La denuncia di Emanuele Feltri, presidente dell'associazione Valle del Simeto: «Incedi, pastorizia abusiva, discariche, divieti scomparsi». Alcuni tour operator hanno rinunciato a inserire la zona, vicino Paternò, nei loro itinerari. «Avevano chiesto al Comune pulizia e sistemazione della strada», mai ottenute
Oasi di Ponte Barca, ancora tra incendi e rifiuti «Discariche nell’area protetta, turisti scappano»
«Non è un’oasi, è un posto bellissimo abbandonato a sé stesso». Ponte Barca, in realtà, un’oasi naturalistica lo è davvero, almeno secondo quanto stabilito nel 2009 dall’assessorato regionale all’Agricoltura. Si trova poco distante dal centro di Paternò, nella valle del fiume Simeto. «È una delle località siciliane più ricche di specie di volatili», spiega a MeridioNews Emanuele Feltri, imprenditore agricolo e presidente dell’associazione Valle del Simeto. Potrebbe essere «un importante polo di attrazione turistica» ma le condizioni in cui versa, ormai da diverso tempo, hanno già scoraggiato alcuni tour operator che avevano manifestato interesse a inserirlo nei loro itinerari.
L’oasi «non è recintata, sebbene la normativa lo preveda». Le uniche recinzioni «sono quelle abusive ed elettrificate» che sarebbero state messe dai pastori. C’è pure il problema incendi. «Lo scorso anno è stato dato fuoco alla la zona di cannizzi e della palude». Mentre quest’anno «sono stati bruciati solo gli argini del fiume». Il sospetto di Feltri, che ha più volte denunciato lo stato della riserva e subito numerose intimidazioni, è che gli incendi siano «il modo per creare nuovi pascoli». Sebbene la sola presenza degli animali, come mucche e pecore, «è vietata perché disturba le specie di uccelli che vivono nella zona», e per proteggere le quali è stata istituita l’oasi. La sponda destra del fiume, di recente bonificata dai membri dell’associazione, «diventa ciclicamente una discarica». Colpa, paradossalmente, della raccolta differenziata introdotta nei paesi limitrofi: «E così – denuncia Feltri – chi non ha voglia di farla viene a buttare la spazzatura nell’oasi». In passato «sono stati scaricati pure amianto e copertoni».
Da due anni sono scomparsi anche i cartelli di divieto per la caccia, «che avevano anche la funzione di delimitare l’area sottoposta ai vincoli», dice Giuseppe Rannisi, presidente della Lipu Catania. «Cacciatori non se ne vedono da queste parti – sostiene Feltri – ma i cartelli sono un segno di presidio del territorio che evidentemente non piace a chi infrange le regole». La zona protetta è gestita dalla ripartizione Faunistico venatoria e ambientale di Catania che «dovrebbe occuparsi della manutenzione ordinaria e richiedere alla Regione i pattugliamenti del corpo forestale». Ma i controlli e la manutenzione «sono sporadici e insufficienti». Contattato dalle associazioni, l’ente gestore «risponde che mancano i fondi economici ma – replica Feltri – credo manchi soprattutto la volontà».
Un abbandono che stride con i numeri raccontati dal giovane agricoltore etneo. «Negli ultimi due anni sono aumentate le visite di stranieri, famiglie e scolaresche», persino alcune agenzie di viaggi del Nord Italia si sono interessate. «Volevano inserire l’oasi negli itinerari da proporre ai turisti», ma avrebbero richiesto al Comune di Paternò «la sistemazione delle strade d’accesso e lo sgombero dell’immondizia dal solo slargo dove i pullman avrebbero potuto fermarsi e fare manovra». Non è stato fatto alcun intervento «e l’occasione di portare ricchezza al territorio, sfruttando il turismo, è andata persa». E neanche le interrogazioni all’Ars, presentate già anni fa, «hanno portato alcun miglioramento», conclude Emanuele Feltri.