Omicidio Licata, i litigi con la sorella per l’eredità Nipote ha esploso 14 colpi, pistola si è inceppata

Nuovi retroscena sull’omicidio di Giacinto Marzullo, il 52enne di Licata trovato morto venerdì pomeriggio nella sua campagna. Per il delitto, ieri, è stato fermato Giuseppe Volpe, 19enne nipote della vittima che – questo è il convincimento dei magistrati – si sarebbe presentato davanti all’uomo in compagnia della madre. Un incontro presto degenerato in una violenta lite fino al momento in cui Volpe, che con sé aveva una pistola calibro 9, non ha aperto il fuoco.

I colpi esplosi dal giovane sarebbero stati ben più dei cinque che hanno raggiunto Marzullo ad addome e gambe. Secondo l’Ansa sarebbero 14, alcuni dei quali trovai inesplosi a poca distanza dal luogo dell’assassinio. Ciò fa propendere gli investigatori per l’ipotesi che l’arma possa essersi inceppata. Volpe, che avrebbe ammesso le proprie responsabilità in un interrogatorio finito all’alba di ieri, ha indicato in un canalone il luogo dove ha gettato l’arma, prima di allontanarsi con la madre. L’arma sarebbe stata legalmente detenuta. Sarebbe stata poi la donna a chiamare al 118 in maniera anonima e dicendo di avere trovato un uomo ferito in contrada Ritornella Margi.

In queste ore, gli inquirenti stanno cercando di risalire al movente. Stando alle prime indiscrezioni tra Marzullo e la sorella non ci sarebbe stato un buon rapporto, con l’uomo che accusava la donna di essersi appropriata del denaro del padre e della zia, alla quale in passato aveva fatto da badante. 

Per Volpe, l’accusa è di omicidio: il giovane si trova nel carcere di Petrusa. Il giovane era stato arrestato poco prima perché trovato in possesso di una cinquantina di piante di canapa indiana.  


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