Nove ordinanze di custodia cautelare sono state eseguite dai carabinieri del nucleo investigativo di Catania nei confronti di altrettante persone, tre delle quali già in carcere, nel corso dell’indagine prosecuzione dell’operazione Ciclope. Gli arrestati, infatti, sono ritenuti appartenenti al gruppo criminale che farebbe capo a Michele D’Avola, attivo nei territori di Vizzini e Francofonte fino al 2012 (anno in cui è stato arrestato), e legato ai clan mafiosi Santapaola-Ercolano di Catania e Nardo di Lentini. Agli indagati sono stati contestati, a vario titolo, i reati di associazione mafiosa e di traffico, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, con l’aggravante del metodo mafioso. Nel corso dell’operazione, soprannominata Ciclope 2, è stata coinvolta anche l’unità cinofila.
Le persone arrestate sono: Gianluca Giarrusso (classe 1982, già in carcere a Caltagirone), Erson Zhuka (classe 1984, già in carcere a Caltagirone), Gesualdo Montemagno (classe 1984, già in carcere a Enna), Massimiliano Lo Presti (1983, trasferito nel carcere Bicocca di Catania), Orazio Lucifora (classe 1980, trasferito a Bicocca), Carmela Quaderno (classe 1972, trasferita nel carcere di piazza Lanza di Catania), Gesualdo Lo Presti (classe 1983, ristretto ai domiciliari), Giuseppe Prossimo (classe 1986, ai domiciliari).
L’inchiesta
Ciclope è partita tra il 2012 e il 2013 dopo un’escalation di violenza nei territori di Francofonte, Vizzini e Grammichele avvenuta nel giro di pochi mesi. Episodi che hanno portato gli inquirenti a declinarla come una faida interna a Cosa Nostra, forse scattata dopo l’arresto del presunto leader D’Avola. Secondo gli inquirenti, lo scontro sarebbe avvenuto tra gli uomini fedeli a D’Avola e quelli stretti attorno al nuovo presunto vertice, Salvatore Navanteri. Una serie di azioni che, solo nel 2013, erano a quota tre omicidi, un probabile caso di lupara bianca e un tentato omicidio.
La sequenza temporale degli episodi delittuosi e le modalità esecutive, hanno determinato il provvedimento di fermo emesso dalla Dda etnea, nel settembre 2013, nei confronti dei pregiudicati Alfio Centocinque, Salvatore Guzzardi, Salvatore Navanteri, Cristian Nazionale, Luciano Nazionale, Michele Ponte e Tommaso Vito Vaina, 48 anni. Insieme a loro una donna, Luisa Regazzoli, moglie di Centocinque, e Antonino Alfieri. Grazie a ulteriori prove, nell’ottobre 2013, gli inquirenti hanno eseguito un provvedimento restrittivo nei confronti di Michele D’Avola per mafia e traffico di droga. Rinviati a giudizio al tribunale di Caltagirone, i fermati attendono la fine di un processo che si avvia ormai a conclusione.
Dai primi risultati dell’operazione Ciclope, le indagini non si sono mai fermate tant’è che, a distanza di quattro anni, gli inquirenti hanno avuto modo di riscontrare il ruolo di vertice rivestito da Michele D’Avola e di appurare come
Vizzini fosse la base operativa del gruppo dedito a traffico e spaccio di droga. Lo stupefacente sarebbe arrivato dall’Albania e immesso nell’area calatina, siracusana e iblea. In questa prosecuzione delle indagini, in particolare, sarebbe emersa la figura di rilievo di Carmela Quaderno, convivente di D’Avola e di Gianluca Giarrusso (35 anni). Quest’ultimo sarebbe il reclutatore dei presunti affiliati e l’uomo che avrebbe provveduto al sostentamento delle famiglie e alle spese legali dei detenuti.
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