Piddu Madonia, Vincenzo Santapaola, Maurizio Zuccaro e Benedetto Cocimano. Per quattro pezzi da novanta di Cosa nostra siciliana i giudici hanno stabilito il fine pena mai. Il confidente Oriente sarebbe stato ucciso perché voleva pentirsi
Omicidio Luigi Ilardo, in Appello confermati ergastoli Carcere a vita per mandanti ed esecutori dell’agguato
Mandanti: Giuseppe Piddu Madonia e Vincenzo Santapaola. Organizzatore: Maurizio Zuccaro. Esecutore materiale: Benedetto Cocimano. Tutti pezzi da novanta di Cosa nostra per i quali, in secondo grado, è confermato l’ergastolo. Nella mattinata di oggi, come riporta l’agenzia Ansa, è arrivata la sentenza della corte d’Appello sull’omicidio di Luigi Ilardo, nome in codice Oriente, assassinato il 10 maggio 1996 perché, secondo l’accusa, Cosa nostra sospettava che fosse diventato un confidente che aveva intenzione di collaborare con la giustizia. Ilardo, cugino del boss Piddu Madonia, è stato freddato in mezzo alla strada in via Quintino Sella, all’angolo con via Mario Sangiorgi. Appena un anno prima, nel 1995, aveva portato gli investigatori al covo dove si nascondeva il superboss latitante Bernardo Provenzano. In quella circostanza, però, si decise di non procedere con il blitz: una scelta attendista costata, a distanza di anni, l’incriminazione per favoreggiamento aggravato del generale Mario Mori e del colonnello Mario Obinu, poi assolti fino all’ultimo grado di giudizio. Provenzano venne arrestato undici anni dopo le confidenze di Oriente, nel 2006.
All’omicidio, su cui indagò la squadra mobile, avrebbero preso parte anche Maurizio Signorino e Pietro Giuffrida, entrambi deceduti. Per lo stesso delitto, il 19 maggio 2014 il giudice per l’udienza preliminare di Catania Sebastiano Fabio Di Giacomo Barbagallo aveva condannato, con il rito abbreviato, il boss pentito Santo La Causa: la pena stabilita era stata di 13 anni e quattro mesi di reclusione. Il collaboratore di giustizia aveva organizzato dei sopralluoghi per compiere l’agguato, che si rivelarono successivamente vani: il delitto subì un’improvvisa accelerazione e venne realizzato prima dei tempi originariamente stabiliti. Negli atti del processo sono confluite anche le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Eugenio Sturiale, vicino a Ilardo, che casualmente avrebbe assistito ad alcuni appostamenti nei pressi dell’abitazione della vittima e poi all’agguato.