anche Letizia Battaglia coi dem, Faraone: «Luca come Prodi»

Il sindaco di Palermo Leoluca Orlando e il suo braccio destro Fabio Giambrone hanno aderito formalmente al Pd, ricevendo la tessera del partito di Matteo Renzi. L’occasione è la presentazione delle candidate e dei candidati dem nelle liste dei collegi del palermitano (o comunque legati al capoluogo siciliano) alla Camera e al Senato sia col plurinominale (ossia il proporzionale) sia con l’uninominale (collegi basati sul maggioritario).

A fare gli onori di casa nella sede di via Bentivegna a Palermo c’è il sottosegretario alla Salute Davide Faraone. Il convitato di pietra è il segretario regionale dem Fausto Raciti, oggi assente. Segno di un partito sempre più a trazione renziana, come sembrerebbero indicare le candidature per le politiche con tante esclusioni eccellenti e soprattutto i mal di pancia interni con la ribellione dei Partigiani del Pd? Faraone assicura di no: Raciti, candidato nel collegio 3 Ragusa-Siracusa del plurinominale alla Camera, «è impegnatissimo con la sua campagna elettorale. Nel Pd non ci sono nemici».

Ma l’ingresso di Orlando nel Pd non può passare inosservato. Il Professore sei anni fa si candidò da solo (e trionfò) contro l’ex Pd Fabrizio Ferrandelli, ora all’opposizione. E a maggio ottenne la conferma imponendo a tutti i partiti della sua coalizione, inclusi i democratici, di rinunciare al simbolo. Una scelta che oggi Faraone definisce «vincente» ma che all’epoca fu mal digerita. Lo stesso Orlando scherza (ma non troppo): «L’ho detto a Matteo Renzi, sappi che io trasu e non si sa come finisce». Insomma, c’eravamo tanto odiati ma i tempi cambiano.

Con Orlando e Giambrone entrano nel perimetro dem anche la fotografa Letizia Battaglia e («Sono comunista e so che nel Pd posso continuare ad esserlo», ha scherzato) l’ex presidente della Consulta delle Culture di Palermo Adham Darawsha. A proposito dell’ex presidente della Gesap (che ha un posto teoricamente blindato da capolista del Collegio 1 del plurinominale alla Camera): Orlando lascia intendere che continuerà ad avere un ruolo a Palazzo delle Aquile, anche da (probabile) deputato. Finora ha guidato la cabina di regia con funzioni di coordinamento dell’attività della giunta. Un ruolo da mediatore cui Orlando non vorrebbe rinunciare.

Secondo i bene informati non saranno in molti, per il momento, a seguire la scelta del sindaco. Forse il suo omonimo, il presidente del Consiglio comunale Totò Orlando. E si vocifera anche di Fabrizio Ferrara (per lui sarebbe un ritorno) e Francesco Bertolino. Di sicuro tra Orlando (Leoluca) e il Pd è scoppiata la pace dopo anni di contrasti anche feroci. Faraone lo chiama confidenzialmente ‘Luca’ e lo paragona a Romano Prodi come padre nobile del centrosinistra panormita.  «Sottolineo la presenza di Luca da due punti di vista – dice il sottosegretario -. Sia da cittadino palermitano, visto che vorremmo impostare questa campagna elettorale lasciando passare il messaggio che il Pd ha a cuore questa città e che nel voto al Pd si valorizza questa esperienza e questo impegno. L’esperienza delle amministrative, per le quali il Pd ha rinunciato al simbolo, è risultata vincente. La seconda ragione è che Luca sta rappresentando in questa città quello che Prodi ha rappresentato per il centrosinistra in questi anni».

Il leader dei Partigiani dem Antonio Rubino, non a caso, a poche ore dalla presentazione carica a testa bassa: «Davide Faraone, Totò Cardinale (la cui creatura, Sicilia Futura, fa parte della maggioranza a Sala delle Lapidi, nda), Leoluca Orlando? Nulla di nobile, solo la creazione di un nuovo blocco di potere che rinnega l’esperienza della Primavera di Palermo. Il ‘compagno Orlando’ è un artista delle parole. Ha insultato per anni il Pd e ora tenta di emozionarci con le sue favole. Farebbe bene a occuparsi di Palermo invece di fare il burocrate di partito». Le politiche non saranno un trampolino di lancio per Orlando: nessuna candidatura alle Europee, il suo terreno di gioco – ribadisce per l’ennesima volta – è Palermo. 

«Spero che l’esperienza di Palermo contamini tutto il Paese – dice -. Ma naturalmente resterò sindaco. Se qualcuno pensa che mi candido alle Europee rispondo chiaramente: Un minni vaiu (‘Non me ne vado’ in dialetto siciliano, nda). Aderire al Pd per me è come tornare a casa. Proprio in queste stanze da assessore al Decentramento abbiamo approvato la prima delibera sul decentramento urbano in un periodo in cui cercavamo di liberare Palermo dal governo della mafia. Sono qui con orgoglio – sottolinea -, io non aderisco al Pd per la ‘P’ di partito ma per la ‘P’ di Palermo. E l’adesione al Pd rafforzerà l’esperienza di Palermo perché il Pd è l’unico partito alternativo ai populismi e l’unico che cerca l’unità. L’alleanza Salvini-Berlusconi e il M5S sono entrambi malati di populismo».

Nella sede di via Bentivegna c’erano, tra gli altri,  il segretario provinciale dem Carmelo Miceli, il capogruppo al Consiglio comunale del capoluogo Dario Chinnici e il presidente della Quarta Circoscrizione, Silvio Moncada, candidato all’uninominale alla Camera nel collegio di Settecannoli. Presenti anche l’ex consigliera comunale e deputata uscente Teresa Piccione, Mila Spicola, e la testimone di giustizia Valeria Grasso. 

Gaspare Ingargiola

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