La Regione cerca progetti per recuperare le acque reflue, ma c’è già chi ci è riuscito: il caso del depuratore di Mezzojuso

«Il cambiamento climatico in corso ci impone scelte strutturali che vadano nella direzione giusta, promuovendo un uso sostenibile e prolungato dell’acqua». Parole di Renato Schifani, che annuncia una svolta della Regione siciliana, costretta a guardare al recupero delle acque reflue, oggi più che mai preziose. Una scelta che mira a far diventare la Sicilia «una delle prime regioni in Italia a recepire la direttiva Ue per il riutilizzo delle acque depurate», anche se in realtà da tempo la Regione e tanti enti territoriali siciliani sono costretti a pagare migliaia di euro per la procedura di infrazione aperta proprio dall’Europa per la dispersione indiscriminata delle acque reflue.

Ma se la Regione promette un cambio di marcia e istituisce un tavolo per «affrontare in modo strutturale e sistematico il problema», in Sicilia c’è chi si è portato molto avanti col lavoro. È il caso del Comune di Mezzojuso, nella provincia di Palermo, che è riuscito a fare di necessità virtù partendo da un depuratore che da più di 40 anni era fermo al palo e diventando uno dei soli due Comuni in Italia a possedere una tecnologia sperimentare per la purificazione e il riutilizzo delle acque reflue in agricoltura. L’idea centrale è stata quella di convincere Amap, ente che gestisce il servizio idrico in diversi Comuni del Palermitano, tra cui appunto Mezzojuso, a prendere la gestione del vecchio depuratore. Da lì in poi la svolta, con l’installazione di un nuovo impianto modulare che ha evitato pesanti interventi di ristrutturazione alla vecchia struttura.

«Abbiamo cercato e voluto fortemente questa sinergia con Amap – dice Giuseppe Lopes, sindaco di Mezzojuso – Il giorno stesso della presa in consegna dell’impianto l’azienda ha preso un impegno con questa amministrazione e con tutti i cittadini di Mezzojuso. E devo dire che sono riusciti a dare delle risposte a questa comunità, che adesso è in grado di non sprecare neanche una goccia d’acqua, scongiurare incidenti di tipo ambientale, evitare le sanzioni europee e purificare le acque riutilizzandole per l’agricoltura in questo periodo di grande crisi idrica».

Le acque di scarico del paese adesso vengono convogliate in un primo modulo dell’impianto, dove entrano in contatto con delle chips – si chiamano proprio così – di materiale plastico, che catturano le impurità e poi si depositano sul fondo della vasca. L’acqua poi passa nel secondo modulo, dove viene filtrata e infine viene ulteriormente affinata, per poi essere utilizzata per irrigare i campi. «Abbiamo voluto trovare un modulo di ultratecnologia Mbbr, un sistema sperimentale che ci consentirà trattare le acque reflue – aggiunge Giovanni Sciortino, direttore generale dell’Amap – È quasi in pronta consegna il modulo terziario di ultrafiltrazione che consentirà di affinare ulteriormente le acque reflue per
utilizzarle in agricoltura. Amap non si è fermata, ma ha avviato questo progetto sperimentale per consentire di installare impianti del genere in altri centri siciliani e strutture che possono essere smontate e utilizzate in impianti non funzionanti oppure obsoleti».


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