Opera Pia Ruffini, dubbi sul licenziamento dei dipendenti Mentre l’Arcidiocesi parla di «mistificazioni mediatiche»

«Visti i soggetti coinvolti mi sarei aspettata di essere cercata per un tavolo tecnico, per un confronto, insomma per trovare una soluzione». C’è amarezza nelle parole dell’avvocatessa Nadia Spallitta, mentre ripercorre la vicenda degli ex lavoratori dell’Opera Pia licenziati in tronco a gennaio e recentemente rintronata sotto i riflettori per il servizio delle Iene. Nessuna lettera di preavviso, nessun indennizzo, neanche la possibilità di accedere a un ammortizzatore sociale. Non sarebbe cioè stata messa in atto alcuna formula per questi 42 dipendenti lasciati per quasi due anni anche senza stipendio. Persone che lavoravano da circa trent’anni per l’ente presieduto dall’arcivescovo di Palermo Corrado Lorefice. Secondo Spallitta, che rappresenta alcuni dei lavoratori come legale, l’ente avrebbe a tutti gli effetti lo status di ente pubblico.

«È un ente di assistenza e beneficenza di diritto pubblico, istituito con un decreto della Regione e che viene finanziato in modo quasi esclusivo dalla Regione, in parte anche dal Comune e a volte anche dall’Asp. Quindi i suoi servizi non sono a pagamento ma sono servizi socio-assistenziali gratuiti per gli utenti, alla base c’è un finanziamento pubblico – spiega Spallitta -. Da sempre, suppergiù da 50 anni, l’ente viene sistematicamente finanziato dalla Regione. Quindi è assoggettato alle norme di vigilanza degli enti pubblici, il bilancio viene annualmente accettato o rigettato dall’assessorato regionale competente». Inoltre, il rapporto di lavoro coi dipendenti è un rapporto di diritto pubblico. «Quindi per noi è un ente pubblico – sottolinea ancora – Ed è un ente pubblico a tal punto che non ha mai versato all’Inps i contributi previdenziali che invece i datori di lavoro di diritto privato versano» .

A partire da questo assunto il ragionamento della Spallitta prosegue in questo senso. «La legge dice che per gli enti di diritto pubblico non esiste licenziamento collettivo, non si può dall’oggi al domani tagliare fuori tutti, ci sono altre procedure da seguire, quelle di indennità. Quindi la legge prevede che i servizi vengano garantiti, che i lavoratori vengano ricollocati e che il patrimonio venga riutilizzato». Ma le cose non sono andate esattamente così. «La maggior parte di loro non ha ricevuto alcun preavviso di licenziamento, nessun sussidio, ammortizzatori sociali, non hanno avuto la cosiddetta napsi (una sorta di indennità di disoccupazione) perché è solo per i lavoratori privati, loro invece sono lavoratori pubblici». Quindi ecco l’anomalia più grave per l’avvocatessa palermitana: «L’Opera Pia si comporta come soggetto privato per licenziarli, ma in tutti questi anni ha agito e operato come soggetto di diritto pubblico», continua a spiegare Spallitta. Che intanto ha fatto ricorso al giudice del lavoro sulla decisione della Curia palermitana, con l’udienza che è fissata per la prossima settimana. «Chiediamo che venga dichiarata intanto l’illegittimità di questi licenziamenti per vari motivi, in primis appunto perché un ente pubblico non può licenziare così in tronco. E anche se fosse stato un ente privato comunque anche in quel caso sarebbero state altre le procedure, anche quelle di diritto privato garantiscono e tutelano i lavoratori».

Secondo la legale, infine, dopo il licenziamento improvviso dei 42 ex dipendenti, dieci di questi sarebbero stati riassunti. «Quindi è un licenziamento collettivo o no? – si interroga -. Abbiamo anche scoperto che non era vero che tutti i servizi erano chiusi perché per esempio questi dieci lavoratori lavorano presso la Lumsa e il Villaggio degli anziani. L’Opera Pia ha spiegato che il motivo di questi licenziamenti sarebbe stata la mancanza di soldi. Una cosa tutta da verificare, alla luce dei finanziamenti regionali». Al di là di quello che succede dentro l’Opera Pia, quello che più amareggia l’avvocatessa «è la totale assenza della Regione, che non ha vigilato e non è intervenuta né riguardo la gestione delle risorse pubbliche né riguardo alla chiusura delle attività. Sono servizi di interesse pubblico, se no perché li finanziavano allora? Quindi la Regione come fa a non intervenire?». 

Mentre da parte degli ex lavoratori è tanta la delusione nei confronti dell’ente per cui hanno lavorato per oltre 30 anni. «Ci sono persone che stanno vivendo situazioni piuttosto drammatiche, qualcuno ha perso la casa. Abbiamo presentato dei decreti ingiuntivi a cui l’Opera Pia si è opposta e il tribunale li ha sospesi, quindi loro non hanno potuto neanche acquisire gli stipendi arretrati, o almeno, la parte che rimane da saldare, perché una parte è stata restituita nel frattempo in questi quasi due anni, ma non tutto. Alcuni vantano ancora dei crediti notevoli». Malgrado la delusione, da parte dei lavoratori c’è sempre stata la volontà anche di trovare un eventuale accordo con la struttura palermitana. Ma non si è mai creata l’occasione. «Noi siamo stati sempre disposti a trovare anche soluzioni transattive, sono famiglie talmente disperate che se ci fosse stato un accordo, qualcosa, l’avrebbero valutata, ma non abbiamo mai ricevuto un braccio teso da nessuno, solo porte chiuse dall’Opera Pia, dalla Regione, dalla Curia. Noi avremmo accettato una proposta transattiva dignitosa, ma niente». 

Diversa, però, la replica che arriva dall’arcidiocesi di Palermo, che attraverso il proprio sito parla di «mistificazioni mediatiche» ed esprime vicinanza all’arcivescovo Lorefice, costretto a dileguarsi per sottrarsi ai microfoni e alle telecamere della trasmissione di Italia1. «L’arcivescovo di Palermo – spiega il vicario generale – insieme ai suoi collaboratori è costantemente impegnato nella ricerca delle migliori soluzioni, prova dolore ed è vicino con la preghiera a ciascuno. Appare così incomprensibile il tentativo di mistificazione mediatica cui abbiamo assistito nei giorni scorsi in cui l’intento denigratorio e diffamatorio appare prevalere su quello informativo», si legge nella nota ufficiale. «Del resto, i termini della complessa e tormentata vicenda dell’Opera Pia Ruffini, nei suoi passaggi cruciali, sono stati resi noti e sono tutt’oggi consultabili nel sito dell’Opcer. Informare è un diritto ed un dovere che la Chiesa di Palermo considera un bene prezioso da tutelare e difendere». Una vicenda, quella dell’Opera Pia Ruffini, che dunque prosegue tra servizi televisivi e aule giudiziarie.

E prima di partire per Lourdes e riprendere il cammino a piedi, anche Biagio Conte ha voluto manifestare la propria vicinanza all’arcivescovo Lorefice. «Vogliamo esprimere la più profonda solidarietà a lui e alla città di Palermo – ha detto il missionario laico – Perdoniamo loro che non sanno quello che fanno. La società soffre ma non si risponde col giudizio. Il giudizio non edifica, il giudizio demolisce. Noi invece dobbiamo ricostruire e seminare. Siamo chiamati a migliorare tutti insieme questa società. Basta con gli attacchi, con le condanne. Dobbiamo rispondere al male col bene, così usciremo da questo momento difficile».


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