Omicidio Sandri, condanna definitiva a 16 anni Determinante la confessione di uno dei killer

La Cassazione mette la parola fine al processo per la morte di Pierantonio Sandri, il 19enne di Niscemi che nel 1995 fu ucciso da Cosa Nostra per aver assistito a una intimidazione in campagna elettorale e il suo corpo seppellito nella Sughereta, l’area protetta del Comune del Nisseno. A mettere fine alla sua vita sono stati in quattro. Dopo molti anni in cui omertà e paura avevano bloccato ogni indagine nonostante l’incessante ricerca della verità da parte della madre, Ninetta Burgio, fu uno dei componenti del gruppo a parlare. L’unico a non ammettere mai le sue colpe è stato Salvatore Cancilleri, 37 anni, condannato adesso in maniera definitiva dalla Cassazione a 16 anni e mezzo di carcere. La suprema corte ha dunque confermato la condanna in appello. 

Sandri viene ucciso il 3 settembre del 1995. Dopo essere uscito di casa, assiste al rogo di un’automobile da parte di alcuni ragazzi, due minorenni e due maggiorenni. Un’intimidazione che si inserisce nel clima molto teso della campagna elettorale che si stava svolgendo a Niscemi. I mandanti di quell’incendio sono uomini di Cosa Nostra. I quattro giovani – Salvatore Cancilleri, Vincenzo Pisano, Marcello Campisi e Giuliano Chiavetta conoscono l’onestà di Sandri e lo uccidono su ordine dei boss. Il suo corpo, seppellito nel bosco di contrada Ulmo, verrà ritrovato solo quattordici anni dopo, grazie alle dichiarazioni di Chiavetta, che ha confessato l’omicidio agli inquirenti, facendo i nomi dei suoi complici. Chiavetta era un ex alunno della madre di Sandri, morta prima che arrivassero le condanne. L’operazione della polizia che ha condotto alll’accertamento della verità porta il suo nome.  

Pisano è stato condannato a 18 anni, sarebbe stato lui a uccidere materialmente Sandri strangolandolo con una cintura. Campisi a 14 anni (pena ridotta), Chiavetta, all’epoca dei fatti minorenne, a 16 anni. Cancilleri era stato assolto in primo grado, poi condannato in appello, proprio grazie alle testimonianze di Chiavetta e, successivamente, anche degli altri complici. Dopo la morte della madre, la battaglia per arrivare alla verità è stata portata avanti dall’associazione Libera, il cui presidio delle Aci è proprio dedicato a Pierantonio Sandri. 


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