I pm hanno notificato il documento a Ana Isabel Montes Mier e Marc Reig Creus. Due fattori destano perplessità: il tipo di reato contestato e l'individuazione della parte offesa. «Se è la guardia costiera, perché indicare il ministero dell'Interno?», si chiede il legale
Ong, Procura di Ragusa chiude indagine su Proactiva Anche il Viminale di Salvini riconosciuta parte offesa
Si sono chiuse le indagini della procura di Ragusa sulla Ong spagnola Proactiva Open Arms. L’avviso è arrivato oggi ai legali dei due indagati, la capa missione Ana Isabel Montes Mier e Marc Reig Creus, il comandante dell’imbarcazione impegnata negli ultimi anni in numerosi salvataggi di migranti in mare. I reati contestati sono violenza privata e favoreggiamento dell’immigrazione.
L’indagine, nata a fine marzo, ha avuto un percorso travagliato. All’origine di tutto ci sono le dinamiche che hanno caratterizzato il recupero, il 16 marzo, di oltre duecento persone in difficoltà nel Mediterraneo, in un’area a ridosso delle acque maltesi. La posizione del barcone in un primo tempo ha portato la guardia costiera di Roma a farsi carico del coordinamento delle operazioni, salvo poi comunicare al comandante della nave il passaggio di testimone alle forze libiche. Decisione a cui Reig Creus e Montes Mier si sono opposti valutando non sicuro il trattamento che le milizie nordafricane avrebbero riservato ai migranti.
A finire nel mirino della procura di Catania – la prima a occuparsene, con i magistrati etnei che hanno disposto il sequestro della nave arrivata a Pozzallo, in seguito alla contestazione del reato di associazione a delinquere – è stato poi il comportamento tenuto da Proactiva nei confronti delle autorità maltesi: l’ong, infatti, non ha chiesto a La Valletta di autorizzare lo sbarco di tutti i migranti, in virtù dei precedenti che avevano sempre visto il governo Muscat disinteressarsi dei soccorsi in mare. L’avere però deciso di rivolgersi direttamente a Roma, portando la nave all’interno delle acque territoriali italiane, per i magistrati sarebbe stato dettato dall’intento di favorire l’immigrazione in Italia.
L’inchiesta, nel giro alcune settimane, ha registrato diversi colpi di scena, prima con la caduta dell’accusa di associazione a delinquere e poi con il dissequestro della nave deciso dal gip di Ragusa. La procura etnea guidata da Carmelo Zuccaro ha comunque proseguito il proprio lavoro, convinta che l’ipotesi di associazione a delinquere possa essere dimostrata. In tal senso, la notifica odierna riguarda solo il filone ragusano, e ciò fa pensare che dalle parti di piazza Verga l’indagine stia andando avanti.
Intanto, però, a fare discutere sono altri aspetti. Innanzitutto, l’individuazione del reato di violenza privata contestato ai due indagati nei confronti della centrale operativa della guardia costiera italiana, per avere disatteso le indicazioni partite da Roma. «Si tratta di un reato che riguarda la persona, mentre qui si fa riferimento a un’istituzione», commenta Rosa Maria Lo Faro, uno dei due legali che difendono gli attivisti di Proactiva. A destare perplessità è un altro particolare: l’individuazione della parte offesa nel ministro degli Interni pro tempore. Ovvero Matteo Salvini, anche se quando il reato sarebbe stato commesso a guidare il Viminale era Marco Minniti. «Si tratta di un fatto strano – continua Lo Faro -. Se il reato è stato commesso verso la guardia costiera, allora in ballo dovrebbe essere il ministero delle Infrastrutture».
La questione della divisione delle competenze nella gestione dei soccorsi in mare era finita al centro dell’attenzione anche ad agosto, in occasione dello stallo seguito all’approdo nel porto di Catania della nave Diciotti della guardia costiera. Sbarco avvenuto dopo quasi una settimana, carica di tensioni e proteste.