Ora Renzi e il suo alleato Berlusconi vorrebbero sbaraccare le Autonomie regionali. Ma…

SIAMO FORTUNATI: L’ATTUALE GOVERNO HA DECISO DI DARE UNA MANO AI TANTI SICILIANI CHE, COME I CATALANI, SOGNANO L’INDIPENDENZA

di Carmelo Raffa

Siciliani attenzione: si sta creando un coro per chiedere l’abolizione dell’Autonomia speciale della nostra Regione.

Oggi il Giornale di Sicilia ospita in seconda pagina il Direttore del quotidiano Libero, Maurizio Belpietro, che nell’intervista mette a nudo alcune pecche della nostra Regione tra i quali gli sprechi della finanza pubblica che è stata operata sull’altare dell’autonomia speciale goduta dalla nostra Sicilia e dalle Regioni: Sardegna, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige e Valle d’Aosta.

Non possiamo sicuramente contrastare i ragionamenti sugli sprechi da parte di Belpietro, che mette in luce l’esercito di dipendenti regionali che non si riesce a quantificare, la pletora di forestali che addirittura superano numericamente il totale delle altre Regioni, i trattamenti di retribuzione aggiuntivi goduti dai governanti e dai deputati regionali, etc.

Dopo questi ragionamenti il direttore di Libero cosa chiede? L’abolizione delle autonomie speciali godute dalla Sicilia e da quattro altre Regioni del nostro Paese.

Se da un lato abbiamo apprezzato quanto affermato da Belpietro sugli sprechi dall’altro però dobbiamo ci corre l’obbligo di rammentare alcune cose importanti al fine di ristabilire un po’ di verità sull’Italia dal dopo guerra ad oggi.

Dai libri di Storia abbiamo appreso che l’Autonomia speciale della Regione siciliana fu conquistata dopo tante sommosse popolari il 15 maggio 1946 con un’apposito provvedimento da parte del Re Umberto II di Savoia ed è disciplinata da uno Statuto speciale successivamente riconosciuto (art. 116 della Costituzione Italiana), che l’ha dotata di una ampia autonomia politica, legislativa, amministrativa e finanziaria solo in minima parte attuata.

Il fatto strano che rileviamo è che, a partire dagli anni ’50, i governanti italiani pensarono a riproporre lo schema adottato dai Governi di Giovanni Giolitti: sviluppo industriale al nelle Regioni del Nord, sostenuto dai soldi dello Stato. Negli anni successivi lo sviluppo industriale s’intensificò ulteriormente al Nord e anche nel Centro, marginalizzando ulteriormente il Sud e la Sicilia.

Già negli anni ’70 un giornalista del Corriere della Sera in un’intervista all’allora Ministro democristiano Nino Gullotti gli chiese ‘lumi’ circa l’alto numero di dipendenti presso il Comune di Messina e la risposta di Gullotti fu pronta: “Al Nord avete tante industrie che danno occupazione, mentre in Sicilia abbiamo solo i Comuni”.

Certamente all’epoca i nostri politici avrebbero potuto svolgere meglio le loro funzioni ed evitare quindi che diventasse prassi consolidata la logica delle industrie ed occupazione al Nord e l’assistenzialismo al Sud.

In compenso qualche industria negli anni è sorta anche al Sud, dall’Italsider di Taranto (oggi Ilva) all’Alfa Romeo in Campania (l’Alfa Sud). Per non parlare della chimica ‘pesante’ in Sicilia.

Di fatto, in Sicilia sono stati messi in piedi stabilimenti chimici che hanno inquinato la nostra Isola dando, in cambio, poca occupazione e imposte pagate al Nord Italia, in barba all’articolo 37 del nostro Statuto.

Cari amici del coro anti Autonomia, prima di parlare di “soppressione” è bene discutere su ciò che lo Stato deve alla nostra Regione che è stata ed è tutt’ora fortemente sfruttata da Roma Ladrona.

Si attui fin da subito un serio piano di sviluppo che, a partire dal turismo, dall’agricoltura e dal rilancio dell’artigianato faccia vedere un futuro più sereno ai tanti giovani siciliani che in questo momento vedono sono desolazione e disperazione.

Non bisogna ragionare sulle sterili formule, ma sui fatti reali. Ed un invito al caro Matteo Renzi che quasi con certezza conduce la cabina di regia anti autonomista: attenzione, caro Renzi, a come fare le cose, perché altrimenti la Sicilia potrebbe di nuovo reagire con nuovi moti rivoluzionari.

Renzi è giovane e non ci sembra particolarmente ‘ferrato’ su certi argomenti. Né circondato, qui in Sicilia, da persone di alto spessore.

Sappiano, Renzi e suo alleato Berlusconi (Maurizio Belpietro, se non ricordiamo male, non dovrebbe essere estraneo al sistema), che l’Autonomia è il frutto di un ‘Patto’ tra Sicilia e Italia: se dovesse saltare questo ‘Patto’ si rimetterebbero in moto vecchie sintonie rivoluzionarie che in Sicilia sono sopite, ma non scomparse.

Tra l’altro, caro Renzi e caro Berlusconi, voi non sapete che nel ventre della Sicilia sta montando non una voglia di Autonomia, ma una grande voglia di indipendenza: e gli indipendentisti – che sono molti di più di quanto voi immaginate, non aspettano altro che l’abolizione dell’Autonomia siciliana per avviare una rivoluzione popolare.

Se quindi caro Renzi ha la capacità di fare partire un piano serio di sviluppo che dia ai siciliani miglia di spazi occupazionali, agisca! Altrimenti non dia un messaggio dal tenore che gli piacciono “i culi” dei siciliani, perché i siciliani, quando s’incazzano…


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